Endlos Realm GdR - Gioco di Ruolo Fantasy by Forum

Posts written by Amelie

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    Nickname: Amelie, Tima e altri random XD
    Numero di personaggi attivi: 3

    #1
    Personaggio: Amelie
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    Gilda: CSV

    #2
    Personaggio: Tima
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    Gilda: ///

    #3
    Personaggio: Evan O'Byrne
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    Gilda: Aviatori
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    Fu un bene per la piccola esorcista che il ragazzo biondo la tirasse via da quel posto senza troppe cerimonie; in cuor suo, però, doveva ammettere che assurgere al ruolo della maestrina di turno non le aveva fatto certamente piacere... era pur vero, comunque, che le ramanzine aiutano a crescere.

    Affannato, il piccolo gruppo richiuse la porta alle sue spalle, appena un attimo prima che un tonfo sordo e una secca vibrazione del legno suggerissero lo schianto dell’inquietante figura bloccata al di là della soglia: probabilmente non era in grado di spalancare l’uscio, ma nulla le impediva di grattare freneticamente le unghie sullo spesso materiale.

    Adesso, finalmente, la Fata poté concentrarsi sull’ambiente che la circondava. I suoi occhi verdi percorsero il vasto ambiente che li aveva accolti indugiando su ogni più piccolo dettaglio, sino a incontrare la strana disposizione concentrica di un assiepamento di manichini neri come la pece: decollati, sostavano in ginocchio sul freddo pavimento marmoreo, con le mani giunte in un una muta preghiera e le schiene inarcate verso una sfera dorata che, scintillante, pendeva dall’alto della stanza. La fanciulla reclinò la testa da un lato, facendo ondeggiare la lunga chioma rosso borgogna, incuriosita da quella installazione, ma nient’affatto spaventata. Nonostante l’impatto vagamente macabro che poteva aver avuto sulla sua mente, la Corona di Obeah ci impiegò poco a costatarne l’inerzia. Piuttosto, era altro ciò che l’attirava... ricordava vagamente una sfera armillare, un congegno che già le era capitato di intravedere nelle sale di Palanthas, o forse un pianeta, con quel particolare anello dorato e inciso a girarle intorno... qualunque cosa fosse, però, le procurava uno struggevole e diafano senso di vuoto, un’ineffabile tristezza, qualcosa che lei aveva assaporato a fondo nel suo passato.

    Il legno, le tarsie di marmo, la sfera, quei curiosi manichini che sembravano un’opera d’arte e quel piccolo scalone di rappresentanza che conduceva a un piano superiore... le dava l’idea che fosse uno studiolo, una wunderkammer o qualcosa di simile – di certo molto sofisticato –, ma il vero significato ancora le sfuggiva.


    Ragazzi, qui c'è una specie di serratura... ma serve una combinazione per aprirla. Un mix di numeri e colori. Forse qui attorno c'è qualche indizio.

    Fu di nuovo il biondo a parlare, riuscendo a calamitare la sua attenzione con un dettaglio davvero importante: la targa di metallo era una sorta di serratura per la porta che aveva notato all’inizio. Amélie decise quindi di avvicinarsi, e ad ogni passo la stessa, ipnotica sensazione che l’aveva colta quando ancora si trovavano nel corridoio dei quadri tornò a farsi più insistente, facendole comprendere inequivocabilmente che qualunque cosa si trovasse al di là da essa, era dannatamente importante, per quanto ancora al di fuori della loro portata

    «Suggerirei di esplorare dapprima il piano superiore, se siete d’accordo.»
    Intervenne prontamente
    «Potrebbe esserci qualche aiuto... suggerirei, però, di dividerci in coppie e salire dai lati opposti in contemporanea . Se ci fosse qualche pericolo, potremmo godere di un certo vantaggio e i bersagli sarebbero due gruppi, non uno solo. Cosa ne dite?»



    Stato Mentale: incuriosita e guardinga
    Stato Fisico: un po' di affaticamento
    Mana: 35%
  3. .
    In riguardo alla nostra quest... Io voto per la fuga!
  4. .

    Sapeva benissimo come quello non fosse né il momento, né il luogo più appropriato, ma lo sbotto iroso della giovane dal mantello rosso mosse la Fata al sorriso: si ricordò improvvisamente, quando vestire i panni del ragazzo di nome Armand era la sua armatura e baluardo, di come si sentisse incompresa e sottovalutata dl mondo intero: in un certo senso, Amelie provava per se stessa la medesima tenerezza che ora provava per quella ragazzina.
    E fu proprio questo a convincerla, ancora di più, di quanto fosse importante farla
    ragionare., anche a costo di sembrare dura.

    «Se credi di avere abbastanza energie per tenere a bada quelle creature che molto probabilmente si riveleranno demoni, fa pure. Ma lo farai da sola, perché non metterò in pericolo inutilmente la vita dei miei compagni. Saper dosare le forze nel modo migliore è ciò che contraddistingue il saggio dal principiante. E arrivare al cuore del problema ci permetterà di salvare molte più vite di quanto si possa mai fare adesso. Inoltre, non credo che chi ci abbia teletrasportato qui, se davvero l’avesse fatto per aiutarci, sia in grado di garantirci ulteriore incolumità, oltre quella di cui stiamo già godendo.»

    Una sfumatura dura velò lo sguardo solitamente brillante della Fata, uno sguardo affilato che si era posato sulla giovane ragazzina e che ora la fissava intensamente. Tuttavia, esso non si soffermò a lungo: il suo voltarsi verso gli altri due – che giustamente esprimevano ragionevoli perplessità e premevano perché il gruppo restasse coeso- decretò la fine dello scambio verbale, almeno per lei: avevano questioni più urgenti delle quali occuparsi, nella fattispecie un quadro di un ritratto femminile che aveva tentato di ferire la giovane.

    «Credo che questo risponda ai tuoi dubbi...»

    Non poté far a meno di chiosare, scansandosi d'istinto e notando il dettaglio rosso sul retro del quadro – forse un’evocazione?

    «C’è qualcosa oltre quella porta, qualcosa di ipnotico, anche se distante... io lo sento

    Fu un tentativo di spronare i compagni a proseguire oltre, per lasciarsi alla spalle il pericolo incombente e assolutamente reale della inquietante donna vestita di rosso. Prima di scappare oltre, però, Amelie raccolse uno dei tanti volantini sparsi al suolo: era certa che in qualche modo sarebbe tornato utile.

  5. .

    Sarebbe dovuto essere qualcosa di spaventoso - e in effetti, lo era. Forse, però, lo era ancor di più rinvenire, nel gelo che le stava intorpidendo le membra, la medesima sensazione di abbandono che già aveva sperimentato quando - ormai tanto tempo fa - aveva deciso di raggiungere l'adorata Elisabetha. C'era però, qualcosa di diverso questa volta: la solitudine che allora considerava sua sorella e compagna era stata lentamente, silenziosamente scalzata via dal tiepido e confortevole calore che solo le persone amate sapevano trasmettere. Affetti costruiti passo dopo passo, carezza dopo carezza, abbraccio dopo abbraccio... ma non era affatto curioso che l'unico nome a vorticarle nella testa fosse quello di Leon.

    Fu l'ultima parola a sfiorarle le labbra quando perse i sensi e la prima quando si scoprì in piedi, neonata in quel corridoio grigio appena creatosi dalla contrazione di quel nero assoluto.
    La Fata si guardò intorno, spaesata, spiazzata, catturata dall'improvvisa apparizione di altre tre persone, materializzatesi come lei in quel frammento di spazio senza tempo, e come lei apparentemente prive di qualsiasi riferimento o spiegazione per ciò che era accaduto; l'aveva capito da come si erano guardati e dal modo in cui avevano studiato l'ambiente, e come il loro anche lo sguardo della fanciulla dai capelli rossi fu catturato dagli inquietanti quadri appesi alle pareti e dai numerosi volantini sparsi per terra; Amelie ne raccolse uno e lo studiò per qualche istante, prima di riporlo in una delle tasche del suo abito. Qualcos'altro catalizzava la sua attenzione: un richiamo morbido, ipnotico e lontano si era fatto strada nella sua testa, attraverso il pesante portone di legno che sbarrava l'unica strada percorribile. Lo osservò per un po', assorta, quasi che i suoi occhi di smeraldo potessero vedere al di là di esso.


    State bene?

    La voce del ragazzo biondo proruppe nel silenzio grave che avvolgeva l'ambiente, strappandola alle sue riflessioni.

    ”Madama Morte no è venuta a farci visita ancora.
    Noi è ancora in mani di Destino... io comincia a irritarmi.”


    Il... "tipo" che gli rispose, però, fu colui che attirò maggiormente la sua attenzione: assomigliava tanto curiosamente quanto incredibilmente ai boggart del Piccolo Popolo, dandole per il tempo di un battito di cuore di esser finita direttamente in Irlanda.
    La ragazzina dai capelli neri, che già aveva visto in azione, si stava intanto prodigando in un inchino e in ringraziamenti rivolti a tutti il gruppo, perché credeva che uno di loro l'avesse tratta in salvo.


    "Non credo sia stato qualcuno di noi, giovane guerriera.
    Siam otutte vittime della situazione, proprio come te. Purtroppo non so dirti cosa sia accaduto agli altri, ma sono sicura che stiano tutti bene e al sicuro


    Cercò di sorriderle in modo rassicurante, ma la piccola era già stata attirata dalle opere d'arte vive che adornavano le scarne pareti del vestibolo.

    "E questi quadri...?
    Ma... sono vivi??! Ci sono persone intrappolate al loro interno!
    Avete un coltello...? Un pugnale, qualcosa di tagliente? Non possiamo andarcene abbandonando queste persone!"


    In effetti la Principessa Rossa non aveva mai visto nulla di simile: assistere al modo in cui i corpi si agitavano oltre il sottile ordito di cotone le suscitava un senso di profonda inquietudine, pungente come la punta di un ago arroventato confitto nella carne. Tuttavia, per quanto un parte di lei fosse genuinamente preoccupata per quegli esseri, la Corona che era in lei le suggeriva estrema cautela e studiata pazienza.

    "Non credo sia una buona idea, non sappiamo se coloro che si trovano oltre quel sottile confine materiale siano amici o nemici.... potrebbero essere demoni pronti a sbranarci, per quel che ne sappiamo: dovremmo quantomeno indagare l'indispensabvile, prima di compiere qualsiasi azione avventata."

    Per il momento - e solo per il momento - Amelie decise di tacere sulla sensazione causatale dalla porta; ci avrebbe pensato in un secondo momento, quando la preoccupazione delle tele animate sarebbe potuta esser messa da parte.

  6. .


    Destra.
    Sinistra.
    La chioma rossa vibrò di un riflesso infuocato.
    Al crescere dei nemici in avvicinamento, la Fata si guardò intorno cercando di elaborare un piano che potesse salvare non solo lei, ma tutti i presenti in quella gabbia specualre. Purtroppo, tutte le vie di fuga sembravano ostacolate dalla marea incalcolabile di presenze demoniache avversarie, che premevano sul sottile confine vitreo facendolo scricchiolare pericolosamente. Quelle essenze bruciavano come fiamme impazzite alla sua vista superna, fin quasi a provocarle dolore fisico - Amelie fu costretta a distogliere lo sguardo.

    Fu l'inatteso imprevisto, però, a distoglierla dai terribili colpi sui vetri e dalle elucubrazioni che avevano rapito la sua mente: una pozza nera di mani era comparsa dal nulla al di sotto dei loro piedi, e ognuna di quelle cercava di ghermirli freneticamente, in modo spasmodico. Un attacco nemico? Possibile fossero arrivati già a loro? Erano dei prigionieri? ...O forse si trattava di un'insperata e poco ortodossa via di fuga
    sui generis? Sembrava logico, dato che quelle braccia apparivano in tutto e per tutto umane... e questo spinse sull'orlo delle labbra il nome a lei più caro: Leon. E se si fosse trovato laggiù? Sua madre le aveva assicurato che non era morto.

    La fanciulla seguì per qualche attimo l'istinto, e scalciò e schivò e cercò di non farsi catturare, ma alla fine fu tutto vano: le mani erano troppe, avevano già trascinato nella pece molti dei suoi amici, e lei - dopotutto - non aveva così tanta voglia di scappare.
    Si lasciò prendere, avvertendo con un'istintiva repulsione una sensazione gelida risalirle rapidamente lungo il corpo.
    In un attimo fu tutto buio.

    La gelida tenebra l'aveva presa con sé.

  7. .

    Affidata alle cure di Kerobal, un'Amelie spaesata rimase in disparte ad assistere al susseguirsi di scene curiose e peculiari.
    Non sapeva bene come muoversi, con tutte quelle presenze così contrastanti: la politica è un gioco delicato, e non voleva dare intralcio alle persone a lei care che riteneva ben più esperte di se stessa in quel campo. Non disse quindi una parola, nemmeno quando tutte quelle anime ostili ed orrifiche apparvero all'orizzonte grazie ai poteri del giovine uomo dai tratti familiari -non ricordava se e dove l'avesse già visto, però-, ed eseguì prontamente gli ordini-suggerimenti quando vennero impartiti all'intero gruppo disomogeneo.

    Considerando le sue condizioni psichiche, fisiche e soprattutto magiche, e le sue competenze in quest'ultimo campo, le retrovie furono l'opzione migliore, e senza fiatare si portò proprio là, oltre la prima linea, ben protetta da tutti coloro che la circondavano...che tra l'altro avevano più mana di lei, di sicuro. Probabilmente. Lo sperava con tutto il cuore, per lo meno.

  8. .

    Leon è vivo.
    La frase continuava a echeggiare nelle orecchie come una preghiera, una cantilena capace di lenire la ferita che la violenza della separazione aveva provocato nel suo cuore.
    Restò immobile, come stordita, fissando a bocca dischiusa la madre che le elargiva carezze affettuose. Non era solitudine quella che provava, questo no, ma era un sentimento a essa molto vicino. Dopotutto, la sensazione di dover badare da sola a se stessa era qualcosa che non l’aveva mai abbandonata, sin da quando era approdata su Endlos nei panni di Armand. Quel che però era mutata, invece, era la sua resilienza. Quella capacità di affrontare le ingiustizie e i dolori della vita senza soccombervi, senza abbandonarvisi come una polena in balia di una tempesta; lasciarsi scivolare l’esistenza sulla pelle come seta, senza davvero allungare le dita per stringere e governare le redini della battaglia... lei non lo faceva più. Aveva scoperto la sua forza e quanto potesse essere giusto e sano attingervi, perché le persone non smetteranno mai di amarti e prendersi cura di te, se sarai tu la prima a farlo. E sua madre ne era l’esempio più fulgido.


    « Bene... togliamoci da qui. »

    E nel dirlo, l’Alfiere offre sostegno alla Principessa per farla alzare; in effetti, da quando l’effetto dell’adrenalina – che fino ad allora aveva mantenuto vigili e attivi i suoi sensi, permettendole di agire con tempismo e astuzia tattica – aveva iniziato a svanire, Amelie era caduta preda di una grande spossatezza che le indeboliva le membra, costringendola a traballare sulle ginocchia appena malferme.

    « Darò un'occhiata alle vostre ferite; poi, proseguiamo verso la meta.
    Il nostro obiettivo non cambia: dobbiamo porre fine a questa follia. »


    Stava per replicare – probabilmente suggerendo la strada migliore da seguire – ma gabbie picee la inghiottirono, isolandola e allontanandola dai suoi compagni. Poi fu solo una dissolvenza in nero: tutto sparì, e l’oscurità si riflesse in se stessa attraverso lucide superfici di cristallo nero. E in essa, come nel più inquietante dei presagi, Amelie scorse la sua immagine moltiplicarsi all’infinito, doppi – forse – di un sé più ombroso e sconosciuto. L’impatto fu folle, narcotizzante e violento come un pugno nello stomaco. Rimase stordita per qualche attimo, obbligata dalle contingenze ad avanzare inesorabilmente, senza mai voltarsi indietro.
    Eppure i suoi sensi superni le dicevano che non era sola, e quando aprì la porta alla fine del tunnel scorse la luce: davvero non era sola, tanto che più della metà dei presenti era gente sconosciuta. Per fortuna, però, ci volevano anche due mani per contare tutti i volti familiari ed amici, e un’altra ancora per tenere nota di quelli che – nonostante non li avesse mai visti prima – parevano non aver cattive intenzioni.
    Le parole scorsero come fiumi, sensate ed utili, e la Fata tentò di far tesoro di ogni singola sillaba pronunciata dai membri del nuovo gruppo per quanto temporaneo che fosse, ponendosi ricettiva nei confronti di chiunque dei presenti.

  9. .

    Amelie, ritta come un fuso, stringeva i pugni abbandonati lungo i fianchi. Più gli insetti sciamavano, più persone cadevano preda di una morte così atroce, più le sue dita si stringevano, e le unghie affondavano nella carne morbida. Un’agonia straziante che si faceva largo fino ai suoi timpani in una cacofonia di urla. Non poteva vedere nulla attraverso quella nube di chitina scura, ma i suoi occhi erano fermi lì dove avevano visto la domatrice per l’ultima volta; la barriera non avrebbe retto ancora a lungo, lei lo sapeva, per questo sperava che i suoi compagni trovassero presto una via di uscita a quell’inferno, prima che tutte le forze l’abbandonassero irrimediabilmente.

    Ma non vi fu tempo per soffermarsi su questo, perché pochi istanti dopo accadde qualcosa. Un rombo squarciò l’aria, zittendo per un attimo il ronzio assordante degli insetti.
    Fu una percezione strana, qualcosa che la Fata non aveva mai sperimentato prima di allora: la sensazione di galleggiare. Fu solo per una manciata di secondi, quando avvertì lo stomaco contrarsi e i vestiti gonfiarsi vaporosi attorno al suo corpo esile, prima che il suolo si sgretolasse e lei precipitasse nel vuoto.

    Mentre stava per perdere i sensi, il nome di Leon fu l’ultima parola ad affiorarle sulle labbra.


    « Amy, bambina... come ti senti? »

    Una voce. Chi era? Non capiva, era tutto troppo confuso. Mantenne gli occhi chiusi, perché avvertiva il mondo vorticarle attorno. Solo dopo un po’ si decise ad aprirli, quando riuscì ad associare a quella voce il volto di sua madre.

    « Mamma… »

    Si tirò a sedere – e fu allora che poté avvertire il dolore salire dal fondoschiena causato dal forte urto –, ma quella fastidiosa girandola non sembrava voler smettere… e non si sarebbe fermata, perché a ruotare non era il suo labirinto, ma una giostra>. Non riusciva davvero a comprendere come fosse stato possibile, come il profilo della città avesse potuto cedere il posto a quel luna park decisamente fuori luogo, ma gli altri erano scomparsi mentre loro si trovavano seduti su delle tazze da tè a grandezza d’uomo.
    E questo le provocò una fitta di dolore, perché significava che Leon non era lì con lei. Non si sarebbe certo arresa – anzi, era il miglior sprone possibile per andare a fondo di quella faccenda –, ma la preoccupazione era difficile da mantenere sotto controllo.

    -Milady, vi prego, ascoltatemi! Questa missione si sta rivelando più dura e rischiosa del previsto. Ciò nonostante sono riuscito ad ottenere questo artefatto: può usarlo solo una domatrice molto carismatica e potrebbe tornarci utile.
    Potrebbe servirsene l'Alfiere Errante. So che è vostra intenzione raggiungerla ed io farò qualunque cosa per realizzare questo desiderio, quindi... vi prego di portarlo con voi.
    Non so se funziona, ma ci sono probabilità che possiate usarlo anche voi, prima di raggiungerla.


    <i>Arthur riuscì tuttavia a strapparla ai suoi pensieri. Di primo acchito, Amy non fece caso alla surrealismo della scena, ritrovandosi semplicemente a concordare con quanto detto dal Saggio; solo successivamente un curioso deja-vù la colse, sovrapponendo per un momento all’immagine del Vampiro quella di Zio Quarion. Non seppe dire precisamente perché, ma quel frustino la spingeva a pensare con insistenza a lui…

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    mi gaso per tanta roba.
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    Me tantissimo curiosa! *___*
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    Sostenne lo sguardo della donna senza batter ciglio, ognuna immersa negli occhi dell’altra. Per un solo istante le parve di leggervi una strana consapevolezza, come se vi fosse altro oltre il mero desiderio di distruggere. E in effetti non poteva essere altrimenti, visto l’ostinata caparbietà dimostrata nel colpire sistematicamente i punti nevralgici del semipiano.

    Ma tutto in lei gridava la strenua resistenza che aveva giurato di opporre. Il suo corpo esile, ritto come un fuso, testardo nel fronteggiare con insana ostinazione la distruzione che li attorniava. I pugni stretti lungo i fianchi, talmente serrati da far impallidire le nocche delicate. Lo sguardo tagliente, affilato, che non lasciava spazio a remore o ripensamenti.

    E la vita che aveva fatto sbocciare attorno a lei, a discapito di tutto quell’orrore, della morte che tutto prendeva, senza nulla rendere in cambio.

    Inaspettatamente, però, fu la domatrice a interrompere il contatto di visivo, avvicinandosi con noncuranza al corpo dell’idra ferita e che i suoi rovi avevano intrappolato poc’anzi. Amelie era una creatura di pace, e in quanto tale scendere in guerra le era costato, probabilmente, più che a chiunque altro. Non si trattava solamente di rischiare la propria vita – non che non avesse importanza, ovvio; ma si trattava soprattutto di quella altrui. Proteggere alcuni, e toglierla ad altri. A questo, in sostanza, poteva ridursi il senso di ciò che stava facendo.

    Era dovuta scendere a patti con la sua coscienza, pentirsi, ritrattare, convincersi di nuovo che, vero, poteva non essere la scelta migliore in assoluto nel ventaglio di ipotesi paratesi dinnanzi, ma sicuramente era quella giusta per lei, l’unica che avrebbe compiuto il senso della sua esistenza. Anche avendo avuto possibilità di scegliere di aiutare in altri modi, sarebbe davvero riuscita ad attendere, con le speranze rivolte ad ovest ed il cuore sempre più greve, mentre le ombre dell’attesa si fossero allungate su di lei e le pareti delle stanze si fossero trasformate in una cupa prigione?

    In cuor suo conosceva già la risposta.

    Ma la battaglia non era finita, e la donna dall’opulenta chioma rossa non ci mise molto a dimostrarlo; con una dolcezza inaspettata nello sguardo e una crudeltà atroce nei suoi gesti, trafisse l’idra ormai rimpicciolita per renderla un’incubatrice naturale di insetti. Fu straziante per la Fata assistere all’atroce agonia della bestia, perché trovava inconcepibile infliggere scientemente tanta sofferenza… e solo perché non era più d’utilità. Cosa c’era che non andava in quella donna? Qual era la contorta ragione che aveva spinto lei e quelli come lei ad agire in quel modo, in un’assenza totale di pietà?

    Era proprio vero, allora: il sonno della ragione genera mostri.

    E Amelie non smise di domandarselo neppure quando lo stuolo d’insetti sciamò verso di loro, annientando con facilità le prime linee di difesa. Non si mosse quando la nube densa e oscura di corpi fu quasi su di loro, pronta a divorare le loro carni.

    Non si mosse, ma attese, concentrando le sue energia. Sollevo le mani a coppa, speculari tra loro. In mezzo ad esse, un impercettibile punto luminoso iniziò a splendere, gettando riflessi dorati sul volto della bella fanciulla dai capelli color mela. Brillò sempre più intensamente, prendendo a pulsare appena mentre la Principessa catalizzava tutte le sue energie e il suo desiderio di proteggere in quella minuscola ancora di salvezza, qualunque fosse stato il prezzo; poi, all'improvviso, rapido come un respiro o il battito di un cuore, quel punto si dilatò nello spazio, trasformandosi in una cupola traslucida. Avrebbe fatto in modo che nulla potesse penetrarla, e chiunque fosse capitato al suo interno vi avrebbe trovato rifugio e soccorso.

    Ovunque sarai, io lì sarò. Ovunque tu andrai, lì mi troverai per fermarti. Ancora, ancora e ancora. Fino a che non avrò più fiato, fino a che non avrò più vita.

    Ecco ciò che tutto, in lei, sembrava dirlo.



    Status mentale: ottimale, arrabbiata e frustrata

    Status fisico: lievemente ferita

    Mana: 65%-40%= 25%

    Passive:

    Sang Real
    La magia di Arcadia che scorre nelle vene di Armand impregna sino all’ultima stilla del suo sangue. Spesso fatto oggetto di ricerca e di cacce di sangue tanto da umani, che vogliono sfruttarne le proprietà per i propri scopi, quanto dalle altre creature sovrannaturali -in particolare dai Vampiri-, il sangue di Fata ha un odore dolcissimo – come il miele più pregiato – e sapore inebriante, particolare, del tutto inusuale, e causa una forte dipendenza in chi lo assaggia o ne inala il profumo, tale da sfociare nell’ebbrezza. Non ha il tipico gusto ferroso e l’odore acre che dovrebbe caratterizzarlo, ma racchiude in sé tutti i sapori più piacevoli che la creatura – vampiro o umano che sia – abbia mai sperimentato nella sua vita, e che cambiano ad ogni sorso; taluni dicono che sappia di fiori e di erba tagliata di fresco, talaltri di caramello, altri ancora di miele e ambrosia, o di altri cibi assolutamente deliziosi. Tuttavia questo piacere ha un prezzo: il solo assaggiarlo o sentirne l’odore causa difficoltà nel distinguere la realtà dal sogno, i bisogni dai desideri – anche i più lesivi – può provocare persino allucinazioni, la cui intensità e durata dipenderà dalle facoltà psicologiche del soggetto, e mai oltre i due turni di durata.
    Essendo pregno della forza vitale della Natura – la più selvaggia e indomabile –, il sangue fatato può provocare la crescita improvvisa di una folta vegetazione laddove cada al suolo; non sono piante magiche e non ubbidiscono ad alcun comando, è solo la Natura che si risveglia al suo tocco: per influenzarle – così come per influenzare qualsiasi altro tipo di vegetazione –, Armand dovrà usare attivamente i suoi incanti.
    La magia che lo satura lo rende anche un ottimo catalizzatore e reagente per incantesimi e reazioni alchemiche, potendo sostituire uno dei componenti nel caso sia mancante, e di dar vita esso stesso a incanti di origine sovrannaturale.
    (Consumo: Basso)

    Tecniche attive:

    Guardia Neutrale: Questo potere permette alla Rosa di proteggere se stessa e coloro che ella desidera incanalando la propria forza spirituale nel desiderio di Proteggere.
    Consumo: Variabile
    Consumo: critico
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    Mi propongo per difendere tutti =D! Difesa ad area a critico:
    CITAZIONE
    Obeah - Guardia Neutrale: Questo potere permette alla Rosa di proteggere se stessa e coloro che ella desidera incanalando la propria forza spirituale nel desiderio di Proteggere.
    Consumo: Variabile
  14. .
    Fu un sollievo vedere le truppe sfilare attorno a sé, nonostante il cedere della siepe fatata spargesse nell’aria i suoni cupi e roboanti del suo progressivo cedimento. Lancelot prese la testa del comando, guidando celermente i militi al di fuori di quella gabbia, che presto si sarebbe trasformata in una trappola mortale. Si volse verso Leon, ma al suo fianco adesso, al posto dello spazio occupato dal Cavaliere e dalla sua cavalcatura, non c’era più nulla. In contemporanea – quasi senza che la Principessa Rossa avesse il tempo di realizzare cosa stesse accadendo – e in punti diversi della barriera eretta da Amelie, divamparono alcuni focolai di incendio, probabilmente appiccati da Leon stesso: la protezione si sarebbe dissolta – e per la Fata fu difficile ignorare la sofferenza inflitta ai rovi – ma avrebbe portato i ragni con sé.

    Stordita e confusa, per un momento la fanciulla vacillò, sentendosi mancare il terreno al di sotto. Lo sguardo corse freneticamente attorno, scorrendo i volti anonimi dei soldati: Leon non era più lì. Il suo baluardo, la luce dei suoi occhi, era stata inghiottita dalle fiamme dietro di sé. Non lo vide riemergere dall’incendio, e ad ogni secondo che passava, il suo cuore tremava mancando un battito. Amelie tirò le redini a sé, facendo ruotare il cavallo su se stesso per invertire il senso di marcia; opporsi alla fiumana era però impossibile, troppo potente e inarrestabile per riuscire ad attraversalo. Con la morte nel cuore dovette arrendersi all’evidenza: non le restava che sperare nell’abilità del suo Cavaliere di mettersi in salvo.

    Stava ancora tentando di riguadagnare il controllo di sé quando, dopo un lampo luminoso che la colse di sorpresa, apparve qualcosa di molto familiare ai suoi occhi verdi, qualcosa – o meglio, qualcuno – che riuscì a scaraventare la sua mente indietro nel tempo, a quando aveva appena iniziato a calcare il suolo dell’Est ed era conosciuta da tutti come Armand.

    In piedi su una creatura del tutto simile a un’idra, c’era una figura femminile. Amelie la riconobbe immediatamente, sgranando gli occhi e schiudendo le labbra in un moto di sorpresa. Era la stessa donna che aveva cercato di sottomettere il Faerie Wurm, portando Fanedell sull’orlo della rovina. La stessa, dannata donna, solo abbigliata in modo diverso… ma con la medesima pericolosità, in grado di mettere in pericolo la vita di tutti.

    Un brivido le corse lungo la schiena, e per un attimo rimase come paralizzata, preda di un curioso senso di deja-vù eppure confusa nell’incontrarla di nuovo dopo così tanto tempo. Dopo che così tante cose erano accadute, e dopo che la vita le si era finalmente schiusa davanti rivelandole la bellezza dell’essere al mondo. Era una strana sensazione quella, qualcosa che scosse via dalla pelle e dalla mente l’idea di essere di nuovo sperduta. Sperduta e sola.

    È vero, Leon non era più qui con lei e quella era una situazione realmente disperata, ma ciò – con suo grande, intimo stupore – non riusciva a strapparle via la speranza e quella strana consapevolezza che si stava facendo largo nella sua testa.

    Non doveva, non voleva aver paura.

    Non era più il ragazzino sperduto appena piovuto su Endlos, non era più la creatura spaurita e diffidente di un tempo, pronta ad aggredire tutto e tutti per difendersi nient’altro che dai suoi timori… Timori che sembravano giganteschi, ostacoli che apparivano insormontabili, e che, con le loro lunghe ombre cupe, riuscivano a oscurare anche il più luminoso degli orizzonti. Adesso era diverso. Adesso, Amelie era cresciuta.

    E se gli altri non riuscivano a percepirlo era lei a sentirlo in se stessa, nella parte più profonda del suo cuore: e questa era la cosa più importante di tutte, perché il suo animo tenero non sarebbe stata la debolezza del gruppo, ma la forza a cui ella avrebbe attinto fino a che le fosse stato concesso.

    La paura non era più una nemica da temere, ma una compagna. Perché è solo con la paura che si può trovare il coraggio. E lei ci era riuscita.

    Per questo, quando da una delle fauci dell’idra risalì un raschio abominevole che precedette di poco il getto di icore ialino diretto contro di loro, la Principessa non arretrò di un passo, e anzi strinse le redini della sua cavalcatura con maggior vigore, pronta a tranquillizzare l’animale se ve ne fosse stato bisogno.

    Con loro fortuna, Uriel evocò prontamente ciò che apparentemente sembrava un ammasso di ghiaccio, il quale riuscì a proteggerli dalla maggior parte del getto; sollevò un braccio per riparare il viso, ma avvertì comunque di essere stata in parte colpita.

    La cosa, però, sembrò non tangerla affatto.

    Sorrise Amelie, sorrise, e il suo sorriso sarebbe stato la sconfitta di chi avrebbe voluto vederla disperata. Si portò un dito alla bocca, mordendone con noncuranza la punta; subito, sulla pelle candida si affacciò il rubino del sangue, e la Fata allungò il braccio verso l’esterno per far cadere quella perla preziosa al suolo. Scivolò giù dal dito, e nel momento in cui impattò a terra… fu allora che la magia si sprigionò. Tutt’intorno a dove la Fata sostava – ancora in sella al suo cavallo – la natura sbocciò con tutto il suo stupendo ardore, reagendo istintivamente al sangue che ne trasportava la magia.

    «Cattiva, cattiva idra… lo sai che queste cose non si fanno?»

    Per la Fata, però, quello era solo un pretesto: in parte era un gesto di rivalsa, per ricordare alla circense come non fosse riuscita a sopprimere ciò che con tanta ostinazione si era impegnata a distruggere. In parte, voleva essere una piccola distrazione, sebbene non certo di grande impatto. E in parte, era ciò che sarebbe servito alla sua mossa successiva.

    Questo perché l’obiettivo della Fata era un altro, e se il piano fosse andato in porto, allora per la succinta avversaria le cose si sarebbero complicate un po’. Imitando i gesti eseguiti poco prima, la fanciulla alzò entrambe le braccia con un movimento convergente verso lo zenith al di sopra del suo capo. In risposta a quei movimenti, altri viticci ornati di rose scarlatte proruppero dal terreno, rinnovando il prodigio compiuto pochi istanti prima. I tralci, questa volta, miravano al collo e alle fauci dell’idra, impegnate a pasteggiare con la carcassa del cavallo di sua madre – per fortuna rimasta illesa.

    Avendo ben chiaro l’avvertimento di Arthur – e lei era pur sempre la Corona di Obeah – la Fata non mirò a ferire l’animale, bensì a immobilizzarlo. Se fosse riuscita col suo incanto a stringere i colli e le bocche dell’idra nelle spire del suo roseto, allora la capacità della bestia ne sarebbe risultata compromessa. Dopotutto, lei lo sapeva bene: non è sempre necessario ferire per conquistare la vittoria.

    E mentre lo pensava, fissò la circense in volto. Non si sarebbe mai arresa. Mai.

    So you can hurt, hurt me bad
    But still I’ll raise the flag.


    Status mentale: ottimale, arrabbiata e frustrata

    Status fisico: lievemente ferita

    Mana: 90%-20%-5%= 65%

    Passive:

    Sang Real
    La magia di Arcadia che scorre nelle vene di Armand impregna sino all’ultima stilla del suo sangue. Spesso fatto oggetto di ricerca e di cacce di sangue tanto da umani, che vogliono sfruttarne le proprietà per i propri scopi, quanto dalle altre creature sovrannaturali -in particolare dai Vampiri-, il sangue di Fata ha un odore dolcissimo – come il miele più pregiato – e sapore inebriante, particolare, del tutto inusuale, e causa una forte dipendenza in chi lo assaggia o ne inala il profumo, tale da sfociare nell’ebbrezza. Non ha il tipico gusto ferroso e l’odore acre che dovrebbe caratterizzarlo, ma racchiude in sé tutti i sapori più piacevoli che la creatura – vampiro o umano che sia – abbia mai sperimentato nella sua vita, e che cambiano ad ogni sorso; taluni dicono che sappia di fiori e di erba tagliata di fresco, talaltri di caramello, altri ancora di miele e ambrosia, o di altri cibi assolutamente deliziosi. Tuttavia questo piacere ha un prezzo: il solo assaggiarlo o sentirne l’odore causa difficoltà nel distinguere la realtà dal sogno, i bisogni dai desideri – anche i più lesivi – può provocare persino allucinazioni, la cui intensità e durata dipenderà dalle facoltà psicologiche del soggetto, e mai oltre i due turni di durata.
    Essendo pregno della forza vitale della Natura – la più selvaggia e indomabile –, il sangue fatato può provocare la crescita improvvisa di una folta vegetazione laddove cada al suolo; non sono piante magiche e non ubbidiscono ad alcun comando, è solo la Natura che si risveglia al suo tocco: per influenzarle – così come per influenzare qualsiasi altro tipo di vegetazione –, Armand dovrà usare attivamente i suoi incanti.
    La magia che lo satura lo rende anche un ottimo catalizzatore e reagente per incantesimi e reazioni alchemiche, potendo sostituire uno dei componenti nel caso sia mancante, e di dar vita esso stesso a incanti di origine sovrannaturale.
    (Consumo: Basso)

    Tecniche attive:

    Convenzione della Rosa e delle Spine: universalmente la rosa è simbolo del segreto, delle cose da non rivelare o da trattare con la massima discrezione. I suoi petali, sovrapposti in modo concentrico, si raccolgono in un bocciolo centrale che in molte varietà non si schiude mai del tutto: un piccolo e delicato scrigno che non deve essere forzato per nessuna ragione. Non a caso, la rosa ancora chiusa incarna la castità femminile, mente quella aperta simboleggia le bellezza effimera della gioventù.
    Questo, probabilmente, è l’incanto maggiormente offensivo tra quelli a disposizione del ragazzo: all’immediato ordine di Amelie, dal terreno sotto e intorno a lei emergono fitti tralicci di rovi spinosi, duri come l’acciaio, sinuosi come serpenti, e adorni di bellissime rose di ogni varietà e colore. I fasci spinati possono muoversi secondo il volere dell’incantatrice, ubbidendo prontamente al suo pensiero e muovendosi in tutte le direzioni entro il loro raggio di azione (5 metri a basso, 7 medio, 10 alto, 15 critico).
    Una volta evocati le schiere di rovi, al prezzo d’un supplementare consumo d’energie e di uno slot tecnica, le affilate spine possono staccarsi dai rovi e venire scagliate contro il nemico in una fitta pioggia di dardi vegetali.
    Colpire Amelie, o anche solo avvicinarsi a lei, diventa assai difficile durante l’impiego della magia, sebbene per la Fata sia impossibile utilizzare le altre tecniche, poiché i viticci lo proteggono fedelmente mentre perseguono nel tentativo di avvilupparsi attorno all’avversario, di sferzare i loro cirri resistenti e di colpire con le loro spine l’intruso ostile. Inutile dire come queste fruste arboree siano in grado di sminuzzare facilmente le sostanze più robuste.
    Consumo: alto
  15. .
    Benvenuta =)
3002 replies since 1/1/2010
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