A Sky Full of Stars

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    « Siete voi il carico da portare al confine...? »
    Si erano appena staccati dal codazzo che si era formato al seguito di Quarion e i ragazzi stavano battibeccando animatamente. Darius si era dichiarato felice di non dover stare un momento di più in compagnia di Misogi ("l'avrei ammazzato di nuovo nel giro di mezz'ora") e al contempo scocciato di doversi mettere alle calcagna di un vecchio ubriaco ("avete tutte le teste di cazzo munite di Air Treck che volete, mettetene un paio dietro invece di scartavetrarmi le palle"). Ahri domandò due volte nel giro di cinque minuti perché stavano lì come fessi ad aspettare e in entrambi i casi a risponderle fu Justin (con cortesia a dire il vero abbastanza esasperata entrambi i giri) che incamminarsi subito a piedi aveva poco senso se dovevano comunque fare la strada in auto. Alla fine più o meno nel giro di dieci minuti si materializzò dal nulla questa ragazzina dall'aria familiare con il faccino incazzato, le mani ficcate in un maglione bianco sformato e i lineamenti tipici delle genti dell'ovest, ma resi particolari da tratti particolari che ne denunciavano la natura non umana, o non del tutto tale. A fare da contraltare ad un piccolo neo sotto l'occhio sinistro, il lato destro del viso era tutto incorniciato da tre linee scure simili a piccole onde che sembravano tatuaggi, ma di un colore troppo naturale come quello delle voglie per essere tali. Gli occhi erano di un brillante rosso acceso puntato sui presenti come la più feroce delle fiere che osserva la preda dall'alto, da una schiacciante posizione di vantaggio, mentre i capelli scuri erano fin poco sotto le spalle, legati in più ciocche impreziosite da monili d'oro e argento. Ma il dettaglio più sconcertante erano le corna: piccole e affilate lame ossee che dal nero sfumavano morbide verso il rosso mano a mano che si arrivava alla punta ricurva, erano pochi centimetri ma sembravano affilate come pugnali ed al contempo delicate e fragili. La ragazzina non poteva avere più di quattordici anni, però non era umana quindi magari ne aveva in realtà qualcuno in più...
    Tirò fuori una mano dalle tasche della maglia, fra le dita aveva un piccolo oggetto nero simile ai telecomandi di accensione che aprono i cancelli delle grandi case dei ricchi. Premette più volte e una piccola luce blu fiammeggiò per qualche istante, continuando a brillare a intermittenza anche quando la ragazzina la fece sparire di nuovo nella tasca.

    « Aspetta! Aspetta!!! »
    Justin puntò l'indice su di lei, e più esasperato e sull'orlo della crisi di pianto che realmente arrabbiato o accusatorio nei suoi confronti gli scappò una vocina stridula.
    « Tu non puoi essere l'autista, dai, voglio dire... »
    « Io sono il navigatore. »
    Lo interruppe lei con la stessa freddezza di una lama gelida e Byakko poté così tirare un brevissimo respiro di sollievo...
    Della durata più o meno di qualche secondo, tempo in cui sul fondo del viale sgommò con violenza un'auto sportiva bianca dai vetri oscurati, che in una manovra spericolata deviò a novanta gradi stridendo sull'asfalto malconcio di Klemvor, salvo poi accelerare con un rombo pauroso di un motore palesemente alterato, per poi inchiodare con forza fermandosi esattamente a pochi centimetri dalla ragazza, che rimase stoicamente immobile laddove il terzetto di Trident si era fatto prontamente da parte rispetto alla traiettoria dell'automobile.
    Lo sportello si aprì di colpo, alla guida c'era una copia perfettamente speculare della navigatrice, con giusto qualche differenza nell'abbigliamento con maglietta nera e shorts laddove la gemella preferiva maglione e la mini.

    « Loro? »
    Chiese in tono apatico la nuova arrivata in nero, mentre un forte odore di carburante sintetico e di sigaretta permeava l'aria. Aveva una cicca accesa fra le dita della mano sinistra, che provvide subito a spegnere nel posacenere interno della macchina mentre la gemella in bianco annuiva, costeggiando l'auto per prendere posto sul sedile passeggero.
    « Non ho posto per quattro, dietro. Chi di voi ha bevuto di più rimane qui. Se mi vomitate nella macchina dovete pagarmi i danni. »
    Justin iniziò a protestare, Ahri pure fece per dire qualcosa di poco gradevole però Darius si fece avanti, accodandosi alla macchina con un'improvvisa voglia di prender parte alla spedizione, nonostante pochi secondi prima si stava lamentando del contrario.
    « Ehi, che stai facendo?? »

    « Salite. » Disse laconico Darius Nox, campione di pallacanestro e persona particolarmente poco incline ad essere ragionevole, mentre si arrampicava sull'alettone posteriore con insospettabile agilità. « La macchina te la ricomprano tre volte, stronzetta di merda. Pensa a guidare, io sto comodo. »
    E detto questo si poggiò in ginocchio sul tetto della macchina, con le due gemelle che gli urlavano di tutto e la lamiera del tetto che si piegò sotto il peso del ragazzo.

    « Cadrai nel giro di tre secondi! »
    Gli gridò la gemella in nero.
    « Ma non dire cazzate e guida. »
    Replicò bruscamente lui.
    « Quando freneremo sarai proiettato sotto le ruote! »
    Aggiunse la gemella in bianco.
    « Ma cacchio sei, mia madre??? Eh parti! »
    Nel mentre però Ahri e Justin avevano già preso posto, e Denver fu obbligato a piazzarsi proprio in mezzo sul sedile posteriore, scoprendo che una bella auto dagli interni impeccabili non è per forza un'auto comoda visto che avevano a malapena lo spazio per respirare. Per fortuna Ahri e Justin sono tutti e due piuttosto piccoli di statura, quindi in qualche modo avevano qualche centimetro buono per far funzionare i diaframmi e riempire d'aria i polmoni quando richiesto, però ci volle qualche istante in più prima che il pilota si decidesse a partire facendo cadere le proteste solo dopo la quarta o quinta volta che gli veniva ripetuto che i danni eventuali sarebbero stati risarciti dal Re del Cielo.

    La partenza fu annunciata dal rombo feroce di una belva infuriata e la macchina sportiva fece stridere le ruote prima di scattare in avanti divorandosi mezzo chilometro di asfalto nel giro di pochi secondi. L'arteria stradale principale di Klemvor non era proprio sgombra da ostacoli, l'asfalto era strapieno di buche e dossi dovuti alle radici delle piante che affioravano sfondando un manto stradale che non riceveva le dovute manutenzioni da almeno quindici anni, l'abilità da pilota della ragazzina gli si doveva riconoscere anche solo dal fatto che non sentirono quasi scossoni nonostante un'auto talmente bassa da sfiorare il suolo, ma in compenso furono continuamente sballottati a destra ed a sinistra mentre lei manovrava il volante come un'ossessa, sempre comunicando animatamente con la sua navigatrice, che aveva tirato fuori dal nulla una quantità di carte la cui stampa era quasi del tutto oscurata da una mole spaventosa di note scritte a penna.

    « Ma almeno sapete dove ci dovete portare??? »
    Gridò Justin ad un certo punto, colto dall'ansia. Nessuno aveva fatto presente di preciso qual'era la destinazione.
    « Al confine dei Jingo. Dove deve passare per forza qualcuno diretto lì. »
    L'auto fece una manovra secca, lo stridere delle ruote riecheggiò con forza nella notte buia di Klemvor e imboccarono finalmente una grossa arteria che un tempo doveva essere parte della tangenziale. Lì le strade erano ampie, anche se non immuni a varie spaccature erano decisamente meglio di quelle in condizioni terribili che circondavano il Big Bird.

    « Tutto questo per colpa di tuo nonno!!! »
    Sbottò Ahri con non poco astio all'ennesimo sballottamento.
    Justin una volta tanto non incassò e basta:
    « Voi non avete idea di cosa può fare mio nonno! Lui... » Guardò Denver, alzando un indice per indicarlo « Nel Pentauron ha il doppio della tua taglia!!! E poi ha addosso roba. Roba un po'... » abbassò la voce al minimo, rendendola quasi incomprensibile « Un po' pericolosina, ecco. »
    L'indicatore di velocità ad un certo punto segnava i 190 Km/h. Era davvero tanto considerando le condizioni terribili dell'asfalto, in una situazione diversa invece non ci sarebbe stato poi troppo di cui preoccuparsi in una strada a tre corsie completamente deserta. Di buono c'era che sarebbero arrivati davvero in fretta.
    Mano a mano che sfrecciavano sulla tangenziale, le poche luci artificiali ancora attive su Klemvor sparivano alle loro spalle, mentre quelle brillanti e luminose della città dal nome ancora ignoto erano troppo distanti. Non c'erano stelle in cielo né la luna era visibile oltre la cappa di nubi, quindi il paesaggio era buio, fatta eccezione per il potente fascio di luce dei fanali abbaglianti della macchina sportiva. Le gemelle presero con sicurezza uno svincolo, ridotto ad una singola corsia, svoltarono ancora attraverso strade secondarie e Denver si sarebbe reso conto che non c'erano più edifici attorno a loro nel raggio di chilometri. Fu allora che inchiodarono con violenza e la navigatrice si voltò per capire che cosa il gruppo aveva intenzione di fare. Allora Justin armeggiò per riuscire a sfilare lo zaino e iniziò a frugare al suo interno, armeggiando freneticamente in mezzo ad un muscchio di cianfrusaglie che sembravano buttate lì alla rinfusa.

    « Ehi! »
    La voce di Darius rimbombò da sopra il tetto. La manona del ragazzo sbatté sul finestrino, attirandosi le proteste delle due gemelle, prontamente ignorate.
    « Dico. Non è che abbiamo superato quel vecchio idiota? Era ubriaco fradicio. Si sarà addormentato sul ciglio della strada da qualche parte. Non dovevamo prendere la tangenziale, dovevamo procedere a piedi per poi inciamparci sopra! »
    « L'avevo detto io di andare a piedi! Nessuno mi ascolta! »
    « Mio nonno non era ubriaco!! »
    Protestò Justin. Salvo poi aggiungere...
    « Non... del tutto, credo. »
    Riuscì a mettere insieme tre diverse componenti di un aggeggio che una volta collegato a quella che Denver sapeva essere una specie di batteria contenuta nello zaino finalmente iniziò a fare luci e 'bip' di vario genere. A quel punto Justin sospirò, alzò lo sguardo e chiese:

    « Che c'è cinque chilometri in avanti...? »
    Le gemelle mossero gli sguardi all'unisono, guardandosi negli occhi per un istante per poi rispondere con perfetto sincrono:
    « I jingo. »
    Poi la gemella in bianco concluse:
    « Più avanti da qui rischiamo. Qualche giorno fa sono passati di qui con i carri armati e i cannoni spianati. Senza fanali non si vede un accidente, ma con i fanali accesi siamo visibili a chilometri di distanza. Dovete proseguire a piedi. »
    Justin guardò l'aggeggio e si morse il labbro inferiore.

    « E' già arrivato in città... lo sapevo che dovevamo muoverci prima. »



    Edited by Kuma - 2/12/2020, 13:30
     
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    Fuori Klemvor, Garwec.
    Presidio Orientale, Endlos.


    Denver sospira per l'ennesima volta, e si porta la mano alla testa di nuovo dolorante – sempre per l'ennesima volta. Se la porterebbe al taschino per estrarne un altro sigaro, ma il bisticciare continuo di Darius, Ahri e Justin guasterebbe il sapore del migliore degli H. Upmann. Così si ripromette soltanto di portarsi dietro un'aspirina la prossima volta, ma spera che non ce ne sia una e basta, di prossima volta.
    Darius non è entusiasta dell'idea di dover inseguire Rickton Sanchez fin nei “territori dei Jingo”, e a poco sono valsi i tentativi del giornalista di spiegargli che nessuno l'ha mai davvero costretto a seguirli. Sembra in compenso contento di non dover fare da balia a Kumagawa; sentimento che Denver si ritrova a condividere.
    Sono valsi a poco anche quelli di Justin di spiegare ad Ahri che incamminarsi a piedi non avrebbe sortito alcun effetto, se non quello di ammazzare un po' la noia di lei.
    E sono in tre su cinque.

    « Siete voi il carico da portare al confine...? »

    « Siamo noi, » conferma Denver, guardando prima con sorpresa e poi con rassegnazione la quattordicenne appena comparsa davanti al gruppo. Ha i lineamenti di una ragazza asiatica, ma senza il contegno mansueto e remissivo che dalle sue parti viene associato alle donne di quell'area del mondo. Non che ne esistano molte con le corna e gli occhi rossi, o tre striature sulla guancia.

    « Aspetta! Aspetta!!! » protesta Justin, dando voce a tutti quei pensieri che Denver è troppo, troppo stanco per esprimere da sé. « Tu non puoi essere l'autista, dai, voglio dire... »
    « Io sono il navigatore. »
    Justin sospira sollevato, ma il giornalista è troppo impegnato a cercare di ricordare dove diamine abbia già visto quella ragazzina...
    ...fino a quando la memoria non si riattiva all'apparizione dell'automobile sportiva bianca che sa benissimo di avere incrociato a Blood Runner almeno una volta nella vita: e lo ha fatto appena fuori l'Accademia Honnōji, quella notte in cui aveva sottratto Ahri al proprietario del Project 9.
    La portiera si apre, rivelando al posto di guida un'adolescente pressoché identica alla prima. Denver non batte ciglio. Per una volta, nulla a cui non fosse già pronto.

    « Loro? » chiede l'autista, spegnendo un mozzicone di sigaretta nel portacenere del mezzo. La gemella conferma con un cenno del capo mentre si muove verso il sedile passeggero.
    « Non ho posto per quattro, dietro. Chi di voi ha bevuto di più rimane qui. Se mi vomitate nella macchina dovete pagarmi i danni. »
    Justin e Ahri aprono la bocca per protestare, mentre Denver decide di prendersi un attimo per capire cosa sbraitare spazientito, ma Darius si fa avanti senza dire una parola sotto gli occhi esterrefatti delle due sorelle.
    « Ehi, che stai facendo?? »

    « Salite. » esorta il giovane, posizionandosi sul tetto dell'auto, che tuttavia si piega sotto il peso di lui. « La macchina te la ricomprano tre volte, stronzetta di merda. Pensa a guidare, io sto comodo. »
    « Cadrai nel giro di tre secondi! »
    « Ma non dire cazzate e guida. »
    « Quando freneremo sarai proiettato sotto le ruote! »
    « Ma cacchio sei, mia madre??? Eh parti! »

    Davanti a quello spettacolo, Denver alza le mani e prende posto sul sedile posteriore del bolide. Inesplicabilmente, si ritrova in mezzo ad Ahri e Justin. Ancora più inesplicabilmente, l'auto parte fin da subito, nonostante il considerevole peso complessivo dei passeggeri; l'unico ostacolo è stata la testardaggine sia di Darius, il quale non ha voluto schiodarsi da lì nonostante le riserve mostrate fino a qualche minuto prima rispetto alla missione, che dell'autista, per la quale sono stati necessari quattro o cinque tentativi prima che riuscissero a convincerla che ogni danno le sarà rimborsato. La vera sorpresa, però, è il talento di lei: nonostante la natura del mezzo e la tortuosità del percorso, gli scossoni sono minimi.

    « Ma almeno sapete dove ci dovete portare??? » grida Justin.
    « Al confine dei Jingo. Dove deve passare per forza qualcuno diretto lì. » risponde calma la navigatrice. Nel frattempo il sole è calato su Klemvor, e sono pochi i lampioni sopravvissuti all'azione degli anni e ai cambi di posizione della città.

    « Tutto questo per colpa di tuo nonno!!! » sbotta Ahri all'ennesimo sballottamento.
    « Voi non avete idea di cosa può fare mio nonno! Lui... » Justin si volta verso Denver e lo indica con l'indice. « Nel Pentauron ha il doppio della tua taglia!!! E poi ha addosso roba. Roba un po'... » La voce si abbassa fino a rasentare l'impercettibile. « Un po' pericolosina, ecco. »
    Denver si gira verso Justin, le sopracciglia aggrottate.
    « Tipo? »

    Centonovanta chilometri all'ora. Centodiciotto miglia orarie. Klemvor sfreccia accanto, e poi dietro di loro. All'orizzonte la “Città dei Jingo” descritta in parte dal rapporto di Lloyd. Nei paraggi, non un solo edificio. È in quel momento che l'auto inchioda all'improvviso, ma sono tutti troppo incastrati gli uni fra gli altri per essere sbalzati fuori dall'abitacolo. Darius, invece, riesce a restare aggrappato al tetto.

    « Ehi! » fa Darius dopo una manata sul finestrino, ignorando le proteste delle giovani gemelle.
    « Dico. Non è che abbiamo superato quel vecchio idiota? Era ubriaco fradicio. Si sarà addormentato sul ciglio della strada da qualche parte. Non dovevamo prendere la tangenziale, dovevamo procedere a piedi per poi inciamparci sopra! »
    Ahri interviene.
    « L'avevo detto io di andare a piedi! Nessuno mi ascolta! »
    « Mio nonno non era ubriaco!! » ribatte Justin. « Non... del tutto, credo. »
    Il ragazzino comincia quindi ad assemblare un marchingegno di qualche tipo, il quale comincia ad illuminarsi e a emettere suoni elettronici una volta collegato alla batteria.

    « Che c'è cinque chilometri in avanti...? »
    « I jingo. » rispondono le gemelle. La navigatrice aggiunge poi, « Più avanti da qui rischiamo. Qualche giorno fa sono passati di qui con i carri armati e i cannoni spianati. Senza fanali non si vede un accidente, ma con i fanali accesi siamo visibili a chilometri di distanza. Dovete proseguire a piedi. »
    Justin guarda il dispositivo e si morde un labbro.
    « E' già arrivato in città... lo sapevo che dovevamo muoverci prima. »

    « Andiamo, allora, » si aggiunge Denver, guardandosi intorno in cerca di altre auto o motociclette abbandonate – Rickton Sanchez non può essere arrivato così lontano a piedi in così poco tempo. « Sono al corrente di un certo dispiegamento di forza militare da quelle parti, ma il resoconto giunto a Palanthas non aveva approfondito molto al riguardo – solo un avvertimento di esercitare cautela attorno a qualsiasi bambina o ragazza dagli occhi rossi che potremmo incontrare. Justin, qualche idea su cosa diavolo stia facendo tuo nonno qui? »

     
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    « Ah!!! »
    Esclamò Ahri, interrompendo Denver con un'esclamazione.
    « Le Air Treck! » Disse in tono concitato. « Non abbiamo preso le Air Treck!!! »
    Ci fu un lungo istante di pausa in cui tanto Justin quanto Darius fissarono la ragazza con sentimenti molto diversi che trasparivano dai volti, il primo per lo più era stupito, l'altro aveva la faccia incazzata che ti aspetteresti da uno che si è fatto un buon trenta chilometri aggrappato al tettuccio di una fuoriserie.

    « Massì, grande idea del cazzo, andiamo giù in città a correre sui muri con le Air Treck, proprio un bel modo per passare inosservati. »
    Il colosso del gruppo non andò troppo per il sottile e si incamminò per conto proprio, inseguito da vicino dalla rossa, che non ne voleva sapere di cedere su quel punto.
    « Guarda che avere le AT ai piedi non vuol dire per forza moonwalkare fin laggiù, stronzo! »
    « Sì, perché girare con delle stupide rotelle ai piedi di per se non è sufficiente ad attirare l'attenzione, deficiente! »
    I due seguitarono ad insultarsi in toni più o meno accesi, il che lasciò Justin libero di abbassare un po' i toni per farsi sentire da Denver in una forma un po' più privata di quella che si avrebbe normalmente con gli altri due ex pretoriani di Trident in giro.

    « Se il nonno era un po' ubriaco forse voleva ubriacarsi di più, a volte lo fa... »
    Disse in tono imbarazzato per rispondere alla domanda di Denver.
    « ... Se invece era molto ubriaco, magari si sarà sbagliato e pensava di essere nel posto da dove viene. Lui non è nato su Endlos, una volta mamma ha detto che veniva da un posto tipo Klemvor, magari era talmente fatto che si è confuso. Oppure... »
    Justin fece vagare un po' lo sguardo, prima di concludere con un'espressione mortificata.
    « Ehm. Quando è veramente molto ubriaco a volte dice che vuole far esplodere la Striscia di Gaza e la Cisgiordania e trasformarla in un lago radioattivo per risolvere tutte le guerre del mondo. In quel caso bisogna spiegargli al più presto che su Endlos non c'è la Striscia di Gaza perché una volta ci ha provato davvero. Mamma dice che c'è mancato tanto così per perdere una fetta di Undarm, durante la guerra ad ovest. »
    Justin era notevolmente a disagio. Ok: magari la madre esagerava e c'erano forti probabilità che stesse decisamente sovrastimando il grado di minaccia che poteva rappresentare un vecchio scienziato pazzo sui settanta ubriaco e probabilmente anche strafatto. Però a ben pensarci anche se vecchio, pazzo e alcolizzato quel Rick aveva azzeccato la posizione di Klemvor ed assemblato un fuoristrada corazzato rosa shocking capace di superare quella foresta così fitta senza crollare sotto il suo stesso peso. Justin comunque non aveva ancora finito, abbassò ulteriormente i toni e concluse:

    « Se si mette a farneticare dell'ovest... sarebbe meglio se riusciamo a farlo stare zitto. All'atto pratico delle cose il nonno faceva il terrorista per difendere le minoranze non-umane e ha fatto scoppiare un sacco di roba durante la guerra, e lo sai? I genitori di Ahri sono morti allo stesso modo. Sì, lui giura di non aver mai fatto niente del genere, quindi ci sta che non è stato lui quella volta nello specifico, comunque faceva quelle cose lì e insomma... meglio che sta zitto. Specie se è ubriaco. E poi... »
    Boccheggiò un momento, mentre più in là era in corso un dibattito per cui da un lato Darius gridava di come l'unico modo per distinguere un quindicenne da uno storm rider a prima vista sono le AT, motivo per cui se le indossi ti riconoscono subito come tale, mentre dall'altro lato della barricata c'era Ahri che ribatteva che avere le AT non significa essere uno storm rider (?). Nel mentre Justin aveva decisamente qualcosa da aggiungere e doveva essere decisamente qualcosa di molto imbarazzante o molto preoccupante (o tutte e due), tuttavia evidentemente non era semplice per lui mettere insieme le parole per formare una frase e il reporter adesso aveva il dilemma se forzargli la mano o se glissare sulla faccenda. Anche perché la città era vicina e quei due stavano gridando talmente forte che avrebbero allertato qualsiasi guardia nel raggio di chilometri...

    Dopo un'interminabile passeggiata sotto un cielo completamente sgombro di stelle, il primo segno di vita. Non è niente di rassicurante: davanti all'improbabile quartetto un piccolo ponte su di un fiume -che come una trincea separa la terra di nessuno fra Klemvor e la città. Gli argini sono costeggiati da filo spinato e cavalli di frisia di dimensioni molto maggiori rispetto allo standard, che potrebbero tranquillamente fermare un mezzo corazzato. In stridente contrasto con queste ultime, una piccola sbarra rossa e bianca costeggiata da una piccola cabina di un grigio anonimo apparentemente disabitata, in un'area assolutamente ben illuminata.
    Tutto molto tranquillo, ma era davvero così? Tre sguardi si posarono all'unisono su Denver, che adesso in quanto unico adulto della situazione aveva il compito non facile di decidere che fare...

     
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    Oramai dovrebbe averci fatto l'abitudine, a vedere ogni suo tentativo di guidare quei tre in una direzione qualsiasi venire annichilito per i motivi più insulsi. Eppure Denver non può trattenersi dal lanciare una preghiera silenziosa al Signore, a cui domanda o di portarlo o con i nervi saldi fino alla fine della missione, o adottare un approccio più escatologico e dunque direttamente nel Regno dei Cieli. Senza condannare alla dannazione eterna Ahri, Darius e Justin, chiaramente, ma il paradiso è senza ombra di dubbio spazioso abbastanza per evitarli per il resto dell'eternità.

    Se non altro stanno regolando tutto da soli più o meno senza colpo ferire. Anzi, ad ascoltare bene, sono solo Ahri e Darius che si scambiano i soliti insulti. Esistono persone che giurerebbero che quei due sono destinati all'altare. Denver, un uomo che annovera fra i suoi sogni nel cassetto più reconditi il commettere atti di inaudita violenza ai danni di queste stesse persone, auspica al contrario di vederli lontani l'uno dall'altra il prima possibile. Se non fosse per la loro posizione peculiare nella società degli Storm Rider, ipotizza, quei due non si rivolgerebbero la parola.
    Justin, invece, si tiene fuori, e risponde. Denver abbassa di un poco la testa per sentirlo meglio.

    « Cisgiordania, eh? »
    In quell'istante gli balza alla mente l'Emirato della Transgiordania, che se la geografia non lo inganna dovrebbe trovarsi nel Levante. Facendo due calcoli, la “Cisgiordania” sarebbe quindi ciò che da lui viene chiamata invece “Palestina”. Un territorio governato per intero dall'Impero Britannico, e relativamente stabile.
    La sua attenzione viene tuttavia distolta dal commento sulla mancata distruzione dell'Undarm, che è stato effettivamente distrutto da un cataclisma. Il cervello già sovraccaricato di informazioni, Denver resiste alla tentazione di domandare a Justin se suo nonno c'entri qualcosa con quell'eruzione o con lo tsunami: c'è il rischio tangibile che il ragazzino gli risponda di sì. Rimanere con l'assurdo dubbio è un'alternativa meno terrificante.
    « Capisco, » dice infine, ascoltando distrattamente la digressione sul Presidio Occidentale. Fino ad un certo punto, vista la menzione della fine che hanno fatto i genitori di Ahri e le azioni di Rickton come terrorista. Nondimeno, questo rimane il capo opposto del semipiano. « Nel concreto quindi tuo nonno si sarebbe allontanato per trovare una qualche mescita di alcolici, o altro. »

    C'è tuttavia qualcosa che Justin vuole aggiungere. Nessuno finisce una frase con “e poi” senza che ci sia qualcosa che venga dopo, che uno voglia effettivamente dirlo oppure no. Denver decide tuttavia di non indagare. Ahri e Darius gli stanno già dando abbastanza mal di testa, e da Justin crede di aver sentito anche abbastanza.

    Giungono infine innanzi alla frontiera che separa quella che dovrebbe essere l'area di influenza di Klemvor dalla città dov'è passato Brynjar Lloyd. A segnare il confine è un fiume, le cui sponde sono connesse da un unico ponticello. Guadarlo normalmente è impossibile: lungo la riva si alternano filo spinato e cavalli di frisia in una distesa che continua per miglia da entrambi i lati.

    Sul ponte, invece, tutto ciò che preclude loro il passaggio è una sbarra dipinta di bianco e rosso, del tutto scavalcabile o aggirabile. A fianco di quest'ultima sorge una piccola cabina grigia nella quale deve esserci la console dei comandi per alzare o abbassare la barriera in questione. Cabina dietro al vetro della quale Denver non vede nessuno, ma con la luce per qualche motivo accesa.
    Conclusioni: qualcuno doveva esserci stato in servizio fino a poco fa, e Rickton è entrato dall'ingresso principale.

    « Solo un momento. »
    Indica la cabina con il pollice. Solo un momento: giusto il tempo di infilarsi il mantello dell'invisibilità e di andare a controllare quanto vuota sia quel posto, controllando nel frattempo se ci sono telecamere nei dintorni. Se sì, spera di trovare qualche registrazione recente del passaggio di quel vecchio bastardo.

     
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    Se già il posto di blocco di per se pareva un luogo sospetto, avvicinandosi sotto la protezione del mantello dell'invisibilità lo fa apparire ancora più peculiare, deserto e incustodito salvo per una coppia di tubi bianchi con luci azzurre intermittenti che hanno tutta l'aria di essere inequivocabilmente telecamere, o qualcosa del genere, collocate ai due lati della sbarra e capaci di coprire un'ampia zona davanti all'ingresso. Il punto è che la cabina che a prima vista sembrava deserta è effettivamente vuota, non c'è personale militare o civile in vista e oltretutto i comandi della sbarra hanno tutta l'aria di essere manuali. Quindi effettivamente c'è qualcosa che non quadra, perché quella è un'installazione militare e da dei militari ti aspetteresti tutt'altro.

    Proprio allora una figura entra di tutta fretta nella cabina e si piazza seduto sulla sedia girevole, agguantando la cornetta di tutta fretta e rispondendo di tutta fretta. Era giovane, sui venticinque, veva una uniforme militare di un grigio urbano ed un berretto dello stesso colore, una sigaretta sottile e artigianale fra le labbra, la barba di due giorni e la giacca aperta in modo piuttosto sciatto a rivelare una canotta da lavoro bianca e non proprio immacolata.

    « Sì?? Sono io. »
    Disse con un accenno di nervosismo.
    « Ah, Milo, se te... »
    Disse in tono più basso e informale, rilassandosi e spegnendo la cicca nel vicino posacenere, già strapieno di mozziconi.
    « No, gli altri due stasera non sono qui, ci penso io. Dimmi. »
    Agguantò foglio e penna e scarabocchiò una sigla di lettere e numeri, ad occhio e croce un qualche codice...
    « Ma adesso?? Le dieci sono già passate. »
    Mentre il parlottio si intensificava, il soldato guardò l'orologio con fare sbrigativo.
    « Appena in tempo allora. Sì, va bene, ci penso io. Li conosco? »
    Era una targa, la sequenza di numeri e lettere sul foglio. Ed i controlli così laschi e il modo di fare così sbrigativo dell'unica guardia a protezione della sbarra la dicevano davvero lunga sui modi e sulle abitudini degli abitanti di quel nuovo, gigantesco insediamento arrivato su Endlos con le mareggiate del warp. Forse perfino un vecchio ubriacone poteva passare non visto da quel posto...

    Proprio allora una coppia di fanali in lontananza fendono il buio. Qualunque sia il convoglio atteso al varco, stava giusto arrivando in quel momento, con un ottimo tempismo, il che poteva dare a Denver diverse idee interessanti su come passare non visto perfino alle telecamere. Ben presto però qualcosa inizia ad apparire sospetto: le luci dei fanali che dovrebbero avvicinarsi con andatura regolare, sembrano ferme a poca distanza da dove si trovava Denver. Più o meno nel punto in cui si trovavano i ragazzi.

    Tornando sui propri passi, ancora protetto dal mantello dell'invisibilità, il reporter si trova davanti ad una scena inaspettata, con Darius e Justin in paziente attesa a poca distanza dal veicolo in moto, perfettamente allo scoperto e rilassati seppure ben visibili ai conducenti del mezzo, due persone pure loro in divisa grigio militare che stavano amabilmente colloquiando con una Ahri pure rilassata e sorridente, che nel giro di pochi attimi si voltò tornando di corsa dai due compagni.

    « Hanno detto che non hanno visto tuo nonno, però ci fanno salire se vogliamo entrare in città. »
    Justin non sembrava particolarmente sorpreso del risultato di quelle trattative, cosa che faceva supporre che non era la prima volta che Ahri se ne usciva con una trovata del genere. Darius delle due sembrava più che altro irritato, se ne stava a braccia incrociate e fissava la ragazza con l'aria di uno che si stava sforzando di non insultare qualcuno.
    « Però noi siamo in quattro. Gli hai detto che siamo in quattro? Sono sicuro che non hanno capito che siamo in quattro. »

    « Ma che importa? Lui è già là, ci vedrà arrivare, no? Può salire dopo. »
    Darius non ce la faceva più e sbottò:
    « Ma. Sei. Cretina??! Quello è uno stracazzo di posto di blocco, come sale con noi davanti a tutti??? E' come dire chiaramente che stanno trasportando dei cazzo di clandestini del cazzo. »
    Ahri naturalmente sembrò molto offesa.
    « Beh, se hai un'idea migliore fai pure, però ci vai a piedi. Io intanto mi faccio dare un passaggio. »
    « Aspettiamolo un momento solo... »
    Implorò Justin con aria nervosa.
    ... E in tutto questo, Denver li aveva lasciati solo per pochi minuti.

     
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    Alla dogana trova effettivamente delle telecamere, due cilindri bianchi in alluminio in cui è incastonato un numero equivalente di dischi di vetro. Denver si ferma a guardarci dentro per un momento, senza trovare neppure la sagoma del suo riflesso sotto la luce fioca dei lampioni, per poi entrare in una cabina inequivocabilmente vuota, al cui interno trova i comandi della sbarra e un telefono.
    Si trova tuttavia costretto a farsi da parte quando un giovane uomo in uniforme ritorna alla sua postazione, si affloscia sulla sedia e risponde a un telefono che è appena squillato – una coincidenza assurda, oppure quel tipo non era mai stato troppo lontano. Denver riesce ad ascoltare metà della conversazione, ma risposte e riferimenti sono fin troppo vaghi perché possa capirne granché. Il militare scarabocchia poi su un foglio volante quella che Denver intuisce essere una targa.

    Ha visto più rigore all'ingresso di un cinematografo. Rickton Sanchez non deve aver avuto grosse difficoltà a passare indisturbato; facile che si sia limitato a scavalcare la barriera mentre l'addetto era in pausa toilet o sigaretta. Aggiungici la possibilità di provocare qualche secondo di jamming, e si ottiene la ricetta per un'infiltrazione da manuale. Peccato non capirne ancora lo scopo, sempre ce ne sia uno.

    Un istante più tardi, i fanali di un'auto illuminano il ponte. Quest'ultima si ferma a poche iarde dalla dogana, più o meno dove ci sono i ragazz–
    –vola fuori dalla cabina – letteralmente – in una corsa dove Denver non lascia impronte se non sull'aria stessa. Ancora invisibile alla vista, trova Justin e Darius del tutto allo scoperto ad aspettare a una manciata di piedi dal veicolo. Ahri, invece, sta parlando con due militari. Denver sente il proprio cuore mancare un battito o tre. Nondimeno non interviene ancora; nessuno dei tre pare essere in pericolo e, nel peggiore dei casi, gli rimarrebbe ancora il vantaggio della sorpresa...

    ...ma nulla di fatto accade. Anzi, i militari avrebbero perfino offerto di accompagnarli in città. Peccato che Ahri non abbia fatto menzione di Denver, che nel frattempo si toglie il mantello nel primo cono d'ombra che trova, e raggiunge i ragazzi con la giacca dietro la schiena e agganciata a un dito.

    « Grazie, Byakko. E tu, quanto pensi che sia veloce esattamente? » domanda con un sospiro, facendo un cenno di saluto a qualsiasi locale si sia oramai accorto di lui. « Ad ogni modo, spiegatemi una cosa: se avete il loro esplicito permesso di entrare, chi sarebbero i clandestini? »
    Fa per prendere un sigaro da un astuccio che ha nella tasca, ma decide all'ultimo di rimandare.
    « A meno che, naturalmente, non sia qualcosa di esattamente legale per loro. In tal caso, perché dovrebbero scomodarsi? »

     
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    « Ad ogni modo, spiegatemi una cosa: se avete il loro esplicito permesso di entrare, chi sarebbero i clandestini? »
    Il terzetto rimase in silenzio a quella domanda, segno che nessuno di loro sapeva bene cosa rispondere oppure che non ci avevano proprio pensato. Probabilmente entrambe.
    « A meno che, naturalmente, non sia qualcosa di esattamente legale per loro. In tal caso, perché dovrebbero scomodarsi? »

    « Perché... »
    Scattò Ahri offesa, sentendosi chiaramente attaccata da quella constatazione di Denver perché chiaramente era sua l'idea di fare l'autostop ad un convoglio di soldati diretti verso una città spiaggiata nel warp su di un semipiano dimensionale e chiaramente militarizzata perché circondata da una foresta popolata da mostri. Comunque quella risposta rimase in sospeso per qualche lungo istante, durante il quale lei arrossì visibilmente arrabbiata mentre cercava di organizzarsi sul cosa dire:
    « Mi fanno un favore e basta! Perché devono volere qualcosa per forza? »

    « Io lo sapevo che era un'idea del cazzo chiedere un passaggio a dei soldati del cazzo per quella città del cazzo. La prossima volta le do un colpo in testa così se ne sta ferma. »
    Sottolineò Darius in modo molto poco costruttivo.

    « Io pensavo che se fossimo andati al confine come se nulla fosse ci avrebbero sparato e basta. » Disse Justin, ansioso sulla situazione che si era creata. « In effetti, come ha fatto il nonno a superare il posto di blocco? »
    Dal mezzo nel frattempo partirono due colpetti di clacson accennati, e un militare con la divisa grigia ed il cranio rasato sormontato da un cappellino si sporse picchettando con le nocche sul lato del camion facendo cenno di sbrigarsi, e chiaramente rivolto più ad Ahri che agli altri. Quest'ultima nel frattempo era decisamente stufa delle discussioni e marciò decisa verso il convoglio, invitando gli altri a seguirla con un eloquente gesto delle mani.
    « Beh, andiamo??? Non ci aspettano mica per tutta la notte, dai!!! »

     
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    Ogni qualvolta che Denver chiede una spiegazione a quei tre, un brivido di terribile aspettativa e un “oh no” appena mormorato si frappongono nell'interminabile intervallo compreso fra il momento in cui Ahri apre bocca per rispondere e quello della risposta stessa. Quest'ultima avvampa, infuriata e imbarazzata e colpevole, sotto gli occhi sorpresi di un Denver che non aveva mai voluto accusarla, ma che ora sospira esausto, pizzicandosi il ponte del naso con le dita.

    « Lascia stare, Gembu, » risponde stancamente, come per riflesso. È Justin a fare un'osservazione molto più pertinente: essere visti entrare senza permesso in una zona militarizzata avrebbe comportato essere attaccati a vista. Al tempo stesso, però, rimane il mistero di come cazzo abbia fatto un vecchio ubriacone irresponsabile a entrare come se nulla fosse, e a giungere lì così velocemente.
    Anzi, rimaneva. Abituato all'assurdo, Denver ha perso di vista l'ovvio. Rickton Sanchez è un povero coglione, ma non è stupido, né tanto meno uno Storm Rider. E quei soldati stanno offrendo loro un passaggio...

    « Justin, » dice, espirando lentamente. « Tuo nonno, con le sue sole forze, non avrebbe potuto seminare un somaro morto, figuriamoci il macchinone che ci ha portato fin qui. Capisci dove voglio arrivare? Intendo dire che qualcuno lo ha portato fin qui e ha permesso che lui entrasse. Ora sorge spontanea un'altra domanda: è stato rapito, oppure è venuto qui di sua spontanea volontà? E in entrambi i casi: perché? »

    Si allontana dal gruppo in direzione del posto di blocco, chinandosi sull'asfalto del ponte, che tasta con la punta delle dita. Alza il braccio libero quando sente i soldati suonare il clacson.

    « Solo un momento! » Esclama, mentre chiude gli occhi per l'istante necessario ad assorbire tutto quello che il ponte può dirgli sull'arrivo di Rickton Sanchez, e sulla sua modalità. Il perché, beh, per quello servirebbe Uriel, ma Denver confida di poterlo ricostruire da sé più tardi.

    Infine si alza. Prossima destinazione: i soldati. Vede il finestrino abbassato; il che gli risparmia la fatica di bussarci sopra. Sul volto ha lo stesso sorriso di una corrente marina in attesa di nuotatori incauti. Abbassa il capo fino a quando non riesce a guardare il camionista dritto negli occhi.

    « Ora, facciamo due chiacchiere fra adulti. Non so cosa vi abbia promesso Ahri, ma diciamo solo che se è qualcosa che una ragazzina minorenne non dovrebbe offrire in nessuna circostanza, vi chiederei cortesemente di non... “riscuotere”. Ci siamo intesi? Vi garantisco che sarete ricompensati ugualmente per il vostro disturbo – in altro modo, più tardi. Sappiate soltanto che sono in ottimi rapporti con uno degli uomini più potenti di queste terre. Quelle al di fuori dei confini della vostra città, intendo. »
    L'alternativa, aggiunge fra sé, è di farvi annegare nel vostro stesso sangue se provate anche solo a toccare Ahri con un dito.
    « Per il resto, credetemi, non siamo qui per cercare guai, né vogliamo dare rogne a nessuno. Vogliamo seriamente solo trovare un uomo che è passato di qui. »

    Denver BrockmannStato fisico: Perfetto
    Stato mentale: Esasperato
    Energia: 90/100
    Passive: Anti-Malia, Rilevazione Bugie, Rilevazione Pericoli, Auspex Scoop, Auspex Psion, Trick Detector, Volo
    Scenici: N/A
    Equipaggiamento: M1917 Revolver
    Armatura: Armament: Hardening
    Artefatti: Unguento di Rendalim, Cuscino Astrale, Interprete di Babele, Proiettile del Destino, Maschera del Mistero, Rampino del Gentiluomo, Maschere di Gomma, Mantello dell'Invisibilità.

    Note: "Ascendente" viene applicato all'ultima parte di dialogo, a partire da "Ora, facciamo due chiacchiere fra adulti", con focus particolare sulla parte su Ahri.

    Slot #1:

    Ascolto
    Non soltanto i libri raccontano storie, non solo le svelte creature parlanti possono divertire od insegnare, bensì ogni cosa che esista su questa terra ha in sé il desiderio di parlare e di raccontare, perché ogni cosa su questa terra vede e sente ciò che le sta intorno. Dovere e capacità di un Saggio sono il saper comunicare con le cose, da queste apprendendo ogni informazione. E così gli oggetti, le sostanze inanimate come ad esempio pietre o muri, e pure i fieri alberi, alla richiesta del Saggio racconteranno ciò che egli desidera sapere, purché siano stati presenti al momento dell'avvenimento: interrogando un muro, infatti, il Saggio potrà sapere chi c'era nella stanza, cosa vi accadde, e tutto ciò che un muro possa aver udito e visto.
    [Consumo Basso | Tecnica di Gilda]

    Slot #2:

    Ascendente
    Nessun Saggio è un amante della violenza, in quanto la conoscenza non nasce dall’istinto e dalle pulsioni. Non è raro quindi che i membri di Gilda fungano spesso da pacieri o da guide di grossi gruppi per la loro propensione ad evitare ogni conflitto. Eppure, può capitare che persino l’inoppugnabile logica di un Saggio non riesca a convincere un interlocutore ostinato o propenso allo scontro. E’ in casi come questo che il Saggio userà tutta la sua bravura per far sì che le sue parole penetrino nella mente del bersaglio come una lama nel burro. Basterà udire le suddette parole che esse diverranno improvvisamente più sensate facendo sì che obbedirvi non sia più un’imposizione ma bensì buon senso.
    [Consumo Basso | Tecnica di Gilda]
     
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    « Justin, »
    E sentitosi chiamato in causa, il diretto interessato si guardò attorno con aria imbarazzata, massaggiandosi il braccio destro con la mancina, visibilmente a disagio.
    « Tuo nonno, con le sue sole forze, non avrebbe potuto seminare un somaro morto, figuriamoci il macchinone che ci ha portato fin qui. Capisci dove voglio arrivare? Intendo dire che qualcuno lo ha portato fin qui e ha permesso che lui entrasse. Ora sorge spontanea un'altra domanda: è stato rapito, oppure è venuto qui di sua spontanea volontà? E in entrambi i casi: perché? »
    « Beh, il nonno quando è ubriaco a volte fa... cose... un po' assurde. »
    Ammise in tono non molto convinto, con Darius a pochi passi che gli gettava sguardi del tipo "tuo nonno è un coglione e se siamo qui è colpa sua".
    « Come fai a dire che è stato rapito? E' un po' improbabile, no? »
    Ed in effetti lo era. Presupponeva anzitutto che ci fossero infiltrati della città fra gli storm riders, oppure traditori fra gli stessi. Se la seconda opzione non era poi così impossibile in una società ampia ed eterogenea come quella delle tribù della tempesta, la prima era semplicemente un grosso "No". Però a quel punto qual'era lo scopo di rapire Sanchez? Insomma: chiunque l'avesse visto al rave si sarebbe trovato davanti un vecchio ubriacone sfatto, al massimo poteva essere un'idea per ricattare il Re del Cielo o qualcosa del genere, ma allora perché mai portarlo fino alla città?

    « Dove va?? »
    Esclama Darius appena Denver si allontana di nuovo, sempre più contrariato mano a mano che il passava il tempo.
    « Vi volete sbrigare?? »
    Insiste Ahri poco più in là, sempre convintissima su quanto fosse una buona idea accettare un passaggio e farsi portare alla città.
    Denver però ha avuto un'idea, una cosa che difficilmente i tre ragazzi avrebbero capito in seguito ad una rapida spiegazione a parole. Ha inizio poi il breve processo necessario a capire cosa fosse successo poche ore fa. Perché qualcosa doveva pur essere successo a Rickton, e non c'era l'ombra di un passaggio che attraversava il fiume nel raggio di chilometri.

    E in effetti la terra qualcosa sapeva. In effetti quel ponte aveva visto qualcosa, e non aveva problemi a mostrarlo al saggio di Palanthas, per quanto la scena di un vecchio ubriaco intento a fissare con aria confusa la sbarra che chiude il passaggio non era esattamente una scena che un ponte costruito con lo scopo di proteggere un ingresso mostra molto volentieri. Rick Sanchez, completamente ubriaco e intento a cercare di capire se ha ancora qualche goccia di alcool all'interno della sua boccetta tascabile, era arrivato lì barcollando diverse ore prima, precedendo di molto il trio nonostante tutti i somari morti del mondo. E per rimarcare le eccezionali misure di sicurezza adottate presso quel ponte, evidentemente divertito dal trovarsi di fronte una sbarra chiusa, aveva avuto la buona idea di superarla nel miglior stile giamaica.
    Ballando il limbo.

    Poi per qualche motivo (e Denver avrebbe dovuto essere a sua volta ubriaco fradicio anche solo per fare ipotesi sul perché), decise pure di tornare indietro, stavolta scavalcando la sbarra con notevoli difficoltà e lamentandosi della sua spina dorsale che non era più quella di vent'anni prima. A quel punto, tornato al punto di partenza, si era messo a smanettare con l'orologio da polso per alcuni istanti, salvo poi decollare forte di un jetpack miniaturizzato che teneva nascosto sotto il camice.
    Un. Jetpack. Miniaturizzato. Sotto il camice.

    E tanto per rendere la cosa più paradossale ci vollero dieci secondi abbondanti perché lo stesso tizio visto da Denver mentre era nascosto sotto il mantello dell'invisibilità accorresse, allarmato dal rombo di un reattore attivato a neanche un metro dalla sbarra. Questi si guardò intorno notevolmente affannato, salvo poi realizzare che non c'era nulla da vedere e tornarsene indietro, lasciando l'ingresso di nuovo del tutto incustodito.

    Adesso era il turno dei soldati, e Denver non esitò a sfruttare di nuovo le abilità tipiche dei saggi per rendere la sua parlantina un po' più convincente, il che era un bene visto i due figuri i cui modi di fare erano decisamente arroganti, tanto che avevano l'aria di voler mandare a spasso il saggio di Palanthas all'istante, magari caricandosi giusto l'unica persona interessante del gruppo e lasciando gli altri tre a piedi. Fortunatamente menti ottuse sono facilmente influenzate dalle influenze mentali e il risultato fu soddisfacente.

    « Ora, facciamo due chiacchiere fra adulti. Non so cosa vi abbia promesso Ahri, ma diciamo solo che se è qualcosa che una ragazzina minorenne non dovrebbe offrire in nessuna circostanza, vi chiederei cortesemente di non... “riscuotere”. Ci siamo intesi? Vi garantisco che sarete ricompensati ugualmente per il vostro disturbo – in altro modo, più tardi. Sappiate soltanto che sono in ottimi rapporti con uno degli uomini più potenti di queste terre. Quelle al di fuori dei confini della vostra città, intendo.
    Per il resto, credetemi, non siamo qui per cercare guai, né vogliamo dare rogne a nessuno. Vogliamo seriamente solo trovare un uomo che è passato di qui.
    »
    Il soldato alla guida del mezzo -il più vicino dei due- guardò Denver con aria piuttosto impressionata, salvo annuire convinto.
    « Sì. Mi sembra ragionevole. »
    Disse in tono abbastanza stupido, salvo voltarsi a incontrare lo sguardo del collega, pure lui non proprio al suo picco di lucidità.
    « Che ne dici? »
    Domandò per conferma, al che pure l'altro annuì lentamente.
    « Se non vuole dare rogne... »
    I due fecero una pausa. Poi l'uomo alla guida tornò a guardare Denver:
    « Sì. Se devi solo cercare un uomo che è passato da qui non c'è problema. Solo c'è da sbrigarsi... »
    E l'altro sul sedile passeggeri concluse:
    « Voi della generazione rubata siete sempre così lenti... ma non ce l'avete un calendario? Andate a farvi un giro per la zona di confine senza guardare che giorno è oggi... »

    « Ehi!!! » Lo interruppe Darius, ed era un tono piuttosto acceso che avrebbe messo in allarme chiunque. Era successo qualcosa... « Hey, muoviti con quei due e vieni a vedere, porca puttana... »
    Il trio aveva già iniziato le procedure di imbarco, e per prima cosa avevano avuto la buona idea di aprire il telo militare dello stesso grigio urbano delle uniformi dei soldati. Ora fissavano l'interno con aria fra lo stranito e il disgustato, decisamente indecisi su cosa fare.

    « Io pensavo portassero scatoloni, o... cibo, o... armi? »
    Si giustificò Ahri, mentre Darius apriva il più possibile il telo per permettere a Denver di guardare meglio dentro...
    Sul fondo del camion, appoggiate alla parete di metallo, c'erano non meno di quattro paia di occhi rossi che fissavano l'ingresso con l'aria terrorizzata di un animale selvatico preso in gabbia e messo all'angolo. Un paio dovevano avere attorno ai dieci anni, le altre due più piccole. E dopo qualche momento anche una quinta testolina fece capolino, avrà avuto quattro anni a dir tanto...
    Era quella la merce che trasportavano.

     
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    Ci saranno anche state delle circostanze avverse dietro il suo ingresso nei Saggi di Palanthas, ma quest'ultimo sarebbe avvenuto in realtà molto prima se solo Denver avesse saputo dei benefici che vengono concessi ai suoi adetti, e per quanto non gli sia piaciuta l'idea di doversi tatuare addosso delle rune per potere sfruttare alcuni dei benefici in questione, il risparmio di tempo che comportano compensa del tutto i marchi sulla pelle.

    Qualunque altra persona avrebbe dovuto ottenere in qualche modo l'accesso alle telecamere di sicurezza per vedere ciò che il ponte ha mostrato a Denver, e senza neppure la garanzia di trovare le registrazioni in questione. Nel migliore dei casi, qualunque altra persona ci avrebbe messo almeno delle ore.

    Denver Brockmann invece impiega pochi istanti ad apprendere che Rickton è arrivato qui di sua spontanea volontà e molte ore prima di loro, segno che la sua assenza è stata notata con colpevole ritardo, e non si stupisce troppo nel vedere il vecchio superare la barriera passandoci sotto con una sorta di balletto che Denver ha visto fare ogni tanto a certe feste. Una flessibilità rimarchevole per un uomo almeno sulla settantina, anche se gli acciacchi dell'età lo costringono a limitarsi a scavalcare la barra al ritorno.
    Dopodiché, dopo aver trafficato con l'orologio da polso, spicca il volo con un sistema di razzi che per tutto questo tempo ha tenuto celato sotto il camice – il che spiega anche come abbia fatto ad arrivare fin laggiù così rapidamente. Qualche secondo più tardi nel racconto accorre la guardia di sicurezza che Denver ha visto poco fa. Quest'ultima si guarda attorno sconcertata, ma non trovando niente e nessuno nella zona, si allontana una seconda volta dalla sua postazione, svelando così il modo in cui Rickton sia riuscito a fare tutto ciò senza essere neppure notato.
    Ora va capito solamente perché fosse venuto fin lì.

    I soldati nel frattempo vedono la ragione, e permettono al gruppo di accomodarsi sul retro del furgone. Curiosamente non sembrano in grado di concepire che qualcuno possa venire dall'esterno, ma se non altro ciò eviterà a Denver una conversazione con Quarion più tardi.
    Sempre i tre militari menzionano una tale “generazione rubata”, e Denver si ritrova a inarcare, sorpreso, le sopracciglia: nel suo mondo, egli era ritenuto un appartenente alla “generazione perduta”, e la somiglianza dei concetti non può che risvegliare la sua curiosità...
    ...ma non abbastanza da porre delle domande. Inoltre, per quanto ne possa sapere, potrebbero star parlando dei ben più giovani Ahri, Justin e Darius. Così si stringe nelle spalle e va a vedere cosa abbia messo in allarme il più grande e grosso dei tre. Lo trova che fissa l'interno con occhi sbarrati, e idem gli altri due.
    Appena Denver sbircia a sua volta nella penombra, lo imita. Sul fondo dell'autocarro scorge infatti otto occhietti rossi che lo fissano di rimando, appartenenti tutti a bambine che non arrivano all'età del giornalista nemmeno a sommarle tutte assieme. Salta poi fuori anche una quinta che avrà tre, massimo quattro anni.

    « Io pensavo portassero scatoloni, o... cibo, o... armi? » dice Ahri.
    « Come avrebbe fatto qualsiasi persona normale, » cerca di rassicurarla Denver, agitando incerto la mano per salutare le bambine. Sussurrando, continua: « Queste sono le bambine Gastrea, se non vado errando. Brynjar Lloyd ne aveva parlato nel suo resoconto. »
    Lasciando anche una specie di formula per gestirne il patrimonio genetico instabile; peccato che nessuno dei presenti sappia usare la magia.
    « Il nonno di Byakko si trova in città, ed è entrato volando su dei razzi, godendo anche della fortuna che il tipo che lavora al posto di blocco è un povero mentecatto. »
    Si fa indietro e sospira.
    « Se volete continuare su questo mezzo, al limite vi chiedo di rassicurare le bambine sulle nostre intenzioni. Anche se immagino abbiate visto voi stessi che siano piuttosto tese. »
    Agita ancora la mano. Stavolta, cerca anche di sorridere.

    Denver BrockmannStato fisico: Perfetto
    Stato mentale: Perfetto
    Energia: 90/100
    Passive: Anti-Malia, Rilevazione Bugie, Rilevazione Pericoli, Auspex Scoop, Auspex Psion, Trick Detector, Volo
    Scenici: N/A
    Equipaggiamento: M1917 Revolver
    Armatura: Armament: Hardening
    Artefatti: Unguento di Rendalim, Cuscino Astrale, Interprete di Babele, Proiettile del Destino, Maschera del Mistero, Rampino del Gentiluomo, Maschere di Gomma, Mantello dell'Invisibilità.


    Edited by Kuma - 26/8/2021, 10:54
     
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