Uno, due, tre. I fendenti del ragazzo sono violenti, il suono dell'aria sferzata dalla sua flamberga è chiaramente udibile. Ogni singola goccia della sua forza è concentrata in quei colpi semplici e brutali, ma non cessa mai di muoversi, come una tempesta di lame. Il suo stile di combattimento non è affatto elegante, ma i suoi colpi incessanti formano una pura dimostrazione di forza. Il manichino di fronte a lui è costretto alla difesa, le poche volte che è riuscito ad uscire da quell'assalto continuo è stato per aver permesso al suo corpo di essere colpito, subendo quindi ingenti danni, mentre l'armatura del ragazzo aveva attutito la maggior parte dell'impatto. È nel momento in cui il ragazzo stava per servire il colpo di grazia che una voce, appena dietro al manichino, attira la sua attenzione.
Voi due, con me.
Lo sguardo del ragazzo passa dal manichino adesso immobile, alla donna, fino ad arrivare all'altra persona che lei stava guardando. Inspira profondamente, riprendendo fiato. Di solito, una chiamata del genere stava a significare solo guai, ma il ragazzo non riusciva a pensare a niente di sbagliato. L'altra possibilità era una richiesta. In altre parole, una missione o un'esaminazione. Posa la spada sulla sua schiena, quindi segue colei che lo ha chiamato fino ad un ring. Fissa l'arena, piatta e pulita, per quanto possa esserlo la terra battuta, per poi ascoltare le parole seguenti.
Presentatevi e poi iniziate una sessione di sparring.
Un combattimento amichevole. Gli occhi di Michael assumono immediatamente una nuova luce, mentre si volta verso quello che sarebbe stato, fra qualche attimo, il suo sfidante. Il suo sguardo è di sfida, ma non contiene disprezzo o altro, come se trattasse l'altro solo come un semplice avversario, niente di più o di meno. In fondo, in guerra non si serba rancore per aver ucciso qualcuno o perchè ti ha colpito. L'altra parte, in ogni caso, lo avrà fatto tante volte quanto lo hai fatto tu. Si allontana, dandogli le spalle e distanziandosi di qualche metro, prima di chinare leggermente la testa verso l'altro e impugnare nuovamente la sua fidata.
Il mio nome è Michael Solus, lieto di essere il tuo sfidante.
Abbassa la sua postura, la punta dell'arma rivolta leggermente verso il terreno, impugnandola con entrambe le mani. Fissa poi gli occhi dell'altro, mentre il suo sorriso si trasforma lentamente in un'espressione di estrema tranquillità. Aspetta che si sia preparato. In un allenamento, in fondo, non ha senso approfittare di qualcuno che ancora non si è preparato. La fiducia si costruisce anche sul carattere, e questo lo sa bene.
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