[H] Dangerous Knowledge

I colpi dell'arma perforarono le carni come burro, e così le sue ossa. Il sangue che usciva rendeva ovvia l'efficacia dei colpi, così come il fatto che fosse caduto a terra, impossibilitato ad alzarsi. Ma... Non aveva battuto ciglio. Chiunque si sarebbe contorto dal dolore nella stessa situazione. Al momento non riuscii a pensare come fosse possibile. Esistono alcune particolari condizioni, malattie dei nervi, che impediscono di provare certe sensazioni, ma arrivati a quello stadio non si reggono nemmeno in piedi... Contro natura. Era l'unico modo per descriverlo.

La smorfia sul mio volto, in contrasto a quella estasiata del posseduto, era contorta in fastidio e frustrazione. Inoltre, se avevo capito le intenzioni del vecchio bibliotecario, il corpo sarebbe rimasto a Matsumoto. - Mi dispiace, ma preferisco rimanere vivo. Mi farò perdonare. - Con una promessa solenne, Mi alzai in piedi, allontanandomi leggermente da colui che ormai non poteva muoversi. Proprio mentre mi alzavo sentii quella voce ebbra del dolore del suo corpo. Quella voce, il suo volto, il sangue. Era il perfetto ritratto della depravazione, e ne avevo viste e sentite di cose orrende. Matsumoto avrà anche fatto danni, ma non potevo certo ignorare il fatto che quello non fosse lui, che stava solo usando il suo corpo. Avrei voluto piantargli una pallottola in testa, ma la punizione l'avrebbe subita solo il povero cartografo nel momento fatidico, probabilmente. Non c'era una logica da seguire, in quel caso. Era fuori dal mio controllo. Potevo solo sperare nell'improvvisato compagno di disavventure, che sapesse veramente con cosa aveva a che fare.

Sentivo la nenia continuare, e più avanzava nel ritmo cadenzato e più l'altro sembrava infastidito. Pensavo che stesse per finire, che finalmente l'emergenza sarebbe rientrata. Ne ero certo, quando quel demone depravato si zittì, rimanendo nel silenzio a guardare il soffitto di quel posto ricolmo di conoscenza, potenzialmente, pericolosa. Cominciavo a voler distruggere tutto. Sarebbe stato meglio farlo prima di arrivare a quel punto.

L'urlo era stata l'ultima cosa che avevo sentito. Per un bel po'. Mi risuonò nella testa a lungo, poi il silenzio. Totale. Tutto era sparito. Due passi indietro, un giramento di testa, e oscurità per un attimo. Mi ritrovai a terra, steso di nuovo. Il silenzio era l'unico rumore. Un silenzio innaturale. La vista, dipinta parzialmente di rosso cremisi, vagava fra i due figuri, confuso. Sbattevo gli occhi in cerca di chiarezza, ma sembrava solo confondere il tutto. Dopo qualche attimo cominciai a sentire un familiare sapore metallico in bocca. Sangue. I battiti calmi cominciarono a schizzare alle stelle. - Cazzo... - Non importava quanto tempo sarebbe passato, i timpani erano andati totalmente. Sentivo solo un gran mal di testa, e un dolore lancinante alle orecchie. Per quanto riguardava i suoni, sapevo che non sarebbero tornati. La sordità temporanea è un evento previsto, in guerra, senza le dovute precauzioni, ma non era mai successo niente del genere finora. Un dottore, purtroppo, era l'unico che avrebbe aiutato a capirci qualcosa. Lì, non avevo tempo di pensarci. L'adrenalina che cominciò a circolare anche grazie a quel battito impazzito riuscì a farmi ritrovare, malamente, le forze per ristabilirmi in piedi, anche se traballante. Guardai Matsumoto, o qualsiasi cosa fosse, e per un attimo la presa sull'arma si rinsaldò. La vista annebbiata si posò sul mirino, e quest'ultimo sulla testa del posseduto. - Te lo meriti. - L'indice si posò sul grilletto, presi un respiro profondo, la vista che comunque danzava incerta nella confusione. - Sono finito da un'inferno all'altro. - Chiusi gli occhi.

Il braccio che teneva l'arma cadde all'ultimo, i proiettili partirono appena sul pavimento a fianco, proprio di fianco ai suoi piedi. Uno, due, creando solchi nel pavimento. - AAAAAAAAAAAAAAAAAAAAH! - L'urlo di rabbia avrebbe riempito la stanza, ma non le mie orecchie. Non potevo nemmeno sfogarmi in maniera adeguata, in quel modo. - Quarion, questa me la dovrai pagare bene. - Sorrisi, stanco. Ormai il cervello aveva smesso di pensare. In quel momento c'era spazio solo per rabbia e frustrazione, con un pizzico di dubbio.

Il denso fumo nero che si sollevò dal corpo di Matsumoto dopo che si era accasciato a terra come se fosse un pezzo di carne senza vita fu una vista strana, ma non possibilmente più strana di quanto era successo fino a quel momento. Il bibliotecario accolse quest'opportunità per correre attraverso le folate meno dense di fumo nero, e cominciare a muovere il piede sul punto dove era stato disegnato quello strano simbolo a terra. Non vedevo bene, per cui supposi che stesse cercando di cancellarlo o qualcosa del genere.

Solo quando si voltò verso di me notai che quel mistico attacco non aveva risparmiato nemmeno lui, tingendo di rosso anche i suoi abiti e il suo volto. Trovai solo la forza di digrignare i denti, rendendomi conto che non avevo potuto fare granchè. A posteriori, forse immobilizzarlo ci aveva comunque risparmiato fatiche e anche una possibile fuga, ma in quel momento era più il senso di non essere riuscito ad offrire più supporto. Sollevai lo sguardo annebbiato quando sentii il tocco della sua mano sulla mia spalla. Dissuaso dal perdermi nei pensieri, sbattei le palpebre per qualche volta cercando di mettere meglio a fuoco il suo volto. Notai che si mise di fronte a me, ma le sue parole non arrivavano ai miei orecchi. - Merda... - Sforzandomi di interpretare quello che dicesse, riuscii a capire solo qualche parola, abbastanza per farmi capire che volesse spostarsi. Pensai che intendesse ritirarsi, ma si spostò verso Matsumoto e lo afferrò per la parte superiore. Inghiottii della saliva dal sapore ancora fortemente metallico, mettendo a posto l'arma da fuoco e avvicinandomi a passo barcollante verso la parte inferiore di Matsumoto. Stringere le mani faceva pulsare le ferite sulle braccia, ma non mi facevo impaurire da quella sensazione. Non era quello il momento in cui faceva veramente male. Appena l'adrenalina avesse smesso di scorrere nel mio sangue, avrei sentito ogni singola ferita in maniera molto peggiore, e non osavo immaginare gli orecchi che sensazione orrenda mi avrebbero dato.

Prestai attenzione alle gambe di Matsumoto, prendendolo per le cosce. Non potevo prenderlo da sotto, se volevo tenergli le gambe almeno capaci di rimanere attaccate al suo corpo, perchè le ossa rotte e i legamenti probabilmente feriti avrebbero ceduto come burro sciolto. Avrei quindi seguito l'altro verso la destinazione, annuendogli per fargli capire che quando voleva, potevamo andare.

Che casino... - Non riuscivo a pensare ad altro, in quel momento. Dopo, magari, avrei sfogato la frustrazione. Ma non con loro, e non lì.

Quando arrivammo nella stanza, che per fortuna era piuttosto vicina a dove era successo il tutto, forse anche troppo, Matsumoto finì appoggiato con delicatezza, ma non troppa grazie alla stanchezza, sul tavolo che risultava convenientemente sgombro. Le mani cedettero la presa quando, per fortuna, ormai il cartografo era già poggiato sulla superficie. Le strinsi a fatica, il sangue che ancora colava lungo l'armatura. C'avrei messo un po' a pulirla. Guardai il bibliotecario, che indicò il letto, capendo che dicesse a me. Speravo solo sapesse cosa stava facendo, quando iniziò ad esaminare il corpo svenuto di colui che dovevo proteggere. Avremmo dovuto, proteggere. Avrei.

Iniziai a scomporre l'armatura mentre lasciavo l'altro al suo lavoro. I suoni ancora mancavano, ma per il momento non dava ancora troppo fastidio. Mi era già esplosa una bomba accanto, una volta, in addestramento. L'effetto dipendeva da quanto male ti prendeva l'onda d'urto oltre che il volume del suono. Le braccia dell'armatura furono le prime ad abbandonare il corpo, cadendo a terra ed impattando contro la pietra. Ormai erano già rovinate, avrei dovuto rattopparle di nuovo, in qualche modo. Sotto l'armatura, gli indumenti leggeri, una maglietta bianca e un paio di pantaloni stropicciati, tanto che la tuta è aderente. Avrei dovuto creare una sotto-tuta, un giorno, ma non ne avevo ancora avuto modo. In fondo, stavo ancora lavorando col prototipo. Avrei chiesto presto le risorse a Quarion per fare le giuste modifiche.

Smontai la tuta, che cadde a terra e spostai col piede senza eccessivi complimenti. I vestiti bagnati di sangue e sudore aderivano al mio corpo, ma in quel momento poco importava, così come poco importava che potessi sporcare il letto su cui in pratica mi lasciai cadere seduto. Il colpo mi fece sussultare, nonostante non fosse completamente duro. Osservai sovrappensiero l'uomo, appena in tempo per vedere le ferite che gli avevo fatto. Strinsi gli occhi, leggermente. I proiettili fanno sempre male, non importa il mondo. Durò per poco la mia concentrazione, prima che la vista tornasse annebbiata e l'adrenalina smettesse di fare effetto, il dolore che cominciò a mandare ondate di mal di testa tremende. Sentii un ennesimo capogiro, al cui presi un profondo respiro e chiusi gli occhi. Uno, due, tre. Sì calmò, ma quando aprii di nuovo gli occhi rimase lo stordimento.

Quando Vladimir finì di lavorare su Matsumoto, si avvicinò quindi verso di me. Quello che mi porse mi fece salire un conato di vomito. Non connettevo nemmeno che fosse urina, ma lo stimolo troppo forte fece salire ulteriormente la nausea che provavo dal precedente capogiro, facendolo rafforzare. - Cazzo... Hanno inventato gli aromi artificiali per questo, vecchio... - Strizzando gli occhi, trangugiai la "bevanda" senza fermarmi. Il sapore, non lo dimenticherò mai. Avrei preferito ingerire una bottiglia di olio di ricino, piuttosto. Fu un bene che cominciai a sentirmi meglio, perchè la nausea invece non sembrò sparire finchè il sapore sarebbe rimasto in bocca.

Feci appena in tempo a sentire la pesantezza del sonno e della stanchezza, chiaramente familiare, e un fischio profondamente fastidioso alle orecchie, che alzai la mano destra verso l'altro, indice e pollice che formavano una "o", e mi lasciai cadere sul letto, fra le braccia di Morfeo.