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{ Presidio Nord, Valiinorê }
Tutti
Le tre spedizioni di ritorno dagli anfratti più reconditi del Nord avevano riportato a Valiinorê notizie inaspettate, tenui auspici e soprattutto inquietanti presagi: laddove la natura anomala dei filatteri (un venerando Karura per Nargil, un carillon d’infanzia per Wilhelm e perfino la figlia legittima di Eleodora) tradiva un forte attaccamento dei Lich alla propria natura umana, le circostanze delle rispettive dipartite avevano scosso profondamente i presenti dei vari dispiegamenti – mietendo ulteriori vittime nei casi più gravi. Raccogliendo le testimonianze degli avventurieri fu possibile ricostruire un quadro parziale sui retroscena dei Sovrani della Morte, per quanto fossero ancora molte le zone d’ombra da rischiarare.
Il Dotto aveva vincolato la propria essenza a quella dell’anziana fenice Goblas - ormai prossima al termine del suo ciclo vitale - e aveva menzionato degli “Ibernati” di natura ignota come movente dei suoi studi sull’immortalità.
La Regina dei Sogni aveva sigillato la propria anima all’interno della sua bimba per preservarla immutata nei secoli, sospesa in un sonno perenne in cui avrebbe potuto accudirla e simultaneamente difenderla da un incubo che dimorava nelle profondità del regno onirico.
Il Folle aveva affidato il proprio spirito ad un cimelio della sua fanciullezza, regredendo allo stato di giovinetto inerme al cospetto della Cosa che aveva trafugato il filatterio del Lich, cogliendo alla sprovvista il gruppo guidato da Ottar.
Proprio quest’ultimo aveva trascorso le ultime ore ad accarezzare Hildisvíni - il massiccio cinghiale da guerra che non aveva potuto accompagnarlo nelle viscere del Drago di Pietra - cercando di riordinare i pensieri e di trovare un senso alla visione surreale per la quale ciascuno degli spettatori aveva riportato dettagli discordanti. Il suino grugniva sommessamente, percependo l’inquietudine del suo padrone ogniqualvolta il suo sguardo si perdeva nel vuoto e indugiava in quei ricordi tormentosi: chi era quel “Re” da cui lo stesso Wilhelm - nei suoi ultimi sprazzi di sanità - aveva messo in guardia gli uomini di Valiinorê? Cos’era quel simbolo blasfemo che aveva ipnotizzato i convenuti, creando un diversivo che lo spettro dorato aveva sfruttato per sottrarre il filatterio dalle loro grinfie? Ma soprattutto qual era la correlazione tra il vecchio Faust e gli eventi di Amnos?
La bussola che li aveva condotti dove il sensitivo aveva captato la presenza del Lich era svanita contestualmente alla comparsa dell’invasore, mettendo in pessima luce il cieco informatore su cui già aleggiavano diversi sospetti: da quando l’anziano era comparso durante quella lontana serata in taverna, nessuno aveva scoperto la sua provenienza o le motivazioni che lo avevano spinto a collaborare col fronte di liberazione nordico… e ciò perché nessuno aveva sentito realmente il bisogno di sincerarsi delle sue intenzioni.
Per quanto il canuto non-vedente avesse sempre suscitato diffidenza, il suo apporto alla campagna era stato tanto cruciale da far scivolare in secondo piano ogni dubbio – almeno fino a quel giorno, in cui sembrava quasi che un incantesimo si fosse spezzato e tutti si stavano sorprendendo di quanta fiducia avessero accordato ad un figuro tanto ambiguo.
La frustrazione permeava anche i fendenti con cui il capoclan Revair stava falciando l’aria, forzando il fisico ancora provato attraverso una frettolosa riabilitazione. Il giovane capotribù sentiva su di sé la responsabilità per le gravi perdite subite dal Clan del Cavallo d’Argento e da tutto il nucleo della resistenza: al suo risveglio aveva appreso dell’orrenda mutilazione di Fagnürr, nonché della dipartita di Marcus Smith e dei draghi Tiamat e Nidhogg – gravi sacrifici che avevano indebolito i crociati di Valiinorê durante le ultime battute di quell’epopea, intorno alla quale aleggiava lo spettro della reincarnazione di qualunque nemico fosse sfuggito all’epurazione definitiva.
Anche la capofamiglia Mizukume - pur mantenendo il suo portamento dignitoso - pareva smarrita in mezzo ai membri della sua etnia: da quando era scampata alle persecuzioni occidentali, la colonia di uomini-volpe si era rifugiata in quel borgo alpestre col proposito di dare manforte, ma i recenti lutti avevano affievolito perfino lo spirito temprato dei kitsune. Per quanto si fossero lasciati alle spalle i genocidi dell’Ovest per poi ritrovarsi coinvolti in un olocausto a Nord, non avevano mai fatto pesare la propria condizione di rifugiati alla gente nordica.
Tuttavia gli avvenimenti avevano preso una piega inaspettata, facendo sfumare il confine morale in tonalità grigiastre ben più scomode di una netta contrapposizione tra il Nero dei Rei e il Bianco dei Giusti: i Re Lich erano legati alle terre nordiche tanto quanto lo erano gli Eroi di Valiinorê, per quanto secoli di ossessioni avessero distorto il genuino attaccamento per ciò che forse in principio avevano giurato di proteggere.
Così, mentre la neve si posava sulle macerie in lenta ricostruzione e sugli animi in frantumi che agognavano di trovare un senso a quell’immane tragedia, l’intera vallata precipitò sotto una cappa straniante: l’ultimo filatterio appartenente all’Anziano Johan era stato effettivamente localizzato e Faust ne aveva segnalato l’ubicazione su di un biglietto per poi rendersi irrintracciabile. I vertici della resistenza erano consapevoli dell’estrema rischiosità di quell’ultima spedizione, che poteva rivelarsi tanto una trappola mortale quanto un prezioso diversivo per lasciare al condottiero dei redivivi il tempo sufficiente per rigenerarsi. Tuttavia non avevano nient’altro per orientarsi, nulla a parte quelle tre parole inconcepibili vergate su carta – che rappresentavano l’ultima destinazione di quel viaggio al confine fra Vita e Morte… ma anche il punto d’origine dell’intera storia.
Calaverna del PettirossoSPOILER (clicca per visualizzare)Siamo al capolinea di questa campagna quadriennale.
Alcuni nodi sono venuti al pettine durante gli epiloghi precedenti, ma ora starà a voi unire i tasselli del mosaico e decidere se avventurarvi o meno nel labirinto cunicolare che si estende sotto a Valiinorê.
Se volete interagire con uno qualunque dei PNG menzionati, vi chiedo di scrivermi via MP ciò che i vostri pg vorrebbero dire, così che potrò riferirvi le loro risposte che potrete poi inserire direttamente nei vostri interventi.
La scadenza è fissata a Sabato 19 Ottobre.. -
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LAZAV ¤ DIMIR MASTERMIND EMIRATI MERIDIONALI HOUSE DIMIR In certe parti del Multiverso si usa raccontare che ogni occasione è a sè stante, che domani è un altro giorno. In altre, invece, il medesimo concetto si reitera in un susseguirsi di avvenimenti ciclici: altro giro, altra giostra. Quale sia la realtà ultima non è dato sapere, ma per Lazav, invero, entrambe possono dirsi aderenti alla realtà, fattispecie durante la sua breve e scomoda visita investigativa nelle gelate terre del Nord endlosiano. Dopotutto il Genio Dimir si ritrova ad un bivio tutt'altro che impegnativo, scisso tra la scelta di rimanere, ingorando lo smacco subito, al fine di andare a fondo della questione oppure di ritornarsene a Merovish, dove i suoi molteplici affari lo attendono, per gestire una berciante città sotterranea oramai affacciatasi all'emiratina realtà di superficie.
La direzione, insomma, è ovvia: eppure... attratto dalla possibilità di ricominciare -certo di un epilogo definitivo ben lungi dal giungere- il manipolatore in incognito soppesa più che semplicemente l'opzione di cambiare volto, mutare veste e ridefinire i propri apparenti propositi pur di non spezzare quanto di già cominciato. Alla Tana ci sono altri Lazav in grado di supplire alla sua assenza -lui stesso, qui nell'Etlerth, non è che uno dei tanti- perciò che male può covare il desiderio di vederci chiaro? La sua esperienza, infatti, racconta che tasselli tra loro lontanissimi s'incastrano invece alla perfezione: potrebbe dunque darsi che la disperata campagna settentrionale contro i lich abbia allora a che vedere con i misteri tutt'ora irrisolti che tra parassiti psionici, mutaforma fanciulleschi nonchè droghe profetiche affollano la scrivania del novello mastro d'intelligente del meridione. Tutto fa brodo, in effetti.
Ma anche in questo modo -pur volendo guardare i fatti da un'angolazione favorevole- rimane il non indifferente dettaglio di un'entità decisamente fuori scala per il povero Pasha colto in contropiede. Privo di un nome, l'artefice della prima vittoria popola incessante i pensieri dell'araldo del Sud, costringendo quest'ultimo a cercare una chiave di volta che all'atto pratico sfugge in un coro di beffe: da dove cominciare una più approfondita analisi? A chi rivolgere i giusti sospetti e da chi anzi cautelarsi senza profferire parola? Il nemico brillante e terribile ha dato prova d'essere radicato più a fondo, più a lungo e più in vasto di quanto piacerebbe constatare al Molteplice -quell'innominato palesatosi tramite una bussola maledetta si chiama più antico e potente di molti degli orrori che Lazav ha già affrontato, e su Ravnica e su Endlos.
Ancora una volta, una scelta apparentemente semplice si mostra insidiosa e -sua pari- una ostica si palesa anzi evidente: bussola per bussola, la fiducia di Lazav ha da porsi nei propri compagni e in quella magia ancestrale che proprio dal Nord proviene ma che nei ninnoli del Sud prospera. Tra i desideri che s'agitano in lui, uno spicca allora più d'altri, guadagnandosi il diritto d'un vaticinio il cui responso è nientemeno che un cardine in punta d'ago.
Con suo gran scorno, però, la flebile lancetta non accenna ad arrestarsi, vorticando su se stessa in preda ad una febbrile ma inconcludente azione. Non c'è via, non c'è meta a cui egli possa ambire per comprendere per davvero quant'è accaduto nelle profondità di Amnos -per penetrare l'arcano ed il misterico avvenuto nella camera abissale di Wilhelm e del suo filatterio? Se anche così fosse, tuttavia, demondere non si mostra un'opzione valida. Altro dev'essere allora quanto il misterioso figuro domanda in forma di brama al proprio cuore, pur di non rimanere privo di destinazione.
Nemmeno la seconda richiesta, però, ottiene miglior esito: al desìo di comprendere da chi guardarsi -a chi non tributare fiducia- l'ago nuovamente s'allerta e si muove, senza requie disegnando ampie rotazioni a vuoto. Probabilmente in altre lingue lo strumento devira il suo nome -compass- da quest'esatto tracciar circoli senza fine, ma per quanto interessa al Genio ciò significa che nei paraggi non v'è nemesi precisa o ancor che nessuno -nessunissimo, pur lui medesimo- può dirsi scevro da macchinazioni, inganni e malizie. Il che, invero, sa rendersi assai più verosimile: dubbi sugli attori lì riuniti ve ne sono a bizzeffe, aleggiano anzi per aria in maniera sì vistosa che persino quello stolto di un Vorel -quel corpo privo di raziocinio che ora giace freddo e gigante tra le nevi- deve averlo considerato. Ciononostante, un reale malvagio non sembra ergersi sugli altri, a discapito di quanto si vociferi attorno al vecchio Faust. E tanto, allora, dovrebbe rincuorare Lazav sull'assenza di nuove dorate minacce all'orizzonte. Si spera. Forse.
Non resta dunque che affidarsi al caso? Che imbracciare ancora l'ignoto e calarsi nelle viscere della terra con la sola speranza non si tratti di un suicidio confezionato dalle oscure forze dietro le quinte di una guerra ancora in dubbio? Dalla sua, il Pasha di cui ognuno è inconsapevole può comunque vantare un'ottima familiarità con gli spazi angusti e sepolti, tutt'altro che lontani concettualmente dall'intrico di cunicoli ch'egli appella come casa. E se tanto non può bastare, di per sè la gravità della situazione non peggiora affatto dal momento che la mortalità non è più -ad ora- un cruccio del Molteplice spintosi tra le fredde lande del settentrione: ciò che conta, davvero, sono soltanto le informazioni ch'egli ne potrà cavare. Di segreti, invero, si commercia ancor bene in tutta Endlos, anche là dove la luce senz'ombre vien celebrata a discapito dell'effettiva doppiezza di chi regge lo scettro (e ciò è tutto dire, in effetti).MANA 100% ACTIONS ACTIVE SEALS . -
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Applicò un altro strato di poltiglia grigiastra sull'ennesimo corpo ferito. Era ruvida, irregolare e, una volta stesa, diventava quasi bianca – forse a causa del contrasto con la pelle di quegli uomini sporchi e distrutti. Massaggiò lievemente, come se fosse parte di un preciso rituale (quando non era che cortesia o compassione), fino a sentire i muscoli distendersi a poco a poco. Leonard trovava l'ultima conferma nei loro volti: abbandonavano in un sospiro profondo la tensione accumulata in ore e ore di veglia forzata. L'alchimista faceva del suo meglio per apparire distaccato da quel ciclo di dolore, sollievo e gioia ritrovata, spezzata dalle tragedie di cui erano reduci. Sfuggiva il contatto con gli occhi di chi gli implorava di medicarlo e, mentre cucinava i suoi intrugli o praticava l'arte che gli era stata tramandata, evitava di parlare. Arrivava a stare in silenzio per ore, al punto da doversi schiarire la voce con forza – come per svegliarla – per tornare a farne uso.
Era ormai qualche giorno che continuava a comportarsi come uno votato al bianco - quelli che, nella Cattedrale dove era nato, perfezionavano le arti curative – ma in verità i suoi non erano che mezzucci, palliativi, rattoppi da fare in corsa tra una battaglia e un'altra. Si guardò intorno: quella era, dopotutto, la situazione in cui si trovava.
All'inizio del viaggio di ritorno dalle vette del Drago di Pietra, dopo aver ripreso i sensi a seguito della violenta esplosione di fuoco che aveva cancellato dall'esistenza quella strana bestia alata, era stato fin troppo facile procurarsi il necessario per creare il fluido rigenerante; il campo di battaglia era sommerso dai cadaveri, e c'era così tanta cenere a terra da coprire la neve. Durante la discesa cominciò a impartire ordini ad altri mercenari, affinché lo aiutassero a cercare delle bestie (o dei resti) che facessero al caso suo, da cui poter ricavare della Nigredo. Quelli, che lo avevano visto prestare soccorso a dei feriti, lo aiutarono; era tutta gente che aveva perso qualcuno o, nel migliore dei casi, stava per perderlo. Non si sarebbero mai accorti delle proprie ferite, finché quelle dei loro compagni non fossero guarite.
Non tutti, però, lo vedevano di buon occhio. Alcuni membri della spedizione, dopo aver assistito al rapido scontro con l’essere dalle piume rosse, dicevano tra loro a bassa voce che era anche colpa di quello straniero se le cose erano andate così male. Leonard non provò mai a difendersi, consapevole delle apparenze e di quanto fosse sciocco tentare di spiegare il passato ancora vivo, soprattutto quando si parla di cose che nessuno vede. La realtà dei fatti era che aveva sparato a quella cosa e poi lei aveva scatenato quell’inferno, ecco tutto. In pochi avevano capito cosa era successo; nessuno aveva compreso davvero la reazione della Piuma di Corvo.
I nordici, in particolare, consideravano sacro quel volatile, lo chiamavano Karura e ogni volta che quel nome usciva dalle loro bocche lasciava dietro di sé un attimo di vuoto, in cui quelli si perdevano chi sà dove con lo sguardo. Nessuno di loro venne mai a chiedere aiuto a Leonard. Lo guardavano con evidente disprezzo e lui arrivò a pensare che avrebbero provato a ucciderlo nel sonno, magari sollevando il suo corpo esile e scaraventandolo nel vuoto di un dirupo, dove nessuno avrebbe mai osato tentare di recuperarlo. Erano uomini duri, provati da eventi che ancora bruciavano nella loro testa, con la stessa forza di quel fuoco che aveva inghiottito i loro fratelli e le loro sorelle. Non avrebbe provato a convincerli perché non poteva avere successo e, soprattutto, perché non ne aveva il diritto.
Anche quando le spedizioni tornarono a unirsi, i gruppi rimasero in buona sostanza inalterati. C’erano muri che nessuno voleva scavalcare; l’asprezza delle montagne, e delle battaglie che su di esse si erano combattute, aveva reso diffidenti i più. Non se la sentivano né di spiegare cosa avevano passato, né di parlare con chi, di conseguenza, non poteva capire cosa provavano. L’alchimista, dal canto suo, cercò di non pensare a come avrebbero fatto quei comandanti, che intravedeva tra le tende, pensierosi e quasi smarriti, a risollevare quell’armata allo sbando e guidarla in braccio all’ultima battaglia. L’oro non sembrava brillare più negli occhi di molti mercenari, e sentì dire a più di uno dei nativi del luogo che era impossibile che l’ultimo filatterio fosse rimasto nascosto sotto i loro piedi tutto questo tempo.
“Un vecchio pazzo, perdipiù cieco. Dobbiamo rischiare la vita…”, Leonard sentì una voce provenire dal mucchio dei suoi commilitoni. Era forte e decisa: parlava per tutti. Esitò, per concentrare ancora più attenzione su quanto seguiva, poi proseguì: “...di nuovo, dandogli retta?”
Il gruppo di uomini, accovacciati intorno ai fuochi, tornò a mormorare. Stringevano bevande tiepide e sedevano spalla a spalla, coperti da indumenti pesanti e pellicce ingrigite dal fango. L’alchimista aveva finito di medicare l’ultimo tra loro che gli aveva chiesto aiuto. Si erano guardati bene dal diffondere troppo la voce che c’era qualche curatore, tra loro: in troppi ne avevano bisogno, non ci sarebbe stato modo di accontentare tutti e presto o tardi sarebbe scoppiato un putiferio.
Anche sulle spalle degli altri plotoni sembrava gravare il peso della sfiducia, che aumentava di ora in ora. La piuma di corvo aveva ancora nella borsa una lettera da presentare a un certo Alfiere del dominio orientale, ma tolta quell’ipotesi così lontana - ancora non aveva ben chiara la geografia di Endlos - non gli rimanevano molte altre scelte. Continuare a combattere quella guerra, lì al nord, quasi fosse un modo per rimediare all’impotenza del passato. Se fosse riuscito a dare il proprio contributo nel debellare quel flagello, si sarebbe sentito in pace per aver abbandonato i suoi fratelli nel Mare di Nebbia? Che fosse stato trascinato via dal suo mondo e non avesse quindi scelto di voltargli le spalle non cambiava la sostanza delle cose: così come quel colpo di pistola sparato a un essere sacro, leggendario e terribile, non c’era più modo di spiegare, di giustificarsi.
“Io andrò là sotto.”
Lo disse ad alta voce, senza parlare con nessuno. Molti si voltarono, rimanendo in silenzio. Alcuni increduli, altri impauriti o innervositi da quella risolutezza fuori luogo. Leonard andò a dormire, mentre tutti gli altri tornavano a borbottare tra loro.. -
.Numerologia 33: RicercaSi è unito agli eventi del Nord forse troppo tardi. Suo padre gli aveva scritto diverse lettere su strani figuri che si aggiravano per le sue terre natali, ma quando è arrivato ed ha preso contatti con il villaggio, certo non credeva di trovare una simile situazione.
La spedizione è stata un disastro, certo, sono riusciti ad eliminare il filatterio, o meglio si sono limitata ad osservare la sua ultima dipartita, ma numerosi sono stati i ferti ed anche i dispersi nel grande dorso della montagna.
Tornare al villaggio, quindi, è stato qualcosa di atroce. Il Numerologo e tutti i suoi spiriti si sono mossi alla ricerca dei superstiti o delle salme, per poter donare loro quantomeno una degna sepoltura.
Giunto al villaggio, quindi, si è ritirato in una tenda per meditare su quanto ha visto e passato. Vivere in prima persona una simile situazione, una tale ira ed oscurità ti macchia l'anima come del fango appiccicoso. La meditazione ed il conclave con i suoi spiriti gli hann odonato un minimo di nuova serenità. A dir la verità anche uno speciale infuso che gli preparava sempre il padre.
Rinsaldato nell'animo, ed ancor più volenteroso di fronteggiare questi nemici, si è dedicato ad aiutare il prossimo. Ha cercato luce in questo mare di tenebra. Si è dedicato ai feriti ed ha aiutato con le sue abilità numerologiche lì dove possibile.
Durante queste sessioni ha scoperto che un ambiguo figuro, aveva lasciato un messaggio su dove si sarebbe svolta la prossima spedizione.
Non è riuscito a raccattare sufficienti informazioni su chi sia tale figuro e sulla storia ormai passata delle vicende. Quello che gli interessa è partecipare e dare manforte alle sue genti a sollevarsi contro il giogo di questi nemici.
Controllando lo zaino delle spedizioni, sistemando il necessario ed aggiungendo un po' di provviste, il Numerologo si è quindi diretto verso la Calaverna del Pettirosso, augurandosi che valenti uomini siano disposti a sacrificarsi per un bene maggiore.
Equipaggiamento: Mazzo di Tarocchi (x10), Cocoguyan (x1), Tarlo di Kleptein (x2), Lacrima del Re (x2), Anatema dei Numi, Orologio dell’Eterno Ritorno
Mana: 110%
Status Fisico: Perfetto
Status Mentale: Perfetto
Passive
Sussurri - Auspex spiritico, udito e dei legami nel raggio di 30 metri
Figlio dei Numeri - Istant Casting ed aumento riserva di mana
Spiriti: Giulietta - Percezione delle invasioni psioniche ed illusorie
Spiriti: Giulietta - Percezione dei pericoli nel raggio di 30 metri
Condivisione Spiritica - Immunità al dolore ed alle malie
Continuità Spirituale - Telecinesi e cast dai tarocchi
Velo dell'Anima - Visioni
Lettura dell’Anima - Radar bugie e Telepatia
Corazza spiritica - Armatura naturale, PU Resistenza, Levitazione
Mazzo di tarocchi - Tasca dimensionale
Attive
Equip esplorazione
Zaino: zaino di media capienza
Razioni/Acqua: razioni con barrette ipercaloriche per tre pasti. Una borraccia da un litro.
Gessetti: sei gessetti (due bianchi, due rossi, due verdi)
Corde: Due corde di 5 metri ognuna
Fiammiferi/stracci: Una scatola di fiammiferi (venti in totale) e due semplici stracci di stoffa bianca di circa 50x20 cm.
Coperta: una coperta di lana sottile.
Occhiali: semplici occhiali di ricambio.
Quaderno/penne: Un quaderno con una trentina di fogli, due penne (una nera ed una rossa).
Provette: tre provette in plastica con tappo ermetico a pressione. Capienza 20 ml cadauna.
Guanti: un paio di guanti neri con una sottile imbottitura in cuio morbido sul palmo così da essere adatti alle superfici rocciose.
Scarpe: un paio di scarpe comode dalla suola antisdrucciolo.
Scheda: Qui
Riassunto. -
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Sangue urla e macerie lo circondavano. Un occhio era sfuocato dal sangue che li colava dalla testa pulsante e dolorante e un respiro affannoso accompagnava ogni minimo movimento rendendolo impreciso e tremolante. Si guardò intorno costretto cosi ad ammirare I suoi compagni che come lui avevano dato tutto per liberare quelle terre, ora giacevano hai suoi fianchi: Skekdor mutilato senza testa, Van Vite inerme in una pozza di sangue che macchiava la bianca neve, Vorel infilzato da parte a parte da una lama e sospeso a pochi centimetri dal terreno, ognuno accompagnato da uno dei generali anche loro in fin di vita. Tutto sembrava perduto, il respiro già pesante iniziò a velocizzarsi tramutando quella che era paura, in terrore.
Avevano perso.
Le retrovie non avrebbero resistito allungo e gli ultimi comandante rimasti compreso lui era ridotti troppo allo stremo per fronteggiare sia l’esercito che i loro comandanti non morti. Stava per cedere. Crollare in ginocchio rassegnato, disperato, afflitto,
Ma prima che quella sensazione potesse avvolgerlo in quel suo freddo abbraccio di disperazione lo sguardo si posò su una figura difronte a lui in ginocchioni intenta a sorreggersi a fatica all’elsa della mannaia impuntata a terra. Wilhelm.
Wilhelm sembrava essere agli estremi, giacendo affannato a soli pochi metri da lui. Come mai era in quello stato? Avevano combattuto? Era stato lui a ridurlo cosi? Non ricordava, ma non importava. Quella era la sua occasione. Gli occhi si spalancarono increduli e le pupille cerulee si dilatarono mentre il respiro affannoso e la sensazione di paura si tramutarono in rabbia. Non sarebbe stato molto battere un comandante ma comunque doveva provarci. Non poteva arrendersi.
Raccolse l’ombrello hai suoi piedi e ancora prima di essere completamente in piedi inizio una furiosa corsa verso il suo obbiettivo. Il battito accelerò, soprattutto quando pochi metri lo separavano dal generale non morto che alzò lo sguardo accorgendosi del suo arrivo. L’ombrello dagli otto angoli come rasoi inizio a girare a enorme velocità trasformandosi in una trivella mortale. Un urlo smorzato mentre guardava gli occhi di Wilhelm che lo fissavano, rimanendo impassibili nella loro oscurità come se non temesse nulla neanche in una situazione di totale sconfitta.
La trivella lo raggiunse. Trapassandoli in pieno il petto passando prima l’armatura e poi l’intero corpo costringendolo quasi ad alzarsi totalmente in piedi data la forza del colpo. Si guardarono i due avversari, e la sensazione di successo e di liberazione di Umbrella si tramuto in dubbio quando quelli di Wilhelm nonostante il colpo mortale non cambiarono espressione. Poi il terrore. Una risata profonda e malefica proveniente da sotto il pesante elmo del nemico riecheggiò nelle sue orecchie.
“C-cosa…?!”
Tutto sembrò scomparire lentamente nell’oscurità più totale tutt'intorno lasciando solo lui e il suo nemico.
Mollo la presa sull’ombrello incredulo e terrorizzato quando la possente mano fredda e corazzata rapida non gli raggiunse il collo afferrandolo e strozzandolo con brutale forza alzandolo da terra. Gli mancava il respiro, cercava di liberarsi strappando e arrancando con un filo di voce. Una lacrima gli solcò il viso e rassegnato portò, nonostante la situazione, il gomito ad asciugarsi il segno di debolezza e sconfitta quando una volta asciugata, come se non bastasse una fiammella gialla rossa e violacea divampò dal suo palmo avvolgendo l’intera mano in pochi secondi. In quel momento si accorse che l’intero corpo iniziava a bruciare e tutto scottava come le fiamme dell’inferno e inizio a cercare di spegnere inutilmente il fuoco senza rendersi conto che tutto si faceva sempre più buio e la presa soffocante era svanita senza che se ne rendesse conto. Era rimasto solo lui, dolorante nella più completa oscurità immerso nel dolore di quelle fiamme che sembravano emettere una fievole luce nonostante l’intensità del dolore e dell'oscurità.
Era in ginocchioni, voleva piangere, urlare, ma perse i sensi, e proprio quando i suoi occhi si chiusero mentre stava per cadere, che di soprassalto si svegliò.
La luce era alta attraverso la tenda di fortuna e lui era sudato. Comprese che tutto ciò era stato solo un incubo. Il solito incubo.
Si mise a sedere al bordo del letto, portandosi le mani al viso. Si calmò con un lungo respiro per poi guardare fuori attraverso la fenditura dell'entrata. Era già in ritardo. Si fece forza, alzandosi raggiungendo una bacinella per rinfrescarsi la faccia; era uno schifo, nemmeno avesse bevuto la sera prima, quegli incubi lo stavano uccidendo. Si sciacquo il viso notando solo in quel momento che era andato a letto vestito. Non poteva fare tardi. Tirò un altro lungo respiro per calmarsi, poi, scatto raccogliendo al volo il fidato ombrello e lo zaino riponendo sulla fodera calamitata di quest'ultimo e usci, per poi incamminarsi e raggiungere a passo spedito il luogo dell’incontro per la prossima spedizione.. -
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Inutile.
La tua faccia, rotta dal dolore, si riflette sullo specchio della casa che hai deciso di abitare. Quello che vedi però non è il fiero combattente che vedevi appena arrivato su Endlos ma solo un guscio vuoto; mosso dalla disperazione di provare a redimersi e riuscire a fare qualcosa per la gente che ancora non era come te: inutile.
Ti passi una mano sul volto, stanco e triste, prima di entrare a farti una doccia.
Ripensi a quella fatta dopo la guerra, la stessa in cui hai visto morire tanta gente, veri eroi sacrificarsi per permettere a te di realizzare la loro volontà.
Eppure hai fallito su tutti i fronti.
Inutile.
Sei su Endlos in cerca di vendetta nei confronti dell'assassino dei tuoi genitori, non per fare perdere tempo alle persone che provano a crearsi un futuro.
Vattene allora, scappa lontano come hai sempre fatto. Lascia che qualcuno migliore di te vendichi la morte di Smith, di Tiamat e Nidhogg e di tutti gli altri.
Sospiri pensieroso.
Pensieri inutili come te.
Sai che hai fallito su tutti i fronti ma che in tuo soccorso è arrivata l’ultima occasione. Dopo quella fine dei giochi, la chiusura del sipario.
L’ultimo filatterio è stato trovato e hanno chiesto di te.
Ti voglio nella loro compagnia per porre fine a questa storia.
Ti vogliono nonostante la tua inutilità.
In quanti possono dire di avere visto quello che hai potuto scrutare solo con un occhio? Pochi, probabilmente.
Ma anche per quei pochi valeva la pena combattere, mettere da parte le proprie incertezze e lottare con disperazione.
Eri inutile ma per loro sei di più: un simbolo.
Sospiri.
I dubbi ti abbandonano e la stanchezza viene schiacciata da una cascata interna. Il tuo corpo si scuote, i muscoli si contraggono in risposta all'incendio che ti brucia dentro.
Stringi i denti mentre un terremoto che si abbatte solo sul tuo fisico, ti fa tremare per quello che stai anche solo pensando.
La volontà nel sapere quando lottare spazza via i tuoi pensieri come una bufera.
Ti guardi allo specchio.
Non sei più inutile.
”Facciamolo!”SPOILER (clicca per visualizzare)Vite Van Dukge
Stato Fisico: Ottimo
Stato Mentale: Tranquillo
Mana: 100 %
Passive:
Patto degli Antichi Alberi:
Legame sviluppato con gli Alberi Antichi al fine di poter evocare in qualsiasi momento i bastoni che avevano da offrirgli. Per poter siglare il patto ho dovuto cedere il suo occhio destro e giurare sulla sua vita di non venire mai meno agli accordi imposti.
- (Passiva Only gdr)
Asso nei bastoni:
Vite è a tutti gli effetti un provetto guerriero nell’uso dei bastoni. Grazie a questa abilità riesce perfino a impugnare le sue armi con le dita dei piedi, menando colpi come se gli impugnasse direttamente nella mano buona. Questa sua bravura gli è stata trasmessa dal patto con gli Antichi Alberi che, vedendolo degno, gli hanno anche insegnato come evocare le sue armi con agilità fulminante.
- (Maestria nell’uso dei bastoni da combattimento; Insta-casting).