Una notte troppo nera

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    Bimbo Sperduto

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    Il dorso del drago di pietra rubava agli uomini in marcia il sole ben prima del tramonto, costringendoli a soste prolungate. Difficile proseguire al buio: troppo scivoloso il terreno e troppo minacciosi i crepacci – e il loro aspetto non andava certo migliorando. La spedizione alla ricerca dei filatteri di uno dei Lich che infestavano il presidio settentrionale aveva raccolto assieme mercenari e soldati regolari, profughi e professionisti della guerra. Alcuni puntavano gli occhi verso le vette, in cerca di qualche corpo da fare cadavere, in nome di un desiderio di vendetta assopito dal freddo e dalla stanchezza; altri si accontentavano di restare vicini agli uomini del committente, per garantirsi un posto in prima fila durante la distribuzione dei pasti o dell’oro.
    Una liscia parete rocciosa si alzava per qualche decina di metri alle spalle degli uomini, riparandoli dai venti che sbranavano la pelle e fermavano il sangue. Attorno ad alcuni fuochi si radunavano i membri della spedizione, restando vicini per non lasciar scappare via il calore. Mangiavano e bevevano poco, ma agitavano i bicchieri come se fossero pieni di liquori dolci e caldi, vini speziati da gettare nello stomaco con una gioia violenta, e leccavano il piatto nonostante il sapore amaro della carne, che il freddo rendeva difficile masticare. I membri di una tribù che abitava alle pendici dei monti (avevano nomi che sfuggivano alla memoria) raccontavano storie divertenti e tutti ridevano con loro; alcuni mercenari venuti da sud insegnavano a giocare ai dadi e, da qualche giorno, avevano smesso di barare.

    Leonard ascoltava i discorsi lasciati andare ad alta voce, nonostante i rimproveri degli uomini di guardia. Ancora scosso per il recente arrivo in quella realtà, aveva passato i primi giorni in disparte; era tuttavia impossibile non sviluppare un qualche legame con i compagni di un viaggio simile, fatto di passaggi stretti e mani che si tirano a vicenda nel momento del bisogno. Pur rifiutandosi di partecipare ai loro giochi, era riuscito a concedersi il lusso delle risate.
    Si sentiva a suo agio. Nel mondo che aveva abbandonato, ben più di una volta si era trovato in situazioni simili – anche se, anziché il bianco della neve, a circondare tutto c’era quello della nebbia. Jonas e Fiona, due dei suoi compagni di caccia, sapevano come intrattenere il resto del gruppo: raccontavano aneddoti divertenti a bassa voce, scherzando sui superiori della Cattedrale, oppure cantavano canzoni dolci, durante i viaggi di ritorno (quando tutti si sentivano più al sicuro). Jonas aveva una bella voce e Fiona sapeva battere il ritmo con strumenti improvvisati. A starli a sentire, gli Alchimisti si dimenticavano anche l’odore del sangue che avevano addosso.

    Nonostante tutto, la Piuma di Corvo non era a suo agio. Il suo occhio rosso vedeva spegnersi le stelle. Il buio richiamava a sé persino le fiamme dei falò, e vedeva correre a riparo persino il vento. I pochi animali ancora presenti, che aiutavano a trasportare attrezzature e provviste, sembravano tranquilli: che fosse lui a trovarsi al centro di qualcosa? Si spostò nella tenda, per evitare che la sua inquietudine si trasmettesse anche ai vicini. Aveva imparato, nel tempo, a capire gli spiriti: quasi nessuno si preoccupava di non essere visto, dal momento che sono abituati a essere ignorati dagli uomini. Qualsiasi cosa si trovasse in quel momento vicino a lui invece si muoveva furtivamente, lasciando che le sue impronte si confondessero con il buio pesto che andava spargendo.
    Accese l’Atanor, poggiandolo su un piccolo angolo innevato, lontano dai bordi della tenda, e si mise a sedere. Gettò nel forno poche gocce del sangue di una volpe che aveva trovato su di una parete rocciosa, qualche ora prima: era morta da poco, probabilmente a seguito di una caduta. Aggiunse nella camera un po’ di acqua e aspettò finché il vapore non cominciò a salire denso. Lascio che entrasse nel suo naso e nella sua bocca, prima di chiudere gli occhi, tenendo stretta sia la pistola, che la lama. Mentre cadeva preda di un sonno irrequieto, avvertì la presenza avvicinarsi a lui; si lasciò avvolgere dall’ombra.

    Ciao! Ho inserito, oltre al contesto, anche qualche appiglio sulla storia passata di Leonard che, se ti sembrerà il caso, potrai utilizzare a piacimento. Per qualsiasi cosa chiedi pure!

    Scheda: link;
    Avventura citata nel post: Phoenix of Sadness;

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    Dopo una lunga convalescenza a seguito dell’incidente, gli alchimisti più esperti capirono qualcosa in più rispetto al dolore e alle visioni che Leonard lamentava. Un contatto fugace con l’essenza della Rubedo aveva dotato il suo occhio della capacità di vedere oltre, di scorgere gli spiriti che si celano dietro i confini dei cinque sensi: il tono rosso assunto dalla pupilla lo testimoniava. Purtroppo la mente acerba di Leonard, nel costante tentativo di tradurre nella sua lingua – la logica – ciò che l’occhio sinistro vedeva, ammorbava il cacciatore con visioni raccapriccianti.
    Nonostante l’incubo in cui spesso si trova catapultato, questa capacità gli ha permesso di scovare nemici altrimenti invisibili durante le cacce nel mare di nebbia. Gli alchimisti votati al bianco sono però convinti che l’occhio finirà per trascinarlo verso la pazzia.
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  2. Ljev Gauss
     
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    Che non fosse più la stessa realtà di prima, era un dato di fatto. La tenebra lambiva ogni direzione in eguale misura, senza favoritismo verso il cielo o verso la terra. Pareva un abisso arrotolato alla rinfusa, e lasciato ad asciugare all'aria. Laddove l'umanità per secoli si era aspettata di vedere il sole, o di notte la luna, sostava invece un volto pallido e dalle orbite scavate di nero. A fissarlo troppo a lungo sembrava quasi di morire, condannati a non poter guardare altro per il resto dell'eternità. Bianco, immacolato, pieno di ammonizione, il viso immobile gettava una penombra lattiginosa su un terreno brullo, mentre l'aria restava in silenzio al cospetto di uno spettacolo così assurdo da poter passare per vero e inconfutabile.

    C'era una falce di luna, a fianco di quel volto; e sopra di esso e a lato, due sfera di colori opposti, ossidiana e avorio. Era forse assurdo parlare di colori, descrivere gli oggetti come se la luce potesse davvero toccarli: lì, nello spazio che sostava oltre la veglia, le cose apparivano per come erano, ovvero neutre e contrarie. Cenerine, quasi appena riarse ma mai davvero bruciate.

    La tenda dove dormiva l'alchimista respirava di vita propria, sussurrandogli di aprire gli occhi e accettare la situazione in cui la sua coscienza era appena scivolata.



    Piume, piume corvine.
    Sapevo il mio corpo essere altrove, sollevato e trasportato da braccia a me estranee. C'era un certo Denver, l'odore di una sigaretta strozzata a metà; il tonfo a terra, quelle piume d'ebano turbinare verso il mio petto e poi un dolore, non prettamente fisico eppure freddo come l'inverno e duro quanto la pietra.
    Ero morto? Oh, sognavo spesso la morte.
    La sognava di notte, la sognavo ad occhi aperti; avevo iniziato a considerarla un'amica, un appuntamento fisso, un tè delle cinque che continuavo a rimandare senza che lei si sentisse offesa. D'altronde, potevo forse arrivare in ritardo?

    Dalle esperienze con i miei pazienti avevo avuto conferma di questo strano fenomeno: quando la coscienza è sopita, scossa, presa a calci nello stomaco, la prima reazione è quella di provare a muovere le mani, cercare di vedere dove sono le dita. Nella psicologia non c'era traccia di spiegazione sul perché l'umanità avesse bisogno di conferma tramite due paia di appendici, eppure lo aveva fatto per millenni. Chi ero io, Ljev Gauss, per interrompere quella tradizione.
    Mi resi conto in fretta che il concetto di 'umanità' non era certo declinabile così facilmente alla situazione in cui mi trovavo, e per due ordini di motivi: intanto, non c'era un corpo da guardare, né delle mani da cercare; e secondo, ciò che la mia mente concepiva come contenitore del mio Io era un guscio di fumo nero, limitato in una sagoma che appariva umanoide ma che di umano non aveva granché.

    Qualcosa di familiare tuttavia era rimasta: la solitudine. La percepivo, ovunque, e mano a mano che i miei occhi
    - o ciò che al loro posto stava dipigendo il panorama intorno a me -
    si abituavano all'oscurità illuminata a sera, riuscivo a dare un nome a quella solitudine.

    «... No... No, per favore...»

    Ma era un nome che non volevo pronunciare, uno Spazio che avevo promesso mai più di visitare.



    Perché Ljev aveva già visto quel posto.
    E Loro avevano visto Ljev.


    Perdona la risposta così "rapida" ma ero decisamente ispirato. Se ho sbagliato qualcosa o se hai dubbi, contattami pure.

    L'immagine è un'opera di Zdzisław Beksínski.
    Il corsivo lo lascio a un narratore 'esterno', descrittivo; i dialoghi in nero e il non-corsivo è il punto di vista di Ljev, il mio personaggio.
    Il link alla scheda lo trovi in firma ma non penso serva allo stato attuale.
    Il riferimento al corvo nero è legato a ciò accaduto durante l'arrivo di Ljev su Endlos - il che rende il tutto ancora più inquietante, if you ask me.
     
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    Bimbo Sperduto

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    L'ombra lo aveva portato altrove. Non sentiva più nelle narici l'odore emanato dalla poltiglia nera – il composto in divenire che precede l'arrivo del bianco, nel processo alchemico tramandato all'interno della Cattedrale. Gli stracci coperti di pelli, che facevano da pareti a quella tenda, si agitavano spinte da un vento che non aveva né origine, né direzione. Leonard aprì gli occhi e sospirò: non c'erano altri rumori oltre a quelli provocati dai suoi vestiti, irrigiditi da un freddo che, come tutto il resto, sembrava svanito senza lasciare traccia. Si guardò intorno: i colori sbiadivano, lasciando spazio al grigio, come se questo fosse sempre stato lo sfondo della realtà – fino all'avvento della luce e del buio.
    Fissò al braccio la lama a percussione. Strinse con forza l'impugnatura: anche il suo tatto sembrava offuscato, ancora in preda al sonno. Fissò di nuovo l'Atanor attorno alla cintura (il suo fuoco aveva smesso di fare luce, ma non era ancora spento) e sfoderò la pistola, prima di uscire dalla tenda.

    Le gambe si bloccarono quasi subito. I piedi cercavano un solido appoggio su quella distesa arida: non c'era traccia della neve. Non era stata tuttavia la terra a farlo tremare; a sconvolgerlo fu il cielo, rapito da delle sagome che mai aveva visto prima. Due punti, uno chiaro e uno scuro, uno lembo di luna e un volto immobile. Provò a chiudere l'occhio sinistro, nella speranza di farle svanire, ma tutto rimase immutato. Vedeva tutto chiaramente: sembrava un sogno trascinato nella realtà.
    Non riusciva a distogliere lo sguardo da quello spettacolo. Impietrito, aspettava un qualche cambiamento su quel volto pallido che infestava la notte. Avrebbe trovato di gran lunga più confortante il buio totale, ma qualcosa lo obbligava a spalancare gli occhi. Le sue armi erano solo un peso: cosa avrebbe potuto fare? Sparare contro il cielo, nella speranza di farlo crollare? Desiderò ardentemente un nemico da combattere.

    Poi, improvvisamente, venne scosso da una speranza che credeva sepolta. Abbassò la sciarpa che gli copriva metà del volto e, rompendo il silenzio, urlò con tutto il fiato che aveva in corpo:
    "Siete voi, spiriti, che mi avete trascinato via dal mio mondo? Siete tornati per riportarmi a casa?"
    Il cielo non rispose e la Piuma di Corvo si chiese perché mai, dopotutto, avrebbe dovuto dargli ascolto.

    Perdonami ma non sono stato in grado di rispondere con la stessa rapidità. :)

    Scheda: link;

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    Dopo una lunga convalescenza a seguito dell’incidente, gli alchimisti più esperti capirono qualcosa in più rispetto al dolore e alle visioni che Leonard lamentava. Un contatto fugace con l’essenza della Rubedo aveva dotato il suo occhio della capacità di vedere oltre, di scorgere gli spiriti che si celano dietro i confini dei cinque sensi: il tono rosso assunto dalla pupilla lo testimoniava. Purtroppo la mente acerba di Leonard, nel costante tentativo di tradurre nella sua lingua – la logica – ciò che l’occhio sinistro vedeva, ammorbava il cacciatore con visioni raccapriccianti.
    Nonostante l’incubo in cui spesso si trova catapultato, questa capacità gli ha permesso di scovare nemici altrimenti invisibili durante le cacce nel mare di nebbia. Gli alchimisti votati al bianco sono però convinti che l’occhio finirà per trascinarlo verso la pazzia.
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  4. Ljev Gauss
     
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    Il grido danzò nel silenzio della penombra, infrangendosi contro un muro d'invisibile indifferenza.
    Nessuno rispose all'alchimista, nemmeno l'eco ebbe il coraggio di comparire in quel luogo.
    Cadde nuovamente il vuoto, opprimente, fluido tanto quanto l'aria e compenetrante ogni fibra della (sur)realtà che aveva inglobato l'uomo.

    Dalle pieghe della terra, all'improvviso, si inarcò un rivolo di melma scintillante, un filamento che sotto il pallore del volto fissato al cielo ricordava l'argento vivo, pur essendo scuro quanto la notte e più denso della pece. Contorcendosi su se stessa, la sagoma divenne più e più grande, fino ad attorcigliarsi in una geometria che non aveva alcunché di razionale.


    Forse l'achimista avrebbe sprecato qualche manciata di secondi per capire come un unico filo, spesso quanto un capello, fosse riuscito a tramutare in una forma umanoide, del suo stesso volume ma delle proporzioni incastrate in una postura felina.


    Sentivo la gola accartocciarsi, asciugarsi di ogni goccia di saliva; le mucose annaspavano in un lavoro che le avrebbe costrette a farmi deglutire mille e una volta di più, fino a riuscire a darmi il tempo di un respiro, con la speranza di arrecare anche solo un attimo di sollievo.
    Ero già stato a piedi nudi su questa terra brulla, e la maschera bianca nel cielo mi aveva già raccontato storie che nessuna mente umana dovrebbe mai ascoltare - e tantomeno comprendere.
    Avevo già visto la follia piovermi addosso, proprio mentre il mio corpo terreno metabolizzava quella droga così perfetta e così sconosciuta. Seguendo il flusso di acidi nel sangue, le sinapsi mi avevano trasportato qui, in quello che per me era il Cancello per Gòlgoth.

    C'era però un fattore di disturbo: stavolta, non ero solo.
    Davanti a Vertebra, l'abominio, potevo intravedere una figura umana, spalle che sembravano appartenere a un uomo.

    «È tutta colpa mia, è solo colpa mia... È colpa mia... È colpa mia...»

    Com'era potuto accadere?
    Perché, perché avevo trascinato qualcuno con me in quell'abisso?
    Tutti gli anni passati ad arrestare i sussurri da Gòlgoth, a zittire i Loro inconcepibili misteri, tutto si era forse ridotto all'aver condotto qui una vittima, un altro ponte verso la realtà?

    L'evocazione che ti trovi davanti, Vertebra, non è al momento minacciosa.
    Non ha caratteristiche particolari se non un'aura di terrore passiva: hai totale libertà su come interpretare il "terrore" in questo caso.

    Perdona il ritardo.
     
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    Bimbo Sperduto

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    No, non era tutto opera del suo occhio sinistro. Animata da volontà propria, una parte di quell’ombra che lo aveva circondato e rapito aveva assunto fattezze quasi umane. Contorta in una posizione bizzarra, con un volto orrendamente minuscolo, rapiva lo sguardo disgustato di Leonard. Sembrava innocua, ma non poteva fare a meno di puntargli contro la pistola. Non aveva artigli né mostrava zanne, ma il dito indice dell’Alchimista era pronto a reagire a qualsiasi movimento. Cercò di recuperare il controllo sul respiro: non si era mosso, ma aveva il fiato corto.

    Sentì arrivare, da dietro di lui, la voce di un uomo. Si voltò di scatto, piegandosi sulle ginocchia, mantenendo però l’arma da fuoco fissa in direzione dell’abominio – che sembrava essergli ancora indifferente. Era colpa sua: lo ripeteva ossessivamente. I vestiti che indossava non erano tanto diversi da quelli della Piuma di Corvo; lo sconosciuto era di certo più elegante, ma il suo stile era molto lontano da quello degli uomini che aveva incontrato fino ad ora sul dorso del drago di pietra.
    Il suo occhio rosso vedeva il turbamento dell’uomo che aveva davanti: era vittima come lui di quell’incubo, ma allo stesso tempo la sua situazione sembrava essere diversa. Leonard non poteva essere certo che fosse reale – non sarebbe stato prudente neppure lasciarsi accecare dai fumi della Nigredo, abbandonandosi al suo istinto di cacciatore. Forse poteva liberarsi da quell’angoscia che gli comprimeva il torace, ma avrebbe rivolto l’arma nella giusta direzione?

    Datti una calmata e parla chiaramente: a cosa ti riferisci?”, disse allo sconosciuto. Era il massimo della cortesia che poteva permettersi, in una situazione del genere. Continuava a tenere d’occhio la strana presenza al suo fianco, sempre più convinto di doversene liberare al più presto.
    Conosci questo posto e l’oscurità che lo abita?
    Mentre si chiedeva in che modo avrebbe potuto praticare l’alchimia in una situazione del genere, contava i secondi che lo separavano da una risposta o dall’esaurirsi della sua pazienza. Era davvero ancora opportuno parlare di tempo? L’unica cosa certa era che il forno in miniatura al suo fianco continuava a lasciar scappare piccoli rivoli di fumo bianco, come un incenso dall’odore acre.

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    Nonostante l’incubo in cui spesso si trova catapultato, questa capacità gli ha permesso di scovare nemici altrimenti invisibili durante le cacce nel mare di nebbia. Gli alchimisti votati al bianco sono però convinti che l’occhio finirà per trascinarlo verso la pazzia.
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  6. Ljev Gauss
     
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    Si affacciò dal nulla un rintocco, cristallino. Pareva il rumore di una goccia d'acqua in caduta libera, amplificato però di circa dieci o cento magnitudini. E nonostante raggiungesse i timpani dei presenti, vibrandone ogni componente, la sensazione era che quel suono fosse qualcosa di inconcepibile per l'orecchio umano.

    – Bwriiii... Tor.

    La maschera di Vertebra non s'era mossa eppure, a guardarne la bocca, si aveva l'impressione che comunque delle parole fossero uscite da quel volto; parole che non avevano un senso, parole che non trovavano corrispondenza in alcuna lingua, parole che giunte alla coscienza dell'alchimista si sarebbero rimescolate e
    sublimate
    in un solo concetto:

    nebbia.

    – BWRIIITOR, BRWIITOR!

    BRWIITOR BRWIITOR BRWIITOR BRWIITOR


    C'era un'eccitazione inquietante in quella creatura, incardinata oltre il fisico contorto che nel frattempo aveva iniziato a danzare su di sé, roteando in senso orario a volte, e saltellando in equilibrio su un'appendice alla volta; era una danza disarmonica, opprimente, la stessa che molti avrebbero raccontato come quella che l'anima fa poco prima di abbandonare per sempre il corpo.


    Riavvolsi nella mente, con fatica, le ultime ore vissute, aggrappandomi con violenza alle poche briciole di memoria che riuscivo a raccogliere con delle mane invisibili mosse freneticamente dalla coscienza. In questi quadri confusi, dipinti senza una chiarezza né una comprovata verità, vedevo me arrivare su un'isola nel cielo, e poi parlare con un uomo, e subito dopo cadere a terra.
    Colpito da un corvo.

    «Fottutissimo corvo, CHE TU SIA MALEDETTO!»

    Al grido che lasciai andare segui un bagliore nel cielo, un flash proveniente dall'enorme volto bianco ancorato a quella volta oscura. Durò meno di un millisecondo, e fui quasi dubbioso sulla sua reale apparizione; nulla era certo nel luogo in cui mi trovavo, e niente poteva essere allo stesso tempo meno falso di tutta la penombra che mi circondava.
    Era come sentirsi a casa.

    «Questo è Gòlgoth.»

    Non mi resi subito conto di ciò che stava accadendo, e di come la mia voce suonasse dislocata, proiettata in un punto diverso da quella che sarebbe dovuta essere la mia bocca.
    Non proveniva più da me, o meglio, non direttamente.
    La mia voce era dentro Vertebra, e da Vertebra la percepivo provenire verso di me.

    Ljev maledice il corvo riferendosi a Carl, il suo (ex)famiglio... ma non è al corrente del soprannome del tuo personaggio :>
     
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    Bimbo Sperduto

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    La situazione stava precipitando verso l’assurdo. Sembrava in caduta libera, senza possibilità di essere fermata – un cavallo imbizzarrito della peggior specie. Quella figura contorta su sé stessa stava provando a parlare? Un suono disarticolato più che un verso casuale: mentre ballava come in preda al peggiore dei liquori, quel rumore che (solo a tratti) sembrava uscire dalla sua bocca cominciò ad assumere una forma quasi visibile agli occhi – o per meglio dire, a uno dei due: stavolta davvero si trattava di un qualcosa captato prima di tutto sul piano spirituale.

    Il suono si infranse nel nulla e cominciò a esistere come una polvere tinta di rosso. Si muoveva leggera nell’aria e ogni piccola perturbazione la faceva sobbalzare ed espandere. La danza orrenda della creatura la spinse fino ai piedi dell’alchimista, che ritrovò quel velo di nebbia che scivolava tra le porte e le finestre della Cattedrale. Per poco non gli partì un colpo di pistola: che si trattasse davvero di una Bestia nata nella (dalla?) sua stessa realtà?

    A distrarlo da una divagazione che lo stava già trascinando lontano – era forse quello il suo scopo? – ci pensò l’altro uomo presente, che non trovò altro di meglio da fare che offendere e maledire la Piuma di Corvo e l’ordine di cui faceva parte. La pazienza di Leonard, logorata dalla stanchezza e dai lamenti martellanti della belva, lo portò a mostrare allo straniero la lama che portava attaccata al braccio.

    Che sia un sogno o l’inferno poco importa: se credi che ti permetterò di sputare su di me e sul mio Ordine, ti sbagli di grosso” disse, con fare minaccioso.
    Due cose però gli impedivano di saltargli addosso immediatamente: quell’angosciante presenza al suo fianco (quali altre evoluzioni aveva in serbo per lui?) e il fatto che l’uomo sembrava ancora troppo inebetito per scatenare nell’alchimista reazioni aggressive. Leonard era confuso: troppe cose gli parlavano della sua casa, ma al tempo stesso sapeva che la sua mente era ancora troppo sensibile alla nostalgia. Inoltre, la parola “Gòlgoth” stonava con tutto il resto. Gli era del tutto estranea e, per questo, la percepiva come una minaccia: un’ottusità che gli era sempre sembrata necessaria, quando ogni cosa nascosta tra la nebbia sembra aspettare il momento giusto per divorarti.

    Ma che inaspettate situazioni imbarazzanti. :geez:
    Scusami ancora per il ritardo. Che stavamo dicendo di maggio?
     
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  8. Ljev Gauss
     
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    Quando gli intenti di Leonard divennero princìpi di azione, Vertebra vibrò di piacere e anticipazione; fremeva senza controllo, ora danzando ora bloccandosi in pose contorte e dolorose alla vista. Ci fu un istante di totale stasi, un unico secondo in cui persino i cuori dei presenti smisero di battere, e tutta la luce sembrò sussultare al cospetto di quella inverosimile coincidenza.
    Il volto in cielo si incrinò, spezzandosi poi in frammenti di argento vivo che piombarono a terra come uno sciame di meteore: le gocce cromate sfiorarono l'alchimista, e Vertebra, e persino Ljev, quasi possedessero una volontà tutta loro capace di sovvertire le leggi della fisica - sempre che di leggi e di fisica si potesse ancora parlare in quel frangente.


    – Buh.

    E a quel suono, un sussurro ben scandito, seguì un'oscurità totale, abbacinante, talmente profonda da spegnere qualsiasi percezione di qualsiasi natura. Per un solo attimo, fu come morire, giungere al vuoto, trovarsi al cospetto con la conferma che nulla vi è dopo la morte e che nulla c'è mai stato prima.
    All'orizzonte sconfinato della pianura in cui Leonard e Ljev si trovavano iniziò a sorgere un bagliore, il quale si assestò come una lunga linea di luce bianca pulsante; sembrava che sotto di loro ci fosse un intero lago di soli in piena attività, intrappolati nella terra, e che solo ai limiti del piano orizzontale qualcosa di quella luce riuscisse a filtrare. Era una penombra verticale, una specia di delimitazione della realtà e della follia.

    Dell'incubo contorsionista non v'era più traccia, e di Ljev rimaneva ben poco se non un involucro di pura tenebra; le fattezze dell'uomo erano sublimate, perdendo qualsiasi tratto definitorio, involvendo in una sorta di manichino di ombra dalla superficie levigata. Laddove chiunque si sarebbe aspettato un volto c'era solo una fessura grigiastra, simile a una bocca alla quale però non corrispondevano né occhi né altri tratti somatici.




    Ordine? Quale Ordine? Chi era quell'uomo e cosa voleva da me?
    E, soprattutto, cosa ci faceva su Gòlgoth?
    Perché Loro volevano anche lui, forse non gli bastavo più? Ero soltanto una pedina per il loro arrivo, un'eccezione ai siglli che li avevano bloccati per un tempo che non poteva essere misurato?
    C'era un firmamento di domande che correvano senza sosta nella mia testa, e ruotavano all'impazzata cambiando prospettiva e significato.
    Poi, una collisione.
    Il suono dell'impatto, e la scintila che grida al cortocircuito.
    Quando la pioggia d'argento violò il silenzio cromatico del cielo, vidi in ogni singola goccia un frammeto della mia esistenza.
    Vidi Lucille, vidi Emeraud, vidi Carl - quel fottutissimo corvo - e vidi il rettangolo di acido lisergico, vidi il mio dolore dell'infanzia, vidi la morte dei miei genitori, vidi la morte del mio ego. Era una vita dipinta a puntini, un'impressione in caduta libera proiettata ovunque nell'atmosfera che mi circondava.

    Quello spazio ero io, non era Gòlgoth.
    Gòlgoth non esisteva, non era mai esistita. Quello spazio ero io, era la mia Demenza.
    Un lampo annientò l'equilibrio di luci e penombra, gettandomi in uno stato di incertezza e rivoluzione. Non sentivo più l'aria sulla pelle, e sapevo che nessun input corporeo corrispondeva a realtà osservabili, esperienze esperibili.
    Sentivo che il mio dolore aveva preso forma in una tenebra appiattita, componetrante ogni angolo di quella terra senza confini.

    «Sono stato uno sciocco.»

    Mentre la mia psiche cercava di raccogliere i cocci di un vaso infranto anni ed anni prima, i ricordi perdevano consistenza e sentivo la vita scivolarmi via dalla coscienza. Non ero più Ljev Gauss, o meglio, ero ora davvero Ljev Gauss in un modo in cui non potevo esserlo prima.
    E nell'orrore di quella rivelazione tutto mi appariva... euforico.
    C'era uno spiraglio di follia nella mia condizione, ed era come sentirsi a casa.
    Finalmente a casa mia.


    Che è un mese da dimenticare. :/

    Anyway, se prima potevi pensare che Ljev fosse strano, ora ti dà davvero l'impressione di essere fuori di melone.
    A te la mossa, puoi anche attaccare se ciò ti dona serenità :3
     
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    La luna si spense, piovendo al suolo in milioni di pezzi, lasciando campo libero all’ombra. Per un attimo rimase solo e, senza bisogno di chiudere gli occhi, si trovò avvolto dal sogno. Sentì sulla sua spalla posarsi la mano di Judith, uno dei maestri della Cattedrale; l’autunno non riusciva a scrollarsi di dosso il caldo. Ora, come allora, era notte – una notte di caccia.

    “Dentro le case si parla, qui devi solo pensare a uccidere”, diceva la donna all’orecchio di Leonard, che teneva sotto tiro un uomo in preda agli spasmi. Non c’era luna: solo le fiammelle degli Atanor degli alchimisti, disposti in cerchio attorno a quella preda indifesa, permettevano agli occhi di vedere qualcosa.
    Allora aveva premuto il grilletto. Quel boato se lo portava ancora dentro e continuava a indicargli il percorso da seguire. Le urla di dolore di quella bestia in procinto di nascere e il sangue assieme nero e rosso che macchiava la terra non lasciavano spazio a giudizi morali: quello era il modo in cui si doveva vivere, in un mondo in cui tutto ciò che è estraneo cerca di ucciderti.

    Mentre dall’orizzonte una debole luce tagliava nuovamente in due lo spazio, Leonard pensò che alla fine non era cambiato niente. Lui e le bestie non avrebbero mai smesso di incontrarsi e di darsi la caccia. Quella visita notturna lo aveva scosso in un momento in cui aveva abbassato la guardia, rimettendolo in riga: i canti attorno al fuoco di quella spedizione lungo il dorso del drago di pietra lo stavano rammollendo.
    Fissava con freddezza la sagoma di oscurità che aveva avvolto lo sconosciuto, ormai tutt’uno con l’ambiente circostante. La figura deforme di prima era scomparsa, portando via con sé il peso che stringeva il petto dell’alchimista. Quella specie d’uomo che aveva davanti si era rivelato parte stessa di quell’architettura nera: la conferma gli fu gradita, perché lo legittimava ad agire.

    Sono stato uno sciocco”, disse lo straniero.
    Leonard chiuse l’occhio sinistro, per mettere a tacere ogni traccia spirituale: gli sarebbe bastato quel corpo, di cui ora voleva solo assaggiare la consistenza. Il dito indice tirò indietro il grilletto; dalla pistola partì un colpo, diretto a quello che rimaneva del corpo dello sconosciuto. La piuma di corvo era lontana da casa: doveva solo pensare a uccidere.

    Ne approfitto immediatamente!

    Equipaggiamento utilizzato

    Pistola
    Così come le lame a percussione hanno preso il posto, tra i cacciatori del Mare di Nebbia, delle spade tradizionali, allo stesso modo le armi da fuoco si sono sostituite ad archi e balestre. I vecchi armamenti trovano ormai posto durante le cerimonie: troppo difficile perforare la pelle spessa degli abomini senza l’ausilio di polvere da sparo o di altri ritrovati della tecnologia.
    Questa pistola a colpo singolo spara proietti a grande velocità, in grado di perforare le difese naturali delle bestie cacciate dalle Piume di Corvo. Le dimensioni ridotte la rendono una candidata ideale una lama a percussione. Dato l’ambiente per la quale è stata progettata, risulta particolarmente resistente all’umidità e, più in generale, all’acqua.
    Arma da fuoco – Pistola a colpo singolo
     
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  10. Ljev Gauss
     
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    L'esplosione lanciò il proiettile nella mia direzione, smuovendo sia le particelle d'aria sia le strane ed eteree frequenze che abitavano quella particolare atmosfera. Non ebbi necessità di reagire muovendomi, poiché era la Demenza stessa a esigere che le mie prorità fossero rispettate e che nulla potesse mancarmi di rispetto. Una dissonanza nel tessuto della realtà creò davanti a me un disco traslucido, dai riflessi scuri come la penombra che ci stava cullando; l'offeso metallica impattò senza raggiungere il suo vero obiettivo, finendo a terra priva di scopo.

    «Fossi in te, non lo rifarei.»

    Dei suoni metallici rotolavano fuori dalla mia bocca, o meglio, dalla fessura che interrompeva in orizzontale la superficie continua che era diventata la mia faccia. Non potevo provare alcun sentimento verso quell'intruso, eppure nei recessi della mia mente sapevo che un avvertimento sarebbe stato un atto quantomeno dovuto nei confronti dell'uomo sopravvissuto alle danze di Vertebra.

    «D'altronde c'è una remota possibilità che, uccidendomi, tu venga rimosso completamente dalla realtà in cui ti trovavi prima di finire qui.»

    Lunghe crepe di luce corsero all'impazzata su quel bozzolo di oscurità che mi aveva accolto, abbracciato in attesa che la metamorfosi fosse completa. Bisettrici deformi, rettili senza istinto primario, le linee raggiunsero la convergenza al centro del mio petto facendo collassare tutta la struttura: in una sola, immanente istanza il mio corpo tornò alla (pseudo)realtà dello spazio in cui mi trovavo.
    Mi percepivo rinato, sentivo le differenze sommarsi l'una all'altra; una maschera di metallo mi bloccava il volto, lasciando scoperta solo la fronte, senza però impedirmi né la vista né la facoltà di articolare le parole. Vedevo il mondo con una tonalità meno satura, un virare costante verso il grigio.
    Era come venire a patti con le sfumature della propria anima.

    «A tale proposito: come hai raggiunto questo luogo?»


    Perdona di nuovo l'attesa - ben un mese esatto.

    Status fisico – illeso
    Energia – 95%
    Passive – «Paranoia» (rilevamento intrusioni mentali)
    Slot I – «Dementia Space» (consumo basso)
    Slot II – //

    CITAZIONE
    «Dementia Space»
    Lo Spazio di Demenza è una dimensione a sé che vive in relazione all'energia psichica di un individuo. Nel caso di Ljev, questa sacca dimensionale pare essere più densa e complessa di quanto atteso, talmente pregna di riserva psionica da permettergli di farla temporaneamente collidere con la realtà in cui il suo padrone si trova. Tale capacità risulta fondamentale per lo psion, poiché lo rende in grado di creare delle superfici scure e traslucide, simili a veli di ossidiana, che possono schermarlo da attacchi fisici o composti di energia, dandogli sicurezza tanto da un colpo di spada quanto da una sfera infuocata. Maggiore sarà l'estensione di questo materiale, evocato a pochi centimetri dal corpo dello psion come una specie di mantello, minore sarà la resistenza offerta; vista la difficoltà nel mantenere il particolare varco dimensionale fra la realtà di Endlos e lo Spazio di Demenza, Ljev è solito non ricorrere a superfici di dimensioni più grandi di un comune scudo da soldato. Una volta 'fissata' la presenza di queste difese, eventualmente evocabili in più sedi ma ciascuna di potenza ridotta, esse non potranno essere spostate dallo psion.
    {4 pt, tecnica di difesa fisica/energetica, consumo variabile}

    CITAZIONE
    «Paranoia»
    Ogni essere umano, offerta l'opportunità, vive le proprie emozioni. Che lo faccia coscientemente o nel privato del suo inconscio non fa differenza, poiché nella seconda eventualità sarà la presenza di sintomi di varia natura a sfogare i sentimenti repressi. Nel caso di Ljev, la sua latente angoscia di dover affrontare gli Antichi di Gòlgoth hanno creato in lui la capacità di avvertire i tentativi esterni di penetrare la sua mente. Una volta resosi conto dell'assalto, gli è inoltre possibile dare vita a una contromisura adeguata utilizzando la propria energia psichica.
    {7 pt, rilevamento intrusioni mentali + difesa a consumo variabile contro assalti mentali}
     
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    Bimbo Sperduto

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    Leonard desiderò con tutto sé stesso che quell’essere assumesse delle forme in tutto e per tutto inumane: gli avrebbe reso le cose più semplici. Le pallottole, era chiaro, non sarebbero state la soluzione ai suoi problemi – non stavolta, non subito. Serrò la presa sulla strana ed elaborata arma da mischia che teneva al braccio, come se avesse bisogno di conferme circa la sua presenza. In quello spazio che si fingeva realtà, solo il fumo che proveniva dall’Atanor riusciva a tenere almeno una parte di sé legata alla terra: se si concentrava su quelle sbuffate biancastre poteva quasi sentire il freddo del Drago di Pietra afferrargli il collo. Purtroppo per lui, la fiamma si faceva via via più debole. Cominciò ad avanzare lentamente verso quella cosa che aveva davanti e che continuava a parargli, anche mentre il suo corpo sembrava non riuscire a stabilizzarsi in un forma.

    Una… ‘remota’ possibilità, dici?”, rispose la Piuma di Corvo, marcando la parola che più gli interessava. Stanco e nervoso, non aveva tempo di preoccuparsi di un lancio di dadi abbastanza favorevole.
    Qualcosa ha già distrutto la realtà che conoscevo, appena pochi giorni fa: non ho alcuna paura di perdere quella in cui sono stato gettato.

    Si fermò quando il presunto uomo tornò tale, col volto costretto da una maschera di metallo. Si chinò leggermente e passò la punta della pistola vicino alla terra ricoperta – o composta – di oscurità, poi tornò a osservare l’essere che aveva davanti, domandandosi se appartenesse a quel luogo o se anche il suo corpo, come quello del Cacciatore, in questo momento era al sicuro altrove.

    Ero su una montagna e questa tua oscurità mi ha raggiunto. Mi sono fatto accompagnare nel sonno da lei per incontrare te… bestia.
    L’ultima parola dette il via al corpo. Leonard si lanciò il avanti e caricò di sangue la camera interna del Percussore che, non senza lasciare sorpreso il suo padrone, si attivò (o forse simulò il suo meccanismo). La lama si mosse indietro di una spanna, mentre l’Alchimista lanciava un affondo verso il corpo della creatura: il marchingegno avrebbe poi fatto il resto, scaricando l’energia in un violento impatto – o, almeno, questo sperava.

    Scheda: link;
    Stato fisico: illeso;
    Stato mentale: stanco, nervoso, provato;
    Riserva energetica: 90%

    Equipaggiamento utilizzato
    Lama a percussione
    L’arma principale utilizzata da Leonard durante le sue spedizioni con le altre Piume di Corvo. Una lama larga e appuntita, lunga poco più di mezzo metro, incassata in una sede – assicurata a sua volta al braccio del cacciatore. Il meccanismo al suo interno permette di estendere e ritrarre velocemente la parte tagliente, variandone la portata: se la massa dell’arma la rende naturalmente più goffa rispetto a una spada comune, la possibilità di alterare sensibilmente la forma rende le traiettorie dei colpi meno prevedibili.
    Arma bianca

    Passive in uso
    Vedere Oltre
    Dopo una lunga convalescenza a seguito dell’incidente, gli alchimisti più esperti capirono qualcosa in più rispetto al dolore e alle visioni che Leonard lamentava. Un contatto fugace con l’essenza della Rubedo aveva dotato il suo occhio della capacità di vedere oltre, di scorgere gli spiriti che si celano dietro i confini dei cinque sensi: il tono rosso assunto dalla pupilla lo testimoniava. Purtroppo la mente acerba di Leonard, nel costante tentativo di tradurre nella sua lingua – la logica – ciò che l’occhio sinistro vedeva, ammorbava il cacciatore con visioni raccapriccianti.
    Nonostante l’incubo in cui spesso si trova catapultato, questa capacità gli ha permesso di scovare nemici altrimenti invisibili durante le cacce nel mare di nebbia. Gli alchimisti votati al bianco sono però convinti che l’occhio finirà per trascinarlo verso la pazzia.
    Potere Passivo – Auspex spiritivo, 30 metri di raggio (cono visivo)

    Ali del Corvo
    Gli abomini del Mare di Nebbia sono in grado di colpire molto duramente. In alcuni casi, una disattenzione può risultare fatale. Per questo le Piume di Corvo affinano le loro capacità di movimento, acquisendo col tempo un’agilità eccezionale: difficile, per un combattente inesperto, eguagliarle in destrezza e velocità.
    Potere Passivo – Potenziamento fisico dell’agilità

    Tecniche utilizzate
    Percussore
    Le Piume di Corvo sono in grado di utilizzare la propria energia vitale anche per attaccare. Facendo confluire il sangue nella piccola camera di combustione della lama a percussione, si attiva un meccanismo che permette di rilasciare un singolo colpo – tramite l’estrazione pneumatica ad alta velocità della punta – assai più deciso del normale. Nonostante la semplicità della tecnica, l’attacco è in grado di provocare danni ingenti e di perforare materiali resistenti, senza richiedere alcun movimento del cacciatore (se non l’attivazione del marchingegno). Quando viene consumata una quantità di energia media o superiore la Nigredo ricopre temporaneamente la lama (scorrendo su apposite scanalature) per evitare che si danneggi all’impatto.
    Tecnica – consumo Variabile (MEDIO in questo caso)

    Riepilogo: dovrebbe essere tutto piuttosto chiaro, scrivimi pure in privato in caso contrario! :sisi:
     
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  12. Ljev Gauss
     
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    Non potevo fare a meno di pensare alla nebbia.
    Era una sensazione per me atroce, la presenza di un unico concetto aggrappato alle fondamenta della coscienza, io incapace di prenderlo e gettarlo in pasto al raziocinio. Perché continuava a tornarmi in mente la sensazione di essere immerso nella nebbia?

    Pagai quella distrazione con una fitta allo stomaco. Guardai in basso e vidi la punta di una lama affondare appena il mio ventre, bucando quegli abiti che il bozzolo aveva ricamato sul mio corpo nudo. Cos'era successo?
    Nello Spazio di Demenza, il tempo assumeva i connotati di un pendolo privo di ritmo, e il passato e il presente delle mie percezioni dondolavano senza un netto flusso di causa ed effetto. Dovetti fare appello alla memoria per decidere, in realtà, come difendermi da quell'attacco per poi scoprire che ricordandolo l'avevo effettivamente reso vero.
    Ricordai di aver mosso appena la mano destra, evocando un tentacolo di penombra dal terreno sotto i miei piedi: l'appendice era schizzata, in preda agli spasmi, verso l'alto e davanti al mio volto, avvinghiandosi poi attorno al marchingegno nemico con l'intento di frenarne l'avanzata e assorbire l'energia cinetica del colpo. Dilaniata dalla forza altrui, la mia manifestazione era riuscita appena a mantenermi incolume prima di sublimare in uno sbuffo di tenebra.

    «Quando ti sei addormentato, c'era della nebbia?»

    Avevo quello straniero a pochi palmi di distanza, pronto a trafiggermi di nuovo, pronto ad uccidermi dopo avermi chiamato 'bestia'. Eppure, non potevo fare a meno di usare la sua ira per saggiare l'ipotesi di poter essere davvero ferito, in quella dimensione di mia pertinenza. Nonostante tutto, non potevo fare a meno di voler capire perché io stessi continuando a pensare alla nebbia, anche a costo di non rispondere all'offensiva. Volevo capire, volevo andare oltre alla spiegazione del perché fossimo finiti entrambi in questo luogo. Volevo comprendere l'angoscia della nebbia, e perché quell'evento fosse in grado di suscitare un'emozione che rispettavo più di ogni altra: paura.


    Status fisico – leggera ferita superficiale all'addome.
    Energia – 85%
    Passive – «Paranoia» (rilevamento intrusioni mentali)
    Slot I – «False God in a Dark Dungeon» (consumo medio)
    Slot II – //

    CITAZIONE
    «False God in a Dark Dungeon»
    Lasciando fluire l'energia psichica fuori dalla propria mente, Ljev è in grado di generare un'appendice simile ad un tentacolo di piovra, la cui lunghezza non può superare i due metri. L'arto aggiuntivo ha un aspetto traslucido, di un colore che sembra provenire da una realtà aliena; lo psion è in grado di manovrarlo con naturalezza per un intero turno, sfruttandone le capacità di esercitare pressione e presa, potenzialmente quindi stritolando ignare vittima e/o oggetti con una potenza proporzionale allo sforzo impiegato per materializzarlo.
    {2 pt, tecnica fisica, consumo variabile}
     
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    Bimbo Sperduto

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    ...nebbia?
    Esitò, la Piuma di Corvo. Tirò indietro l’arma e per un attimo rimase immobile a qualche palmo di distanza dall’essere che aveva voluto uccidere, come un principiante che ferisce per la prima volta un uomo o una bestia; poi fece un passo indietro, quasi perdendo l’equilibrio. Aveva paura. Quella cosa stava parlando della Nebbia in cui lui era nato, ne era certo. Non sapeva come e, soprattutto, ignorava il perché.
    Il mondo che ho lasciato era immerso nella nebbia. Quel ricordo ancora no-” disse Leonard, lentamente, prima di interrompersi.

    Perché gli stava dicendo quelle cose? Che cosa gli saltava in mente? Quell’incubo gli impediva di pensare con lucidità: la stessa violenta determinazione che pochi istanti prima l’aveva portato a decidere che sì, quella che aveva davanti era una bestia e, in quanto tale, andava distrutta, ora veniva meno con una parola lanciata con innocenza nell’aria. Con poca convinzione alzò di nuovo la pistola e la puntò verso l’uomo (uomo, così lo pensò, per un attimo); un tiratore esperto avrebbe notato che quel braccio era instabile e quella minaccia poco credibile.

    Prima maledici il nome mio e del mio ordine, poi mi sbatti in faccia frammenti del mio passato,” proseguì, con la voce che tradiva un nervosismo crescente, “ma è solo un trucco. Ne ho affrontate altre di bestie in grado di manipolare la mente, che credi? Ce n’erano a migliaia, laggiù dove-
    Stava per tirare di nuovo in ballo la sua vecchia casa e questo lo mandò su tutte le furie. Pensò ancora di volerlo uccidere e fece fuoco, ma finì per sparare in aria. Era in collera prima di tutto con sé stesso: era stato addestrato a identificare il nemico e ad abbatterlo a qualunque costo e ora, a causa proprio di quel mondo che aveva perso, non riusciva a fare né l’una né l’altra cosa.

    Scheda: link;
    Stato fisico: illeso;
    Stato mentale: stanco e molto nervoso;
    Riserva energetica: 90%

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    Così come le lame a percussione hanno preso il posto, tra i cacciatori del Mare di Nebbia, delle spade tradizionali, allo stesso modo le armi da fuoco si sono sostituite ad archi e balestre. I vecchi armamenti trovano ormai posto durante le cerimonie: troppo difficile perforare la pelle spessa degli abomini senza l’ausilio di polvere da sparo o di altri ritrovati della tecnologia.
    Questa pistola a colpo singolo spara proietti a grande velocità, in grado di perforare le difese naturali delle bestie cacciate dalle Piume di Corvo. Le dimensioni ridotte la rendono una candidata ideale una lama a percussione. Dato l’ambiente per la quale è stata progettata, risulta particolarmente resistente all’umidità e, più in generale, all’acqua.
    Arma da fuoco – Pistola a colpo singolo - Colpi rimanenti: 4
     
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  14. Ljev Gauss
     
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    Avevo appurato, subendo quella ferita, che persino io ero sottomesso alle assurde leggi dello Spazio di Demenza, nonostante ne fossi il proprietario - nonché pilastro e involontario creatore.
    Sentire il colpo di pistola sbraitare al cielo invece che verso di me fu quantomeno rasserenante.

    «Ho due uniche verità, in questo momento: non sono una bestia, non più di quanto non lo sai un qualunque essere umano come me e te»
    (lo era davvero, quell'uomo davanti a me?)
    «e sì, so manipolare le menti, le so piegare, le so violare e riparare e infrangere in miliardi di pezzi senza speranza di ritrovarsi l'uno con l'altro.»

    Per quanto ne sapevo, saremmo morti entrambi da lì a qualche istante. O forse saremmo rimasti intrappolati nella mia stessa - secondaria - realtà per un tempo che non conosceva possibilità d'essere misurato. Che senso aveva fingere d'essere qualcun altro, proprio ora che avevo finalmente trovato me stesso?
    La luce ai bordi del piano dimensionale vibrò di un viola tenue, virando verso una sfumatura che ricordava i bordi sbiaditi di un'orchidea. Erano i colori di una serenità aliena, effettiva ma sconosciuta.
    Palpabile ma sfuggente.

    «Questo ricordo, questa nebbia. È forte, e imponente, e allo stesso modo lo è la tua mente: non ho altra spiegazione sul come e sul perché tu sia riuscito a penetrare l'Oltre e raggiungermi qui.»

    Non feci passo in alcuna direzione, mantenendo la stessa distanza fra noi due. Temevo quell'individuo, nella stessa intensità con cui ne ero affascinato.
    Che un semplice sognatore potesse sprigionare così tanta energia, era una novità alla quale non ero davvero preparato.


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    Bimbo Sperduto

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    Sotto il velo marrone che gli copriva in parte il viso, la bocca di Leonard si piegò in una smorfia nervosa. Un bagliore viola, lontano, staccò per un attimo la figura che aveva davanti dall’oscurità che faceva da sfondo, illuminando un uomo che, per quanto non riuscisse davvero ad accettarlo, stava dicendo qualcosa di vero. Pur non potendo sapere né quante di quelle parole fossero sincere, né tantomeno capire davvero quale fosse il senso che volevano trasmettere, l’alchimista gli stava credendo; per quanto desiderasse ancora vederlo come un nemico - quanto sarebbe stato semplice risolvere la cosa! - non riusciva a farlo. Nonostante quello straniero ferito ammettesse candidamente di essere in grado di manipolare la mente.

    Che cos’è l’Oltre?”, chiese la Piuma di Corvo, con una punta di incertezza nella voce che denunciava un certo timore.
    Il fatto che lo sconosciuto parlasse di quella sorta di incubo come di un luogo vero e proprio aumentò in Leonard l’inquietudine. Se non era un sogno dal quale svegliarsi, né un inganno da dissipare con acciaio e polvere da sparo, dove si trovava allora l’uscita? Sentì il desiderio di correre via, ma riuscì a sedarlo; abbassò la pistola e allora si accorse che uno dei due piedi stava battendo con insistenza a terra. Un movimento di cui non si era accorto e al quale la sua mente annebbiata sembrava non voler rinunciare.
    Io mi sono solo calato nell’ombra che mi circondava”, continuò, “ma non capisco perché mi abbia portato da te. Non ha senso: io sono solo un cacciatore.
    Indicami dove o cosa colpire, pensò. In mancanza di una preda, le armi che ancora non riusciva a riporre arrivavano quasi a farlo sentire ridicolo: un uomo aggrappato a della ferraglia fuori luogo.

    ...approfittando di una mezz'ora libera in ufficio, eccoci qua!

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