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.Gentlemen's AgreementNarrato - Parlato - Parlato Altrui - PensatoDati Tecnici - Scheda.
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.« Signorino... siete sicuro? »
Le lamentose insistenze del precettore non aiutavano a sciogliere il nodo che stringeva lo stomaco di Kyrill. La colazione che i due viaggiatori si erano fatti portare in camera giaceva quasi intonsa sul vassoio: nessuno dei due, per ragioni diverse, era riuscito a toccare più che qualche boccone.
« Ma se non conosciamo neppure le circostanze di questo accordo, le ragioni! – il gentiluomo si muoveva irrequieto avanti e indietro dalla finestra, oltre i cui vetri il suo sguardo cercava una risposta all’insensatezza di tutta quella situazione, al suo pupillo seduto al bordo del letto, che non era molto più loquace dell’apertura nella parete – non è, non può essere vincolante, se non sappiamo nemmeno come sono andate le cose! »
Il cadetto aveva le dita pallide appoggiate alle tempie, e stava cercando di decidere se lo rendesse più nervoso l’appuntamento che lo aspettava di lì a qualche minuto, o l’inutile sovreccitazione del suo accompagnatore.
« Dimentichiamo per un attimo vostra madre (e come possiamo dimenticarla!)… in assoluto, che senso ha mettere a repentaglio la vostra incolumità a questo modo? Sans, j'insiste, sans la moindre raison connue! Badate bene – si fermò a metà della stanza, sollevando un dito carico di significati in direzione del suo antico pupillo – non dovete pensare per questo che io sia un detrattore del nobilissimo istituto del duello. Al contrario! – riprese a camminare, infervorandosi – Potete star certo che in gioventù io stesso ho incrociato, e non una volta sola, la lama con quella di un avversario per difendere il mio onore, o più spesso quello di una dama… ma qui sta il punto! – di nuovo si fermò, di nuovo sollevò il dito, come se stesse impartendo una lezione di aritmetica ad un Kyrill di nuovo settenne, ma con uno sguardo molto più spiritato – per un duello ci vuole una ragione! Ci vuole un motivo per sfoderare le armi contro un altro gentiluomo, per prepararsi a versare il suo od il nostro sangue. È l’insensatezza, l’assoluta insensatezza di questa sfida, che io aborro, denuncio e mi rifiuto di avallare, in quanto vostro tutore e maestro! »
Kyrill si alzò, e stiracchiò le membra nel vano tentativo di distendere i nervi e far cessare i tremiti involontari che lo scuotevano. Fece un profondo respiro, ad occhi chiusi ma perfettamente consapevole che Göstaff lo stava fissando con le gote infiammate e la chioma scarmigliata.
« Göstaff… – si fermò, cercando le parole, e sperando che l’altro non riprendesse a parlare all’impazzata – il fatto è… che non posso semplicemente andare da quel signore e dirgli che non ho più intenzione di battermi »
« Ma certo, ma certo che si! – scattò l’altro, entusiasta di avere finalmente un argomento da controbattere, contro cui scatenare tutta la sua forza argomentativa – ma certo che sì, e con ragioni molto chiare ed evidenti a tutti, ossia che questo duello non ha fondamento! E se ce l’ha, che quel tale abbia la cortesia di rammentarcelo! »
« Una ragione ci deve essere ben stata… è solo che non me la ricordo. Questo è un problema mio, e se ora vado a dirglielo, a tutti sembrerà evidentemente una scusa… »
« Ma chi sono questi tutti? Se nessuno era presente! Io stesso non so quando sia successo questo gran bell’affare della stretta di mano e tutto il resto! »
A dire la verità, nemmeno Kyrill era sicuro che ci fossero stati dei testimoni. Ma non lo era nemmeno che non ci fossero… Se solo avesse potuto ricordare qualcosa! Invece nulla, se non la vaghissima memoria tattile della stretta di mano, vigorosa, adrenalinica, con quel tizio, Michael, e poi il buio. Ma con tutta la gente che aveva partecipato al Miglio Dorato, era più che probabile che qualcuno fosse stato presente. Aine, ad esempio… Il cadetto fece una smorfia. Ad essere onesti, il suo dubbio peggiore era proprio che la ragione della sfida avesse a che fare con lei, e che non se lo ricordasse. Per questo, se ora fosse andato a ritirarsi… Un’altra smorfia.
« E la colpa lo sapete di chi è? Mia! Solo mia… mia che ho avuto l’idea imbecille di farvi partecipare a quella farsa del Miglio Dorato! Io che avevo il compito di farvi da guida e da mentore, e invece vi ho istigato al vizio, all’obnubilamento, alla follia alcolica… »
Il suono di nocche contro la porta rimbombò nella stanza come il rintocco del pendolo del destino, facendo sussultare entrambi gli uomini nella stanza, entrambi con i nervi a fior di pelle.
« Kiryll! Ci siamo riposati abbastanza, non credi? »
Il precettore stava per aprire la bocca per rispondere, e dallo scintillio che balenò nei suoi occhi azzurro ghiaccio Kiryll fu certo che stava per lasciarsi andare a qualche sconvenienza. Rapido, scattò verso di lui e gli afferrò il polso, ammutolendolo con un’occhiata d’acciaio.
« Vi-vi stavo aspettando, Sir Michael. Stavo per venire io da voi. Un istante e sono pronto – quindi, a bassa voce, rivolto al gentiluomo che ancora teneva fermo per il braccio – Mi dispiace Göstaff, ma stavolta non posso ascoltarti… Ti prego di… – indugiò, consapevole di quanto fosse esigente da parte sua chiedere al precettore, così visceralmente contrario a quell’assurda vicenda, di dargli anche un supporto – … di non negarmi il tuo sostegno. Ti prometto – aggiunse, con uno sguardo umile che implorava comprensione – che non succederà niente di grave. Il duello non è all’ultimo sangue. Non c’è nessuna inimicizia… misureremo le nostre forze, tutto qui »
Già… ma perché quella consapevolezza non riusciva a tranquillizzarlo?
Il precettore assunse un’aria di ostinato dissenso, ma rinunciò a protestare oltre.
« D’accordo. Allora sarà meglio che ci sbrighiamo »
E ciò detto, si rassettò i capelli e controllò di non avere un aspetto troppo sconvolto nel grande specchio dalla cornice dorata.
« Andiamo fuori città per la promessa. Non voglio certo distruggere un centro abitato »
« Ce monsieur est très insistant! » sibilò il gentiluomo a denti stretti
Kiryll si allacciò la spada alla vita, per il resto era già pronto. L’elegante farsetto nordico di velluto blu, in realtà un robusto corpetto rivettato d’acciaio, gli cingeva il petto sopra alla camicia. Le dita gli tremavano un poco. Non era certo la prima volta che si preparava ad affrontare un avversario, si poteva dire che non aveva fatto altro, per sette anni, all’Accademia. Ma così era diverso… quello non era un allenamento, era una sfida con uno sconosciuto. E se avesse avuto un attacco? La preoccupazione era sempre in agguato nel fondo della sua mente.
« C'è un posto adatto, ci sono andato giusto l'altro giorno… »
Il cadetto girò la maniglia, e varcò la soglia del corridoio, trovando Michael appoggiato al muro lì a fianco.
« Mi scuso per avervi fatto aspettare, sono pronto. Fate pure strada, vi seguo ». -
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Edited by S e v n - 20/2/2021, 14:32. -
.Michael lo squadrò da capo a piedi, senza darsi pena di dissimularlo. Aveva sul volto rasato un’espressione che sulle prime Kiryll interpretò come di derisione, e che gli rimescolò l’animo già congestionato.
« Un buon soldato tiene sempre l'equipaggiamento con cura. Bravo. »
Lo irrideva? Lo osservò di rimando, la mascella inconsapevolmente serrata… il giovane indossava la stessa pesante armatura che si era portato in giro durante tutto il Miglio Dorato. Niente a che vedere con la sua brigantina: la corazza aveva un’aria sfacciatamente inscalfibile, un guscio dorato pensato per farti attraversare illeso una pioggia di frecce. Oltre le spalle massicce incombeva l’elsa di un lungo spadone tenuto a tracolla. Il cadetto stava cercando qualcosa da ribattere per non rimanere in silenzio, quando l’altro aggiunse: « Rilassati. È un duello amichevole. Niente ferite permanenti, niente morte. Se uno dei due dichiara la resa, il combattimento finisce... Però non toglie il dolore delle ferite. »
« Non… non serve che me lo ricordiate, grazie » replicò, composto, cercando di non far tremare la voce per il mix di nervosismo e di amor proprio messo a dura prova.
Quel tizio lo confondeva, il cadetto non sapeva come interpretare il suo atteggiamento. Volendolo giudicare secondo gli standard di Najaza, il suo tono sfacciato sarebbe stato considerato un’ulteriore, inutile, provocazione. Oppure aveva solo voluto metterlo a suo agio e rassicurarlo? Il fatto che Kiryll non riuscisse assolutamente a ricordare le circostanze della sfida non aiutava: si erano offesi a vicenda? Oppure era stato tutto un gioco? Saperlo avrebbe permesso di decifrare meglio i modi del suo sfidante.
Cosa ardeva dietro a quegli occhi di innaturale colore? Che cosa significava l’inequivocabile intensità che gli accendeva le iridi arancioni: una sfumatura di follia, un’ardente brama di sangue e violenza? O semplicemente una passione per la vita sconosciuta al Nord?
Kiryll si rese conto che di lui non sapeva nulla, neppure da dove veniva… Decise di concedergli il beneficio del dubbio, riconoscendolo semplicemente come un elemento con cui non aveva familiarità. Avrebbe provato a restare il più equanime possibile, senza esagerare nel sentirsi offeso, ma senza neppure abbassare la guardia.
Michael aveva voltato la schiena e preso la via dell’uscita. Accortosi che, nel caso l’altro non avesse avuto intenzione di provocarlo, la sua risposta doveva essere suonata fin troppo secca, il cadetto volle aggiungere qualcosa… peccato che non gli venne in mente nulla.
Nel frattempo anche Göstaff, con tutta calma, era uscito nel corridoio, ma per tutto il resto della mattinata avrebbe osservato un ostinato silenzio. I due, chiusi nei reciproci pensieri, si incamminarono dietro a Michael.~ • ~
La giornata era strana: non brutta, anzi luminosa, eppure il cielo aveva un ché di pesante. L’azzurro non era limpido, ma gravato da un peso invisibile, reso pallido da una caligine trasparente. Si respirava a fatica. Ma forse era solo il petto di Kiryll ad essere oppresso. Attraversarono senza parlare il quartiere più prossimo alle mura di Matafleur, passarono sotto all’alto arco delle porte sempre spalancate, e una volta fuori lasciarono quasi subito la strada maestra.
Quando vi giunsero, cadetto e precettore non ebbero dubbi di essere arrivati sul luogo prescelto da Micheal.
Si trovavano ai bordi di un cerchio di terra annerita da quello che doveva essere stato un incendio violento ma perfettamente controllato, dal momento che aveva disegnato una circonferenza quasi perfetta, larga una trentina di passi. Come la traccia lasciata da un enorme falò. Al suolo, tuttavia, non c’erano mucchi di combustibile carbonizzato, ma solo un sottile velo di cenere grigia. Gli alberi e gli arbusti che si erano trovati appena fuori dal perimetro del fuoco erano strinati dallo spaventoso calore che doveva essere stato generato. Era uno spettacolo strano: un buco di polvere ritagliato nel verdeggiante paesaggio dell’Est.
« Onestamente, non c'erano posti buoni qui vicino. Ho dovuto creare io l'arena. »
Cadetto e precettore si scambiarono un’occhiata: cosa intendeva dire? Che si era preso la briga di allestire un falò solo per liberare lo spazio dai cespugli? Forse quella luce negli occhi di Micheal era veramente follia…
In quel momento, Kiryll ricordò di quando, fuori dall’ingresso degli Ospiti Improvvisi, il giovane in armatura si era per un attimo avvolto di fiamme… Quali erano i poteri di quel tizio?
Göstaff doveva aver fatto la stessa associazione, perché gli rivolse uno sguardo vibrante ed eloquente, che per l’ultima volta voleva intimare al suo pupillo di arrestare quella follia. Ma il ragazzo finse di non accorgersene.
« Vi ringrazio per il disturbo » disse schiarendosi la voce. Ma forse era meglio restare in silenzio, se non gli veniva in mente niente di meglio da dire…
« Se volete controllare il posto prima di cominciare, siete liberi di farlo. Non ho niente da nascondere »
Michael aveva attraversato lo spiazzo, lasciando una fila di impronte sul tappeto di cenere, e alzando a ogni passo una nuvoletta grigia. Kiryll vi mise piede a sua volta, collocandosi specularmente a lui rispetto al centro. Göstaff rimase all’esterno, retrocedendo fino a distanza di sicurezza. Non trovando dove sedersi, il gentiluomo rimase in piedi, a braccia conserte.
« Non ce n’è bisogno, mi fido di voi »
Da quel punto in poi, iniziava il duello. Kyrill era abbastanza esperto da saperlo. Varcando il perimetro di quell’arena di polvere creata da forze misteriose, il ragazzo era entrato però anche nel suo elemento. Per quanto nervoso, da lì in poi avrebbe saputo come comportarsi, era a casa. Non attese che fosse l’altro a sfoderare l’arma per primo: fino a lì lo aveva seguito, non aveva aperto bocca se non per rispondere, si era fatto condurre. Da quel momento, non doveva più attendere istruzioni: conosceva le regole. Con gesti perfettamente misurati, ripetuti per anni fino a ripulirli da ogni sbavatura, il cadetto portò la mano all’impugnatura della spada che gli pendeva al fianco e la estrasse dalla guaina di cuoio impreziosita da decorazioni dorate. La lama ondulata e perfettamente lucidata non riflesse nessuna luce: l’aria quel giorno era troppo opaca.
« Vedo che usiamo la stessa arma! – Riconobbe Kiryll quando anche il suo avversario ebbe sfoderato la propria – è la prima volta che ne incontro una di questa fattura fuori da Najaza »
Avrebbe potuto aggiungere altre considerazioni che il suo occhio esperto gli aveva permesso di cogliere al primo sguardo: che lo spadone dell’altro, benché simile nel disegno, era più grande e pesante, pensato evidentemente per essere brandito sempre a due mani. Non come la sua flammandsvärd, che era più versatile. Michael teneva una guardia centrata e sbilanciata in avanti: avrebbe avuto uno stile aggressivo, incalzante, violento. Se gli avesse permesso di condurre le danze, il cadetto si sarebbe ritrovato perennemente sulla difensiva, e probabilmente non avrebbe retto a lungo. Bisognava adottare un diverso approccio. Tuttavia la corazza dell’altro lo preoccupava: gli sembrava che anche se lo avesse gragnuolato di colpi, il solo spessore del metallo avrebbe protetto il suo avversario a sufficienza.
Proprio mentre si prendeva qualche istante per riflettere sull’ostacolo offerto dall’armatura dorata, quella prese a mandare dapprima degli strani riflessi e bagliori, e poi quelle che erano delle inequivocabili fiammelle… Va bene, doveva aspettarsi del fuoco, quel giorno… Ma quanto violento?
« A te la prima mossa, Kyrill »
Richiamato dalla sua voce, Kiryll guardò l’avversario negli occhi. Le iridi erano sempre più accese, il potere che covava nel guerriero ormai completamente palesato. Sempre lo stesso mezzo sorriso, ora carico di sfumature inquietanti.
Ma adesso l’animo del cadetto era ben diverso da prima, quando nervosamente attendeva nella sua stanza che venisse il momento, costretto ad ascoltare le preoccupazioni del precettore. Ora gli automatismi del combattimento stavano facendo piazza pulita di ogni altro pensiero, per lasciare la sua mente vuota, concentrata solo sull’azione, sul presente. L’adrenalina entrava in circolo, l’intelletto razionale, speculativo, cedeva il campo, sapendosi inutile. Ora non gli interessava più sapere se il sorriso dell’altro fosse di scherno, o di gioia selvaggia, o di nervosismo.
Il cuore prese a battere più regolare. E qualcosa che gli si annidava in fondo allo stomaco si risvegliò, ora che le maglie della coscienza si allargavano. Una sensazione di potenza fisica, un formicolio, gli montò in petto e gli risalì braccia e gambe. Gli lasciava la prima mossa? Benissimo.
« In guardia » dichiarò soltanto, perché così gli avevano insegnato. Non avrebbe più sprecato fiato in parole, da lì in poi.
Si sentiva più agile, più forte: scattò in avanti, e un eventuale spettatore (Göstaff, che si stropicciava senza accorgersene con le dita la stoffa dell’abito) sarebbe rimasto stupefatto della potenza e l’agilità, quasi sovrumane, che esprimevano i suoi movimenti. Aveva scelto di provare ad assumere lui un ruolo aggressivo, e costringere l’altro sulla difensiva, sperando che non essendovi abituato ciò lo avrebbe messo in svantaggio. Se non ci fosse riuscito, era sempre in tempo di correggere il tiro.
Con poche falcate gli fu addosso. Reggeva il peso dell’arma a due mani, camminando dritto verso l’avversario, ma all’ultimo momento spostò il peso del corpo. L’arma di Michael era più lunga, l’aveva intuito: se gli andava semplicemente incontro, all’altro sarebbe bastato sollevarla e puntargliela contro per tenerlo a distanza. Doveva entrare nella sua guardia, e non uscirne più. All’ultimo, si spostò a sinistra, si mise di fianco, offrendo il lato del corpo all’avversario, e mentre faceva l’ultimo passo avanti, vibrò un colpo con la sola mano destra direttamente verso l’elmo dorato del guerriero, oltre cui lampeggiavano i suoi occhi arancioni.
Tutte quelle movenze erano avvenute con la precisione di uno schema frutto di un lungo allenamento, come in una partita di scacchi: le prime mosse sono sempre parte di una strategia consolidata. Poi, a seconda di come evolvono le cose, si finisce per improvvisare. La bravura sta nel posticipare quel momento il più a lungo possibile.. -
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.Fu come gettare dell’olio in una brace apparentemente spenta. Kiryll ebbe appena il tempo di rendersi conto che il suo colpo era andato a segno, che l’avversario letteralmente gli esplose in faccia.
Il cadetto non fu nemmeno in grado di seguire bene le mosse dell’altro, l’unica cosa certa fu che lo spadone, la cui minaccia tanto si era preoccupato di neutralizzare, non lo minacciò nemmeno una volta. Michael lo sollevò, ma invece di provare a usarlo contro di lui lo mulinò dalla parte opposta. Il cadetto, che per addestramento era abituato a non perdere mai di vista la lama del nemico, fu distratto dal movimento, e così non si rese conto che l’altro aveva intenzione di colpirlo con un calcio. L’urto gli svuotò i polmoni, e lo ricacciò violentemente indietro, quasi facendogli perdere l’equilibrio e gettandolo a terra. Ma nonostante la sorpresa, il suo corpo reagì bene, e riuscì bene o male a non perdere la guardia.
Tuttavia quello era solo l’inizio, ed il ragazzo non poteva essere preparato per quello che sarebbe venuto dopo.
Appena un istante: gettando riverberi sull’armatura d’oro, le mani di Michael si accesero di fiamma. E prima che il cadetto potesse riaversi della sorpresa, lo sguardo ancora rivolto all’arma che l’avversario non aveva nessuna intenzione di usare, la mano sinistra del dominatore del fuoco fece un gesto, e sul tappeto di cenere si accese un disegno scarlatto. Le orecchie di Kiryll si riempirono di bisbigli d’allarme. Una minaccia? Da dove? Un ruggito di fiamme attirò il suo sguardo verso l’alto, giusto in tempo per vedere dei dardi infuocati attorcigliarsi nella loro discesa verso di lui.
I sussurri di pericolo si intensificarono fino a diventare un unico fischio, e lo sguardo del ragazzo si annebbiò. Era entrata in gioco la forza misteriosa che abitava il suo animo, e che interveniva a proteggerlo quando da solo non avrebbe potuto: forse Michael avrebbe potuto distinguere una patina di fumo nero addensarsi come un guscio attorno al suo sfidante. O forse no. In ogni caso, gli otto dardi vi caddero addosso rombando e sfrigolando, avvolgendo il bersaglio in un abbraccio che bagnò in un secondo la candida pelle del cadetto di sudore… ma non poterono penetrare la strana coltre nera.
Kiryll sbatté le palpebre, e si ritrovò circondato da un guscio di fuoco che lo accecava e gli strinava la faccia… ma che non lo aveva danneggiato. Ma dov’era il nemico? Non poteva vederlo! Il fuoco generato dai dardi piovuti dal celo non aveva avuto tempo di disperdersi, che Michael, rapidissimo, gli aveva scagliato addosso una nuova palla di fuoco, e questa in nessun modo l’avrebbe potuta evitare.
Lo prese in pieno, strappandogli un urlo. La puzza irrespirabile del velluto bruciato gli invase il naso, e un dolore tremendo al petto, stravolto dal calore improvviso, gli fece salire le lacrime agli occhi.
« QUANTE VOLTE HAI COMBATTUTO VERAMENTE, KYRILL? »
Strinse i denti, inghiottendo il dolore, e alzò lo sguardo attraverso l’aria tremolante per il calore generato dagli attacchi dell’altro. Michael era lì davanti a lui, feroce, esaltato. Mezza faccia coperta di sangue, che fluiva copiosamente dal taglio sul viso. A volte le reclute con cui si era allenato in passato si spaventavano scoprendosi imbrattate di sangue (spesso uscito da ferite da nulla), e Kiryll aveva imparato ad approfittarne... Ma qualcosa gli diceva che quell’avversario non era il tipo da impressionarsi per cose del genere.
Non gli rispose, naturalmente.
Considerò velocemente la situazione.
Lo spadone? Giaceva nella cenere.
Non sapeva quali altri trucchi conoscesse l’avversario, ma dell’arma non si doveva più preoccupare. Era azzardato tornare alla carica, ma del resto non aveva alternative. Il dolore al petto era bruciante, ma il ragazzo strinse i denti, e l’adrenalina del combattimento aiutò ad ignorarlo, per il momento.
Scattò di nuovo in avanti, ancora rapidissimo, stringendo l’arma con ambo le mani, la punta rivolta all’indietro, lievemente verso il basso, e quando gli fu vicino vibrò un colpo obliquo verso l’alto, non mirato. Ma quello, per quanto rapidissimo e violento, non era l’attacco principale dell’offensiva.
Subito, che fosse andato a segno o meno, avrebbe usato lo slancio del fendente per rivolgere la punta della spada dritta contro il petto di Michael, ed esplodergli un affondo diretto al petto. Sapeva di non poter penetrare la resistenza della pesante armatura, ma un colpo del genere, caricato di tutta la forza del suo corpo, dalle gambe, dalle spalle, dal busto, dalle braccia… concentrato tutto nello sterno, avrebbe dovuto avere comunque un devastante effetto contundente.
Il cadetto aveva scelto di non risparmiare le forze: per quel poco che aveva intuito dell’avversario, gli sembrava che lo scontro non si sarebbe protratto a lungo, in un modo o nell’altro.. -
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