Redemption By Water

Atto Finale

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    Viaggiatore dei Mondi

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    REDEMPTION BY WATER

    WRFJNDs


    “Dev’esserci qualcosa di stranamente sacro nel sale.
    Lo ritroviamo nelle nostre lacrime e nel mare.”


    (Kahlil Gibran).


    tNBRqhx

    Lontano dalla riva, Undarm.
    Presidio Occidentale, Endlos.

    il vecchio Kuan Ch'a Che ritirò le reti sulla propria barca di legno, tergendosi la fronte umida con il braccio. La pesca era stata abbondante e con estrema gratitudine ringraziò gli dèi, come ormai era suo uso da anni. Dopo qualche colpo di tosse, sedendosi su una panca improvvisata da un semplice asse e massaggiandosi il collo con aria molto stanca, mosse il capo a destra ed a sinistra, prima di sfilarsi il proprio dou lì e sventagliarsi, cercando di riprendere fiato. Così fermo a contemplare il cielo, si scoprì testimone di un evento insolito e magnifico.

    Una scia luminosa e brillante attraversava il cielo, espandendosi come un raggio ed avvolgendo le nubi e la volta d'un pallore divino. Sotto di essa, le acque si agitavano, ed in lontananza le onde gli sembrarono già molto alte, brillanti di riflessi cangianti e meravigliosi. Nella sua ignoranza, il pescatore pensò ad un capriccio del Maelstrom o a qualche segno divino che presto i sacerdoti avrebbero interpretato.
    Tuttavia gli occhi scuri, incantati da tale bellezza, seguirono la scia con la devozione di un credente finché questa non raggiunse Berjaska, appena visibile in lontananza.
    Sparì dentro di essa.
    Poi... un boato.

    4rEjAgL

    Fuoco e fiamme si levarono dall'isola in una colonna ardente, bruciando il cielo e le stelle, inondando la volta celeste di nubi dense ed oscure, pesanti e spaventose.
    E mentre la lava colava per tutta l'isola, distruggendola, la nube si allargava come un fungo, lasciando cadere in acqua proiettili di pietre ardenti e cenere. Spaventato a morte, Kuan Ch'a Che non riuscì a levarsi in piedi per le gambe tremanti e sporche di urina, tuttavia ebbe la lucidità di afferrare i remi ed affrettarsi verso la riva, chiudendo gli occhi per non vedere tale orrore.

    Sentì solo le onde infrangersi sulla propria barca, ed il mare che si faceva più agitato ad ogni esplosione udita in lontananza. L'aria diventava ogni attimo più calda, maleodorante di zolfo e chissà quale altro odore infernale. Un'ultima, gigantesca esplosione lo fece urlare. Della cenere bollente lo raggiunse, sporcandogli il volto rigato di lacrime. Poi, quando i rumori furono placati, egli ebbe l'ardire di aprire le palpebre e guardarsi attorno.

    Lo sguardo a mandorla guardò prima davanti a lui, per poi sollevarsi lentamente e sbarrandosi di fronte al gigante che si ergeva sulla propria barca: un'onda alta chilometri, abbastanza imponente da dargli la certezza che il mare intero fosse sul punto di piegarsi su sé stesso... e poi collassare.

    Perdendo ogni speranza, il pescatore cercò il cielo, ma era coperto dall'acqua e dal fuoco, oscurato dalla cenere.

    Congiunse i palmi in segno di preghiera, esattamente come gli aveva insegnato sua madre defunta, affidando la sua anima agli déi.
    Poi il Mostro lo travolse, trascinandolo nelle sue profondità fredde e buie.

    tNBRqhx

    Confine con il Qídằo, Undarm.
    Presidio Occidentale, Endlos.

    Sopra ad uno degli alti picchi dell'Ovest un'ombra gigantesca si separò dalle nuvole cariche di pioggia dell'Undarm, discendendo sulla terra con la forma di un drago spaventoso, con ben cinque corna a cingergli il cranio ad imitare una corona. Giunta sulla cima aguzza, la Bestia mutò nuovamente forma in qualcosa di molto piccolo, e con occhi d'oro osservò paziente un punto ben preciso di quella zona dell'Undarm; poco distante -nascosto dagli alberi- si ergeva un portale misterioso scolpito in tre facce.

    w6qhOSs

    Con lo sguardo corrugato e pungente di una donna matura dai capelli già candidi ed i lineamenti induriti dal tempo, rimase in placida attesa, sollevando le iridi di topazio solo nel momento in cui una scia luminosa attraversò il cielo, raggiungendo Berjaska.

    Stoica ed impassibile come una dea che scruta la miserabile esistenza dei mortali, vide l'isola spaccarsi e ribollire, frantumarsi nel fuoco per poi affondare nelle acque del mare. Vide quello stesso mare agitarsi prima e sollevarsi poi in un gioco di forze che avrebbe annientato qualunque cosa fosse stato intercettato dall'abbraccio delle acque.
    E così un'onda si levò più alta delle altre, raggiungendo più chilometri d'altezza. Come una bocca predatrice avanzò rapida fino alla costa, e ciò che fu dell'Undarm sarebbe stato oggetto di leggende e racconti dell'orrore. Ogni cosa fu spazzata via o sommersa, compreso quel portale che la donna osservò senza muovere un dito. Vide detriti e cadaveri scorrere a grande velocità sotto di lei, prima di sparire per sempre nei fondali. Vide sangue e cenere macchiare le acque, prima che una luce smeraldina illuminasse i fondali e numerose navi da guerra uscissero in superficie come delfini in festa. Le vide dirigersi a nord-est, prima di chiudere gli occhi e tramutarsi nuovamente in drago.

    Spalancò le ali, levandosi in volo, tuffandosi a sua volta nella cortina di cenere e fumo che ormai aveva raggiunto anche lei e scomparendo in essa.

    Dettagli di Ambientazione.

    Benvenuti all'atto finale della campagna omonima: "Redemption by Water" [link] con Drusilia Galanodel e Stanfa come QM.

    Con un preciso evento avvenuto nella quest "Le conseguenze della Superbia" [link], Berjaska è stata letteralmente rasa al suolo da un raggio che ne ha colpito il nucleo, facendo esplodere il serbatoio vulcanico e generando un collasso di tutto ciò che era a galla. Questo -giusto per essere più apocalittici- non è avvenuto prima di una bella eruzione che ha generato una nube tossica nei mari dell'Undarm. Nelle zone vicine o confinanti ha solo reso la respirazione poco gestibile, ma non mortale. Tutto l'Ovest è stato comunque raggiunto dalla cenere, sia tramite il vento che come pioggia.

    Il passaggio del raggio di energia e il successivo collasso di Berjaska ha scatenato come effetto a catena uno tsunami di proporzioni titaniche: l'onda anomala si è abbattuta sull'Undarm, travolgendo ed affondando tutto ciò che ha trovato, tramutando l'intera regione in un golfo enorme (grande quanto un piccolo mare) che da ora in avanti separerà l'Ovest dal Sud, anche se è comunque territorio dell'Ovest.

    Chi desidera (residenti dell'Ovest e non) può scrivere di sotto un post di "presa visione" dell'evento, descrivendo cosa faceva/-no il/i suo/suoi pg in quel momento, oppure come ne vengono a conoscenza. Ovviamente non possono essere considerati validi post in cui ci si trova in prossimità del disastro, cioè su Berjaska o a Undarm e si sopravvive: questo perché -per trama- non ci sono superstiti in entrambe le regioni.
    Allego una mappa approssimativa di Endlos inviataci una volta da un utente, giusto per farvi capire dove è Berjaska e dove è Undarm [link]

    Per il resto, vanno bene scene nel restante Occidente in cui ci si allarma, situazioni in altri presidi in cui si viene semplicemente informati e chi più ne ha, più ne metta. Basta un post per pg, ma se qualcuno arriva a 3 post (ovviamente curati un minimo) usando pg/png diversi, proporrò per loro un punto libero come scena semplice. Non assicuro niente però, che la cosa sarà decisa dallo staff per intero.

    PS: Klemvor è stata già cronologicamente "traslata" nel Garwec in questa scena [link], pertanto non rimane che una specie di bassopiano-cratere. Se fate un post in cui vi trovate lì, sappiate che non ci sta nulla. Nessuna città delle macchine.

    A questo punto, spero di avervi dato tutte le informazioni di cui dispongo (e con le quali aggiornerò i topic di Ambientazione nel regolamento, e modificherò delle sezioni). Se avete altre domande, sappiate che aprirò un post in bacheca dove sarò felice di rispondervi su ogni dubbio.

    Il topic sarà chiuso: domenica 15 gennaio, ore 23.59



    Edited by Drusilia Galanodel - 5/1/2019, 20:24
     
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    Non vi era la solita attività nel mulino quel giorno, al suo posto regnava però un religioso silenzio.
    Banderas, assieme ai suoi altri collaboratori, era seduto attorno al tavolo più grande che aveva in assoluta meditazione.
    Aveva ricevuto da poco più di un giorno la terribile notizia riguardante il presidio Ovest: Berjaska era letteralmente esplosa.
    Il mugnaio aveva viaggiato molto poco su Endlos sin da quando era arrivato, era quindi naturale che non conoscesse l'isola che si trovava vicino
    ad Undarm. Però alcuni parenti dei contadini che erano soliti portargli il grano con cui lavorava, erano stati colpiti in pieno dalla catastrofe e non si erano potuti salvare.
    Le sue dolci parole di conforto erano state di poco aiuto per i braccianti agricoli con il cuore spezzato da cui aveva ricevuto la notizia.

    "Una grande disgrazia non c'è che dire."

    Il Sasso, non avendo la bocca, comunicava principalmente attraverso la mente dei presenti e per quanto fosse privo di sentimenti, le sue parole erano ricche di tristezza e sconforto.

    "Ruric chiede cosa dovremmo fare ora ..."

    " ... Thar pensa che isola esplosa è troppo lontana da noi."


    Avere due testi indipendenti sullo stesso corpo non era stata la fortuna più grande che la vita avesse offerto al povero orco.
    Riusciva però a conviverci.

    "Silenzio voi due. La decisione aspetta al capo della baracca."

    Il nano era visibilmente scosso, tanto quanto tutti gli altri presenti.
    Il numero dei morti sembrava essere impressionante e difficilmente il presidio si sarebbe alzato tanto presto. Quella serie di avvenimenti lo aveva mandato definitivamente in ginocchio.

    ”Quello che è successo è una vera disgrazia ...“

    Sospirò.
    La notizia di una tale perdita lo aveva assai provato, tanto che aveva pianto per la maggior parte del tempo. Solo il sonno era riuscito a porre fine al suo fiume di lacrime.

    ”... non dovrebbero succedere queste cose, non con così tanti morti. La coppia di contadini che ci porta il grano mi ha detto che i parenti vivevano laggiù da molto tempo, me lo hanno descritto come un posto stupendo.“

    Si passò una mano sopra il volto stanco.
    Aveva deciso che non avrebbe pianto nuovamente ma anzi, animato dal bisogno di aiutare, avrebbe fatto qualcosa di concreto.

    ”Per il momento restiamo chiusi al pubblico. Ho deciso che inizieremo a produrre il maggior numero di biscotti da spedire come risorse alimentari nel territorio del Presidio Ovest.“

    A quella notizia tutti sorrisero e si alzarono dalle loro sedie per andare ad azionare i macchinari.
    Banderas si tirò su le maniche.
    Avrebbe avuto molto lavoro da sbrigare in quei giorni.

    Banderas prende male la notizia e decide di chiudere il mulino per fare tanti, ma veramente tanti biscotti da spedire poi ad Ovest.
     
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    ???, dove una volta c'era Klemvor.
    Presidio Occidentale, Endlos.

    Denver ammira esterrefatto l'immenso nulla che si estende davanti ai suoi occhi per decine e decine di chilometri. Come Canyon Diablo in Arizona, ma perfino più vasto, e all'interno non c'è nessun frammento di meteorite – perlomeno, non che egli sappia. Fino a nemmeno il mese scorso, il giornalista avrebbe trovato lì Klemvor, ma egli è in realtà già al corrente del fatto che sia stata teletrasportata da qualche parte a Garwec, nel Presidio Orientale. Ciò che deve ancora capire è chi sia riuscito in un'impresa tanto mastodontica, ma alcune fonti fanno il nome di una certa “Riful.” Evidentemente quella ragazzina è in qualche modo tornata ad insaputa di lui, ma d'altronde è meglio così: non vuole tornare a lavorare come membro della sua guardia pretoriana in qualche altra strampalata e confusionaria avventura.

    Ha deciso di effettuare un sopralluogo per raccogliere evidenza fotografica dell'avvenimento, prima che possa accadere dell'altro, e per verificare la presenza o meno di qualche residuo lasciato nella Città delle Macchine. Accanto a lui, un piccolo manipolo di archeologi prepara l'attrezzatura da scavo. Con un cratere così profondo, dubita che sia rimasto qualcosa al di là dell'occasionale bullone residuo. Se davvero dovesse esserci qualcosa, però, sarebbe molto meglio trovarlo prima che lo facciano più o meno accidentalmente gli Storm Rider.

    Vengono distratti da un rombo sordo, come quello di un tuono a ciel sereno. Denver abbassa la sua Leica, e alza gli occhi al cielo. Una colonna di fumo si sta sollevando a meridione; il giornalista la fissa strizzando gli occhi: egli non si trova in una posizione particolarmente sopraelevata, e quella nube nera come la pece gli pare piccola e lontana. Da lì.
    A Berjaska, dove presume che stia accadendo il fenomeno, deve essere qualcosa di terribile e di spaventoso. Catastrofico, addirittura, a seconda dell'entità di quell'eruzione. Ancora Riful? No, che diavolo, non avrà interessi da far valere anche laggiù, vero?! Si deve trattare di un semplice cataclisma naturale; uno di enorme portata.

    Denver fa istintivamente qualche passo in avanti, verso sud, e comincia a scattare le prime foto.
    « Squadra? Interrompete momentaneamente i lavori. Dobbiamo avvertire Palanthas al più presto. »
    Egli, invece, vorrebbe già essere sul posto.

     
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    Gran Mastro Gingillo.
    Per vendere, comprare e rendere le vostre giornate più liete.


    Izzet%20Guildmage

    ”HAHAHAHA. POVERI SFIGATI!”

    Whostad non si sarebbe mai aspettato una simile reazione dal vecchio mercante, eppure rideva così forte che molta gente si fermò a vedere cosa era successo.
    Una cosa rara al Bazar delle Talpe.

    "Guarda che non dovresti ridere in questo modo, è terribilmente irrispettoso. Molta gente è morta e alcuni anche in malo modo."

    Disse rimproverandolo. Aveva pensato che con l'età avesse più giudizio.

    ”HAHAHAHA. SMETTILA PER FAVORE, ALTRIMENTI RIDENDO IN QUESTO MODO RISCHIO DI MORIRE ANCHE IO.”

    Niente da fare. Forse Whostad quel giorno aveva sbagliato a parlare della terribile notizia che aveva colpito il presidio Ovest e la sua gente. Quel vecchio aveva più sabbia nel cranio che materia grigia.

    "Basta, me ne vado. Questo è davvero troppo sai?! Avevo amici ad Ovest."

    ”E cosa me ne frega? Guarda che sono loro i primi a non voler essere aiutati ...”, dicendo ciò si mise a sistemare i vari oggetti in vendita sul suo banco, ”... il livello tecnologico di questo mondo è terribilmente basso a causa loro. Io potrei anche intervenire con una schiera di Robot a seguito e aiutargli ma sicuramente mi respingeranno.”

    "Si m-ma devi sapere che sono molto legati alle tradizioni e quindi ..."

    ”... e quindi un corno. Le tradizioni hanno ucciso più persone di qualsiasi altra cosa. Il mondo cambia e se tu neghi questo cambiamento, neghi a te stesso una vita migliore. Non avranno aiuti dalla mia intelligenza di livello dodici. Cavoli loro.”

    Gingillo lasciò poi cadere il discorso sotto lo sguardo incredulo di Whostad.
    Alla fine l'uomo deglutì e salutò il Mastro, riprendendo con la sua classica routine giornaliera.

     
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    Primo Girone, Laputa.
    Presidio Errante, Endlos.


    Si era sentito quel boato fino a diversi chilometri di altitudine, e un caldo vento proveniente da mezzogiorno aveva portato fino a Laputa una parte delle polveri più leggere che ancora non erano precipitate su suolo occidentale. Si trattava di ben poca cosa rispetto a quello che coloro che vivevano più vicini ad Undarm avevano dovuto subire: del resto, il Presidio Errante era troppo lontano e troppo in alto, e il cane che più di ogni altro vegliava su quell'isola non notò conseguenze più gravi di qualche colpo di tosse in più del solito.

    Non vide disordini. Non ce ne sarebbe stata ragione, né tantomeno la possibilità, poiché laddove non bastasse l'autodisciplina degli abitanti, quasi tutti tenuti alla leva militare finché ne fossero stati fisicamente in grado, le massicce e pressoché onnipresenti forze dell'ordine laputensi sarebbero intervenute tempestivamente. O loro, o gli Aviatori. Molti erano entrambe le cose.

    Alcuni, i più pessimisti, si erano limitati a chiudersi in casa e attendere lì la fine del peggio. Altre persone, più curiose, si erano dirette ai bordi della città per poter apprezzare in tempo reale la meraviglia di un vulcano in piena eruzione, o almeno il fumo che riusciva a far breccia fra le nuvole. Forse per questo la maggioranza degli accorsi girava i tacchi e tornava alle proprie faccende nel giro di pochi minuti. Comunque un tempo ampiamente sufficiente per i venditori ambulanti che si erano affrettati sulla sponda sud del girone, appena si accorsero del viavai di persone.

    Evangeline Raillier-Lanty, Matrona di Altatorre, continuava a fissare la colonna con occhi di rubino sbarrati, e la boccuccia semi-spalancata e coperta solamente dalla mancina, mentre la destra stringeva il parapetto di una terrazza panoramica.
    « Con questo posso dire addio al mio pesce. »
    Contrariamente a quanto si fosse aspettato, Gaspode non ricevette nessuna occhiataccia.
    « Come hai detto che si chiama, quella donna che si è proclamata imperatrice dell'Ovest? » Chiese invece Evangeline con un tono che sembrava in qualche modo essere di pietra. Ciò turbò l'Aviatore, un cane non abituato al concetto di sinestesia.
    « Palden Wang-Mu, o qualcosa del genere. »
    « Capisco. Sicuro di potermelo dire? »
    Se avesse potuto stringersi nelle spalle come una persona normale, l'avrebbe fatto.
    « Bah, troppo tardi a prescindere. Comunque nulla che non sia già noto pressoché ovunque nel Presidio Occidentale. Se vuoi restare nell'ombra, non ti dichiari al mondo come sovrana. Non ti dichiari proprio. »
    Evangeline annuì con un'espressione che il cane interpretò come piuttosto assente. Spostò quindi il capo verso il giovane che, come lei, stava fissando quel punto scuro nell'orizzonte, il viso corrucciato in un'espressione tesa. Gaspode poteva annusarne il nervosismo.
    « Aspettate di dare la colpa a lei, ragazzi. Si potrebbe trattare di una semplice... disgrazia, e nulla di più. »
    « Sì, lo so. »
    Rispose l'uomo, che altri non era che Ireneus Raillier-Lanty, il gemello più giovane di Evangeline, e un altro degli innumerevoli figli bastardi di Quarion. Aveva in comune con la sorella solamente i lunghi capelli blu – lisci, a differenza di quelli mossi della sorella, e di una tonalità più scura. Per il resto, erano più o meno sulla stessa altezza, ma il ragazzo era più slanciato, e i suoi occhi erano di un colore diverso. Da quel che ne sapeva il cane, egli studiava arti magiche al Magisterium. Magie curative, se non andava errando.

    « Posso chiederti di indagare per me, zio? »
    « No, » Rispose Gaspode, mentre si grattava placidamente un orecchio con la zampa posteriore. « perché probabilmente verrò chiamato per qualche compito esplorativo per conto di Laputa. »
    « Sì, ma quantom- »
    « Ciò che non sarà considerato informazione riservata, vedrò di farvi sapere. Come mai tanta premura per l'Ovest, però? »
    « Nostra madre viene da lì. » rispose Ireneus.
    « Come il resto del nostro clan. Sono tutte lì. Tranne me, mamma e Amélie. »
    « Che è vostra sorella, vero? »
    « Che è nostra sorella. » confermò Evangeline.

    Curioso, invero, che avesse deciso di non menzionare né il lì presente Ireneus né l'altro fratello rimasto ad Altatorre, che Gaspode conosceva di nome solamente come “Alex.” Il cane decise tuttavia di non indagare oltre.

    « Se dovessi scoprire che quell'eruzione è stata provocata intenzionalmente da qualcuno, cosa faresti? »
    « Ci saranno conseguenze. »
    « Tu non hai un esercito. Non te ne puoi nemmeno permettere uno. »
    Gaspode alzò il muso al cielo, poi si girò e balzò giù dal parapetto, atterrando con relativa grazia (per un cane di quasi trentasei anni) sul lastricato.
    « Altatorre è ancora piuttosto instabile. Mantieni dunque la calma, Evangeline, muoviti solo quando il momento sarà opportuno e, soprattutto, muoviti nel modo giusto. »

     
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  6. Deneb Eilean
     
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    { Presidio Ovest, Undarm }
    pov – Deneb

    È proprio vero che la fine può giungere nei momenti più inaspettati.
    Un boato assordante ha scosso la Linea di Confine col Mare. Mentre cammino per le strade di Undarm nell’aria c’è una quiete irreale, come se quest’intero angolo di mondo stesse trattenendo il fiato in attesa d’immergersi. Quando noto i rivoli di sangue che gocciolano dalle mie orecchie, finalmente riesco a spiegarmi la causa di tutto quel silenzio: devo aver perso i timpani. Sarà che ancora non mi sono abituata al furto più recente perpetrato dalla maledizione - che mi ha intorpidito ogni percezione, compreso il dolore - ma sul momento non riesco a preoccuparmi della sordità. All’orizzonte, in direzione di Berjaska, vedo sorgere una colonna nera attraversata da bagliori sinistri: i lapilli del vulcano si mescolano ai lampi del temporale eruttivo, sfolgorando in un sublime e terrificante spettacolo di luci.

    L’unico pensiero in grado di distogliermi da quella visione ipnotica è mio figlio, rimasto a casa con mia sorella. Starà bene? La catastrofe raggiungerà anche il nostro villaggio nell’entroterra? Ha bisogno di me, devo tornare da lui!

    Ho paura, non voglio morire.

    Inizio a piangere e a scappare da quel cataclisma. Molti altri stanno facendo lo stesso, fuggendo dalla costa. Voltandomi disperata vedo il mare ritrarsi per miglia, e infine comprendo il destino di tutti noi: non c’è luogo in cui nascondersi, non c’è tempo per mettersi in salvo, non c’è rifugio che potrà resistere alla furia incontrollata degli elementi.

    La mia lancia freme tra le mie mani. Deve aver percepito la fine imminente, che l’affrancherà da me e la farà passare in eredità al mio discendente… ma io questo non posso permetterlo: il mio piccino è ancora troppo piccolo per resistere all’influenza di quest’arma maledetta.

    Mi fermo mentre tutti stanno correndo. Smetto di singhiozzare mentre gli altri pregano tra le lacrime. Sento il richiamo dell’oceano mentre i presenti non riescono più nemmeno a udire le proprie urla di terrore.

    Riprendo a correre, ma in direzione contraria al flusso degli abitanti della Sorella Nera. Non affido la mia anima a nessuna divinità, perché è palese che gli dèi abbiamo abbandonato queste terre sventurate. L’unica preghiera la rivolgo a me stessa: fa’ in modo di restituire alle onde questa lancia. La maledizione che ha perseguitato la mia dinastia per generazioni deve finire oggi.

    Raggiungo la costa desolata e noto all’orizzonte la spuma dei flutti titanici che stanno per abbattersi sul porto. Insieme alle onde e alla tempesta mi pare d’intravedere due figure che combattono sul bagnasciuga, ma sbattendo le palpebre svaniscono come sogni ad occhi aperti. Quell’allucinazione di origine ignota - forse un’istantanea sbiadita di auree guerriere rimaste impresse nel tessuto della realtà - riesce comunque a infondermi il coraggio necessario per procedere oltre, stavolta lungo il molo che si protende sulla piana di risacca.

    L’avanzata del mare fa tremare la terra e l’inarrestabile muro d’acqua divora ogni cosa al suo passaggio. Mancano pochi secondi all’impatto del maremoto. Lo tsunami incombe su di me con la sua stazza incommensurabile.

    Ma io non ho più paura.

    La mia aura esplode un’ultima volta, al pari di una stella morente. Sprazzi fiammeggianti d’energia vermiglia invadono il pontile, facendo stridere il legno. Saette rossastre mi percorrono il corpo e sovraccaricano la mia lancia. Ritraggo il braccio attraversato dalle scariche e in quell’ultimo gesto infondo tutta la mia forza vitale.



    « GÁE BOLG! »

    Una roboante meteora cremisi lascia la mia presa per sempre e si tuffa nell’oceano verticale, vaporizzandone al suo passaggio una quantità infinitesima. Il leviatano è tornato negli abissi, lasciandosi alle spalle una madre ormai indifesa al cospetto della morte.

    Così è questa la fine?
    Me ne sono andata combattendo, ma che differenza ho fatto? Migliaia di vite si spegneranno insieme alla mia. Nella più ampia visione degli eventi, è stato un gesto inutile come la liberazione di Sequerus, a cui è seguita un’invasione demoniaca su larga scala. Non ci sarà mai fine alla sofferenza in questo mondo, perché per ogni atto eroico ci saranno altrettante catastrofi pronte a cancellare ogni sforzo.

    Però nel mio piccolo sono riuscita a salvare qualcuno: un bambino che non avrà alcun ricordo di sua mamma, ma a cui ho appena donato un avvenire, dato che non dovrà sopportare il mio stesso fardello. La sua vita sarà senz’altro dura, perché dovrà crescere orfano e in un Presidio martoriato… ma spero che questo mio pensiero possa raggiungerlo nei momenti di crisi: non c’è bisogno di salvare tutti per essere eroi – salva anche solo un’altra persona e avrai salvato pure te stesso.

    Amore mio, sto per raggiungerti.



    Edited by Deneb Eilean - 12/12/2018, 13:13
     
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    NEROCRISOLullabies, look in your eyes
    run around the same old town.
    (atto unico, scena I)
    -----

    Ocean is more ancient than the mountains,
    and freighted with the memories and the dreams of Time.


      L'Etlerth non era ospitale, Endlos non era ospitale. Per questo aveva desiderato così tanto raggiungerla.
      Il viaggio era stato rapido ma tutt'altro che indolore, riusciva ancora a sentire il torpore invadergli il torace e le braccia, mentre voci acusmatiche gli sussurravano di tornare indietro, rimanendo accartocciate a metà fra l'ordine e la supplica.
      L'essere abbassò lo sguardò, guardando le sue mani, i polsi snelli stretti nelle bende. Lapilli luminosi si sollevarono da quelle dita mentre candidi fiocchi di neve prendevano a danzargli intorno. Il suo stesso corpo venne scosso, come partorendo un'esplosione si disfece in una sarabanda di piccole esplosioni, scomponendosi o forse ritornando alla propria natura primigena. Un agglomerato luminoso e vociante che si staccò dalla distesa gelata, scomparendo nel cielo cupo del Nord.
      Era tempo di andare.

    Yuzrab, da qualche parte a nord

    Non c'era alcuna oscurità da spezzare, nessun incubo da rincorrere.
    Il vento del deserto gli spazzava in faccia granelli di sabbia arroventata, piccoli mulinelli rabbiosi che non accettavano di poter perdere lo scontro con il suo corpo che rimaneva immobile, il piccolo lago di vetro sotto ai suoi occhi. Quasi non respirava, per la calura ed il fastidio. Non era una vera tempesta di sabbia, sembrava piuttosto che il deserto si divertisse a fargli i dispetti. Sul suo volto smunto e contratto era disegnato un ghigno ma il suo sguardo tradiva una certa preoccupazione. Qualunque cosa si fosse aspettato di trovare, lì non c'era. Forse, non c'era mai stata.
    Si accovacciò, incastrando il mento fra le ginocchia e - mentre si sorreggeva in un precario equilibrio sulla punta dei piedi - guardò la propria immagine deformata riflessa nel lago di vetro. Per una volta, in assenza di testimoni, riuscì ad ammettere di trovarsi insopportabile ed incompleto. Non c'era tristezza in quel pensiero, era più che altro una sorta di asettica definizione dello status quo, comunque molto lontana dalla rassegnata accettazione. Sentiva la rabbia risalire lungo la spina dorsale, raddrizzarlo, frizzare in ogni direzione, attraversare in un guizzo i muscoli, concertare ogni piccola contrazione sul suo volto. Picchiò il pugno al suolo, rendendosi conto solo in quel momento che a ricevere i suoi colpi era il deserto. Erano solo granelli sparsi nel vento in un mare ocra troppo grande e terribile per essere attraversato.
    Perché era lì? Cosa stava cercando? — Cosa sto facendo?, si domandò.
    Me lo stavo giusto chiedendo., gli rispose una voce ancor più roca della sua, se possibile.
    Si voltò, cercando l'origine di quelle parole. Trovandola, non riuscì a trattenere un moto di sorpresa, gli occhi strabuzzati e le labbra riarse appena dischiuse in un sibilo di stupore. Quella creatura gli somigliava in maniera inquietante.
    Fare a pugni con il deserto è una lotta impari., ridacchiò lo sconosciuto. Il suo tono era più di derisione che di compatimento, non esprimeva domande ma sentenze, e riusciva a farlo con una semplicità antica, quasi cordiale.
    D'istinto, tradendo un certo imbarazzo per la sua intimità violata, Nerocriso si rimise in piedi. — Curioso, non ricordavo di aver chiesto delle opinioni..., disse, interrompendosi per spazzolarsi via la rena dagli abiti. — ...inutili? suggerì prontamente l'altro, approfittando di quell'istante di silenzio.
    ...del cazzo., concluse prontamente. Si era ripreso in fretta dallo stupore, ma la curiosità restava: chi era quell'essere le cui sembianze erano così simili a quelle del fu Visconte d'Ombra di cui aveva occupato il corpo?
    Era solo un'opinione. disse lo sconosciuto, con un sorriso limpido.
    Le opinioni hanno distrutto imperi., ritorse l'Avatar. Lo sconosciuto si guardò intorno con aria troppo spaesata per non cogliere l'ironia del gesto. — Sarebbe questo il tuo impero? Ti serve un arredatore d'esterni, amico.
    Un lampo vermiglio di genuina indignazione attraversò gli occhi scuri dell'Avatar, come una cresta di spuma attraversa il mare in burrasca.
    Non rispose. Voltò le spalle a quell'individuo petulante, rivolgendo la propria attenzione allo sterminato deserto. Un impero del genere non avrebbe accontentato nessuno, si disse. Lo sconosciuto prese a fischiettare, apparentemente non dando peso alcun al fatto di essere stato bellamente ignorato.
    Pare che io non ti faccia nessuna paura., disse, senza nascondere del tutto il proprio fastidio.
    Se vogliamo essere brutalmente sinceri: no, nemmeno un briciolo., rispose lo sconosciuto. Nerocriso ghignò di quella risposta, sapendo di poter contare su orrori molto più grande di quanto potesse immaginare quella creatura, qualunque cosa fosse.
    Non sai con chi stai parlando, mi sembra evidente.
    L'altro rise, garrulo. — So perfettamente chi sei, Enoma.
    Lo sconcerto tornò a impadronirsi dell'Avatar, palesandosi nello sguardo attonito che riservò allo sconosciuto, cercandone gli occhi. Li trovò neri, liquidi. Antichi, come e più dei suoi. Si impose di non rabbrividire, ma gli risultò difficile.
    Chi... o cosa sei? riuscì a domandare. Lo sconosciuto gli rispose con un sorriso fatuo - così simile al suo, così fastidioso - ed una scrollata di spalle. — Il mio nome non può essere pronunciato nelle lingue che conosci e comprende suoni che non saresti in grado di articolare. Puoi chiamarmi con il nome della mia schiatta: Grigori.
    Quel nome fece suonare un campanello dentro di lui, ma troppo remoto perché riuscisse a ricordare dove l'avesse letto o sentito.
    E dimmi... - riprese lo sconosciuto - cosa ci fa uno come te tutto solo in mezzo al deserto?
    Si ritrovò a rispondere prima ancora di potersi sorprendere dell'intenzione di farlo. — Cercavo qualcosa. Senza successo, come avrai intuito dalla mia reazione. Grigori sorrise, divertito da quella definizione. — E tu?
    Io? domandò, con la solita seccante spensieratezza.

    8vpX61e

    Io sono venuto a godermi lo spettacolo.
    Non finì di dirlo, ed Enoma non ebbe tempo di interrogarsi sul significato di quelle parole. La terra tremò e sull'orizzonte, lì dove il deserto terminava affacciandosi sulle acque cristalline, un filo di luce piombò a strapiombo. L'esplosione fu effettivamente spettacolare, come solo le catastrofi sanno essere. Un'esplosione di luce dipinse con il suo riverbero il cielo in lontananza, ma fu solo un istante. Poi venne il boato, assordante, accompagnato da un tremore più intenso. Si scatenò un bailamme di sordida sabbia sollevata dall'onda d'urto che li investì in pieno rischiando di trascinare via entrambi, nonostante l'enorme distanza che li separava dal luogo degli avvenimenti. Pochi istanti d'incredulità e silenzio, poi la vide, dalla duna su cui erano entrambi in piedi, ormai inzaccherati da quell'arena che non aveva mai conosciuto la salsedine: una sferzata d'acqua, un nephilim umido che a ondate si scagliava sulla terra, portando con sé una furia atavica, stretta negli albori del mondo - di tutti i mondi - del tutto antitetica alla narrativa comune che vedeva l'acqua indicata come fonte di vita. Acqua nera, inaspettata, devastatrice.
    Tornò la calma, e con lei un silenzio che risultava innaturale, interrotto dall'applauso ritmico di quel curioso figuro che, in piedi di fianco a lui, acclamava il cataclisma con un fervore che appariva tanto più inquietante quanto era tragico il contesto. — Cosa... cosa è stato?, domandò allora l'avatar.
    Grigori sorrise, voltandogli le spalle. — Ti ricordi di Krakatoa? Questa era la sua versione endlossiana.
    Il corpo dello sconosciuto divenne traslucido, sembrava perdere corporeità mentre fiumi di scintille apparivano lì dove erano state le sue membra. Enoma impiegò alcuni istanti per capire il significato di quelle parole, ma quando gli fu chiaro il suo sgomento ne fu solo aumentato.
    Dunque... Berjaska..., balbettò, ancora confuso da quella assurda sequenza di avvenimenti.
    Dimentica quel nome. L'isola dei vulcani non esiste più., sentì dire dalla voce di Grigori,
    anche se lui non era più lì. Al suo posto, un globo incandescente avvolto da decine e decine di strali luminosi, che senza battere ciglio si sollevò in aria, scomparendo verso il cielo, una stella cadente a rovescio.
    Nerocriso rimase immobile a contemplarne la scia, il volto divenuto una maschera di pietra.
    Quello era davvero uno strano giorno.


    Ho approfittato dell'opportunità per "presentare" un personaggio prossimo a sbarcare su Endlos. In mancanza di una scheda, comunque, li ho considerati entrambi come PnG.
     
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    Eterea…

    una esile figura curva e logora dal tempo con candide chiome ricciute attorcigliate sul capo e occhi verdi, vispi e scintillanti tra le rughe. Strano come qualcosa di così minuto e palesemente fragile potesse trasmettere un’autorità statuaria, come quella pelle secca e chiazzata potesse avere un aspetto marmoreo. Una lacrima si impigliò tra le ciglia dell’anziana prima di scivolarle sul suo volto e suggerire che sì, lei era una creatura viva.
    “Miriam, dobbiamo andare!”
    Tuonò una voce dietro di lei, ma la donna non si mosse. Rimase appoggiata al parapetto del balcone, dove era ancora stesa la sua biancheria, la loro biancheria. Le sue iridi scrutavano il cielo dove si ergeva una scura e imponente colonna di fumo.
    “E dove?”
    Chiese con voce flebile accompagnata da un sorriso però tradito dal tremolio del labbro inferiore. A quel punto l’interlocutore si mosse verso di lei. Ad ogni passo un ricordo: il loro divanetto, la carta da parati macchiata in quel posto, il disegno donatogli dal figlio dei vicini. Lui! Il piccolo Giuseppe dai capelli scompigliati e i denti storti che li chiamava zii nonostante non vi fossero legami di parentela. Loro non avevano mai avuto figli, però quel ragazzino, a cui spesso Miriam faceva da tata, era stato per loro una benedizione. Purtroppo ora Giuseppe era in spiaggia con il papà.
    L’uomo cercò di cancellare quel pensiero e si avvicinò a sua moglie prendendola delicatamente per le spalle e facendo intrecciare i loro sguardi. Così lo smeraldo si perse nell’acqua marina e le parole rimasero inchiodate nella gola di lui. Al che la tenace Miriam prese la faccia dell’altro tra le sue mani avvizzite e tremanti, seppur straordinariamente salde.

    “Ernesto...”
    Disse con tono serio e una nota di paura mentre le acque del mare si ritiravano e loro -saggi- sapevano cosa significava.
    “... va bene così.”
    Ormai le lacrime le rigavano il volto e lo stesso fu per suo marito che con un filo di voce sussurrò.
    “Avevo promesso che mi sarei preso cura di te. Invece...”
    La vecchietta scosse la testa.
    “Oh… tu hai fatto molto di più. Tu mi hai salvata, la mia vita sarebbe stata così monotona senza un...” tirò su col naso e ridacchiò “... senza un Ciclone come te!”
    Però poi aggiunse.
    “In queste settimane sono stata così in pena per te, ma ora vorrei che tu avessi posticipato ancora il tuo arrivo di un giorno.”
    Il vecchio era arrivato proprio quella mattina dopo una lunga navigata dal Meridione all’Occidente. Il suo ritorno era stato largamente posticipato poiché la sua ciurma era stata decimata -e la sua nave affondata- a seguito di un incontro ravvicinato con un Veliero maledetto e il suo Kraken. Quel giorno il vecchio lupo di mare aveva visto la morte negli occhi e non si aspettava che questa lo perseguitasse. O magari si trattava solo un infame scherzo del destino? Una domanda di cui Ernesto non aveva risposta, mentre una certezza pura e semplice l’aveva.
    “No, se c’è un posto in cui voglio stare ed è accanto a te.”
    A quelle parole i due si guardarono per un lungo attimo, e si sarebbero scordati di tutto il resto se solo la fine non stesse incombendo su di loro in modo così brutale. Un rombo si levò dagli abissi e un’onda gigantesca andò a coprire l’orizzonte, le urla furono assillanti. Dal terrazzino le persone che brulicavano per le vie alla ricerca di un riparo somigliavano a tante formiche. Una donna scappò lasciando andare la carrozzina, il neonato al suo interno strillò finché non si cappottò giù per la stradina. Un uomo in lontananza venne travolto mentre correva con la sua bambina in braccio.
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    “Per le divinità marine!”
    Esclamò Miriam prendendo le mani del marito e rannichiandosi a terra. Ernesto la seguì avvolgendola in un abbraccio.
    Non era giusto!
    Erano persone oneste, pacifiche! Perché venivano puniti in quel modo?
    Non erano pronti per quello!
    “Volevo vederti ancora.”
    Urlò l’uomo disperato mentre la sua Miriam cercava di avvinghiarsi a lui il più possibile fra singhiozzi e urla.

    “Ti amo-Non mi lasciare- TI PREGO!”

    Non si capiva chi stesse gridando, forse entrambi. Poi il mondo si abbatté su di loro con forza, il dolore fu straziante, il rumore delle ossa che si spezzavano assordante. I loro corpi si sciolsero da quell’abbraccio, gli anni insieme vennero sciacquati via come le loro vite.
    L’ultimo pensiero di Ciclone andò a Lei, che aveva visto per la prima volta su uno scoglio con i capelli lunghi e biondi baciati dal sole. Al loro “Sì!”
    La sua sirena, la sua Miriam!

    Ti amo...

     
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    Presidio del Nord - Etlerth

    L’enorme distesa innevata si apriva di fronte i suoi occhi. Il cappotto pesante che si era procurato lungo la via era appena sufficiente a non farlo congelare. L’aria fredda, tuttavia, trovava sempre uno spiraglio dove infilarsi, facendolo tremare. Il fiato gli si condensava in piccole nuvolette bianchicce davanti al naso.
    Per fortuna, il viaggio stava per terminare. Di fronte a sé poteva vedere gli alberi del bosco che gli era stato indicato di raggiungere.

    Era successo dopo l’ennesima prova disastrosa. Erano salpati con il Veliero alla volta di un mostro marino. Durante lo scontro, sangue ovunque. Per le ferite inflitte dal combattimento, ma anche per il sacrificio che le armi dategli dallo strano servo del mittente del lavoro gli aveva dato. I cannoni ti svuotavano di energie per funzionare, mentre la polena richiedeva il dolce liquido rossastro per avvolgere con le spire di una catena il mostro e non farlo scappare.
    E di sangue ne avevano dovuto versare.

    Il Daligar nella sua testa gli aveva detto che si stava risvegliando. La sensazione era più quella di morire, però. Ed era morto varie volte sul veliero, quando aveva rivissuto le morti degli altri come lui.
    Degli altri .
    Tutto è uno.

    « Ora hai capito di essere debole? »

    Gli aveva chiesto l’altro sé.
    Il silenzio era calato nell’oscurità che li avvolgeva durante quel contatto mentale.
    Non aveva bisogno di articolare una frase in risposta. L’altro già sapeva come si sentiva.

    « Va a Nord. Lì troverai la vera forza. »

    Tramite quel contatto gli aveva passato varie immagini. Una foresta. Una porta nella roccia. La strada per arrivarci.
    Tornati in porto aveva fatto i bagagli ed era partito con la prima carovana verso Merovish e da lì verso il Nord.

    Immerso nei suoi pensieri, Daligar si perse il lampo di luce che scatenò il cataclisma nel Presidio Ovest. Ma non poté non notare le nubi nere che dopo qualche minuto avevano riempito il cielo nella direzione del mare. Le acque che il suo Capitano solcava con il veliero.
    Era forse successo qualcosa?

     
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    Da qualche parte nel Nishikaigan, Feudi Settentrionali.
    Presidio Occidentale, Endlos.

    Continuando a guardare il fumo che si innalzava dalla bocca della montagna, Sadwrn, durante la sua discesa dal Picco del Forte, si era domandato se a provocare l'ira di quest'ultima non fosse stato proprio il gesto plateale di quel tale James Bond, e si fosse trattato di conseguenza di un evento in realtà del tutto sconnesso dalla profezia.
    Riflettendoci, però, ciò significava che l'Occidente avrebbe dovuto far fronte possibilmente ad un altro disastro del genere, forse uno perfino peggiore. Così il Worren aveva tirato il sospiro di sollievo più sbagliato della sua vita, proseguendo di fianco al bouzu e al guerriero umano che aveva deciso di aiutare. Solo, non riusciva a togliersi dalla mente le parole di quel sedicente nobiluomo. Quale altra parte della profezia sarebbe cominciata e, soprattutto, quando?

    Oramai nel Nishikaigan, e a poche ore di cammino dal monte Hokuga, Sadwrn sollevò lo sguardo ad un cielo nel quale non si scorgevano altro che bianche nuvolette solitarie. Certamente nulla che lasciasse presagire quella che i suoi predecessori avevano chiamato “Ira del Cielo.”

    « Owya! »
    Si trovò all'improvviso a doversi strofinare energicamente gli occhi, rimuovendo da essi granelli di... cenere, portata dal vento fino ai recessi più settentrionali del presidio. Quanti danni erano stati sofferti a Undarm?

    Undarm.
    Veniva chiamata comunemente la “Linea di Confine col Mare.” Berjaska, su cui si trovava il vulcano esploso poco tempo fa, si poteva raggiungere in barca con relativa facilità dal porto della città! Se non si trattava dell'Ira del Cielo, allora ciò a cui l'Ovest doveva prepararsi era quella delle acque, quella appunto del Mare.

    Ciò implicava allora che...
    ...doveva partire per i feudi meridionali, e il prima possibile. L'indomani stesso, se necessario. Anche se sia il suo corpo che la sua anima avrebbero di gran lunga preferito riposare, dopo la provante esperienza della cattura per mano nemica, dell'esecuzione evitata per un pelo e di un intero palazzo che gli era crollato addosso. Anche se voleva tornare al villaggio per riuscire almeno a salutare i suoi cari, per annunciare loro che era riuscito a tornare vivo e vegeto, e neppure del tutto sconfitto. Stare fra altri Worren.

    Worren che, se i timori di Sadwrn erano fondati, potevano essere fra gli ultimi rimasti.

     
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    Villa Garnet, Argenstella
    Pentauron, Endlos.

    « PADRONEEEEEEEEE! »

    Le grandi porte d'ingresso di Villa Garnet si spalancarono di colpo, e il frastuono che emisero rimbombò nel silenzio dell'ampio atrio e dei corridoi adiacenti, destando l'attenzione di chiunque l'abitasse in quel momento. Ancora ferma sull'uscio, intenta a riprendere fiato, Ariel attese che i suoi compagni si palesassero. Nella sala, cinque accumuli di denso fumo nero fecero la loro comparsa in punti diversi, vorticando su loro stessi fino a materializzare cinque figure intente a osservare la ragazza.

    « Ariel, che succede? »
    le chiese Miranda, apparsa a soli pochi passi da lei con voce preoccupata.
    « Spero tu ci abbia convocato per qualcosa d'importante. »
    commentò Umbriel da accanto alle scale, le mani che reggevano una cassa piena di ampolle vuote.
    « Si tratta di Berjaska! Il vulcano è eruttato, l'isola è collassata e ha causato uno tsunami che ha spazzato via Undarm! »
    disse quasi tutto d'un fiato.

    Dalla cima dei gradini, Oberon e Titania si guardarono con perplessità, non capendo per quale ragione la ragazza dai capelli rosa fosse entrata col fiatone per avvisarli di un qualcosa successa così lontana da loro. Miranda -dal canto suo, che già aveva inteso quale fosse il punto- si portò il palmo della mano sul volto, sospirando. Umbriel invece, lanciandole uno sguardo totalmente disinteressato, si voltò per imboccare il corridoio che conduceva ai sotterranei, tornando ai suoi affari.

    XGf6p
    « ... e allora? »

    Esattamente al centro della stanza, Ruxiel la osservava con la sua solita apatia, suscitando un tentennamento da parte della ragazza. Lì per lì, Ariel non era sicura se procedere con la spiegazione o lasciar perdere, ma l'avvenimento di un cataclisma di così grandi proporzioni la spingeva a farsi coraggio.

    « Dobbiamo aiutare quelli che sono nelle zone limitrofe! Potrebbero esserci dei feriti! »
    gridò, per poi voltarsi verso l'uscita.
    « Fermati subito! Te lo proibisco. »
    « Ma- »
    « NO! I nostri affari sono qui ad Argenstella, Ariel.
    Ficcatelo in quella tua testa bacata.»


    E così, dopo averla rimproverata per l'ennesima volta, Ruxiel svanì così com'era venuto, immergendosi nell'Oscurità. Miranda se ne andò per seconda, scuotendo la testa prima che il denso fumo nero la circondasse. Oberon e Titania svanirono insieme, lanciando uno sguardo di disapprovazione alla compagna.

    « E' ancora così umana... »
    disse Titania appena prima di attraversare il Corridoio Oscuro.

    Ora, nell'atrio restava solo una Ariel avvilita, con lo sguardo fisso verso il basso.
    In compagnia della solitudine.

     
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    “Dici sono tutti morti // Non esiston altre sorti?”
    Singhiozzò Jester mentre tremando sprofondava fino alle ginocchia nelle onde gelide. Intanto la sua vista era annebbiata tra le lacrime e il mondo le si comprimeva in petto rendendole difficile respirare. All’orizzonte un’enorme colonna di fumo oscurava il cielo, visibile a miglia di distanza. A quanto le stava dicendo il suo interlocutore era accaduta una tragedia apocalittica: il vulcano era eruttato a Berjaska e uno tsunami si era abbattuto sulla costa Ovest ricoprendone le terre.
    A risvegliare la fanciulla dall’attacco fu il sibilio della serpe arrotolata al suo collo. La Strega annuì a quel suono come se capisse la lingua della bestiola e tolse i piedi dall’acqua che le prometteva l’ipotermia. Dopodiché tornò a parlare.
    “Mi spiace per tuo figlio // Riposi su buon giaciglio”
    Diede così le condoglianze la Strega alla grossa femmina di Nar’Qroth che le nuotava davanti prima di immergersi e lasciarla sola coi suoi pensieri. Il Giullare si passò le mani sulla faccia sciogliendo il pesantissimo trucco e lasciandosi una grottesca maschera. La sua mente vagava, non voleva pensare alla gente che aveva perso quel giorno, Miriam, Ciclone! Cavolo… avrebbe fatto bene ad ammazzarlo sulla sua barca assieme al resto dell’equipaggio. Poi un pensiero terribile si fece largo nella sua mente… e se con loro fossero morti altri che conosceva? Se un aviatore… se Ted avesse deciso di scendere da Laputa quel giorno? E se l’ancora che teneva salda Laputa sul presidio occidentale fosse stata inabissata con tutto il resto? La donna si maledì per non aver mai studiato la geografia del semipiano, forse sarebbe stata tranquilla se solo si fosse informata.
    Se solo…
    con forza la Selvatica si assestò uno schiaffo che le arrossò la guancia sotto il pesante cerone bianco. Continuò a tremare, ma stavolta era solo il freddo. Dovette respirare forte e schiaffeggiarsi ancora prima di pensare positiva. Perché doveva vedere tutto in un’ottica diversa… non doveva essere triste. Non doveva essere triste! A lei soffrire non piaceva. No, no, la sofferenza non era cosa per i giullari! NON LO ERA!
    Sorrise ripetendosi il mantra della felicità finché con scoppiò a ridere dirigendosi verso la sua imbarcazione. Il Graogramàn, il grosso Veliero, l’attendeva troneggiando imponente fra le acque salmastre. La Strega ci si arrampicò sopra come una lucertola per poi appollaiarsi sul cornicione, la ciurma attendeva che lei spiegasse cosa era accaduto. Si alzò in piedi e con le braccia tese davanti a sé e i palmi abbassati segnalò di far silenzio.

    “Oggi il bacio della Morte // Dell’occidente è consorte
    Il semipiano è in lutto // Per un presidio distrutto
    Sull’Ovest s’è abbattuto il fuoco // e l’acqua ne ha lasciato ben poco”

    Il Capitano del Graogramàn fece una pausa lasciando che il messaggio filtrasse nelle menti della sua ciurma. I suoi occhi d’onice ne passarono in rassegna i volti, poi fece lo stesso -ma velocemente- con l’equipaggio fantasma. Si sorprese nel vedere che alcuni erano molto rattristati, forse in vita quelle erano state le loro terre. Eppure il discorso non sarebbe stato tetro ancora per molto. In fondo loro erano in vita -più o meno- per miracolo, anzi…

    PER CULO!

    Perché Jester aveva scelto di andare in meridione prima dell’occidente? E perché? Semplicemente per un capriccio! Considerava il nome “Porto sepolto” più adatto una nave fantasma, tutto lì! Così erano scampati alla disgrazia. Perciò…

    “Ascoltate questa non è la fine // Ma segno da divinità marine!”
    No! Cindy Narhella, detta Jester, non ci credeva neanche un po’ a quelle parole, ma le piaceva vederla così. Inoltre era sua intenzione fomentare e risollevare gli animi.
    “Il Veliero è degno // Il Mare è il nostro Regno”
    Gridò la Strega indicando lì dove una volta ci sarebbero state le terre.
    “Lo so ch’è davvero doloroso // Ma lungi da me andar in ritroso,
    Ce l’hanno urlato dall’abisso // Che questo luogo è per noi fisso.”

    Piccola pausa scenica, ecco a cosa erano serviti tutti quegli anni sul palco col suo vecchio.
    “Pertanto vi chiedo di perseverare // Così da conquistare tutto il Mare!”
    E il resto!
    Si disse Jester alzando il pugno al cielo. Qualcuno l’avrebbe presa per un avvoltoio -o meglio- un pesce spazzino che banchetta con i corpi degli annegati. Ma aveva davvero importanza? Lei non poteva cambiare le cose, i morti erano morti, e a quel punto tanto valeva trarre vantaggio da quella tragica situazione.

     
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    ~skekDor "il mezzo-Mistico"~

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    "Ah!"
    Era accaduto improvvisamente. Come un pizzicore alla base della nuca, di quelli di cui a stento si riesce a cogliere l'origine.
    Il fatto strano era che la faccenda stesse capitando in sogno.
    Sulle prime, per pochi istanti, skekDor fu quasi portato a credere che si trattasse dell'ennesimo scherzo di qualche oniromante. Non sarebbe stata la prima volta, del resto...
    E invece, subitamente, i suoi sensi gli confermarono il motivo della strana sensazione.
    Seduto sul trono, all'interno del castello degli Skeksis, skekDor si sorprese inoltre di vedere l'ambiente farsi più opaco.
    Metà della sala reale scomparve, lasciando posto a una pianura ridente e illuminata dal sole.
    Una figura si fece strada fra i colli, raggiungendolo dopo pochi istanti, come se, ad ogni passo, la sagoma si trasportasse in avanti di diversi metri.
    L'essere, munito di quattro muscolose braccia e con una lunga chioma bianca a coprirgli la testa dal muso allungato, arrestò la sua marcia dirimpetto lo Skeksis, e lì rimase.
    Aprì bocca, e ne uscì un suono baritonale, eppure piacevole all'orecchio: "L'hai percepito anche tu, vero?" Domandò, e poi socchiuse gli occhi, congiungendo due delle quattro mani in preghiera, mentre con l'altra coppia strinse saldamente la sua verga da passeggio.
    "Un coro di milioni di anime impaurite e sofferenti, e poi più niente... Solo la litania che accompagna l'essenza in cielo."

    Lo Skeksis mise il gomito destro sul poggiolo, carezzandosi poi una guancia: "Già... Eppure, non m'era mai capitato di udirla così forte. Non qua su Endlos, almeno. C'è stato uno sterminio, a Ovest. Non so chi o cosa ne sia la causa, però... è piacevole constatare che il destino, alle volte, sia in grado di offrirmi simili soddisfazioni."

    Inarcando le sopracciglia e strabuzzando gli occhi, urElah sollevò la verga e la picchiò con violenza al suolo. Poi, additando la metà oscura, mormorò: <b>"Non puoi! Non puoi poter anche solo pensare qualcosa del genere. Sono morti dei mortali: umani, animali... bambini e cuccioli, persino..."

    Agitando una zampa con aria di sufficienza, lo Skeksis sbadigliò svogliatamente: "Yawn... E ora hanno la pace. Pfui! Un Presidio che fa così largo uso della tecnologia, senza considerare la spiccata condotta discriminante verso le altre razze... Beh, non vedo davvero l'ora di farmici una passeggiata rinfrancante. Scommetto che in questa stagione è piuttosto silenzioso."

    Il Mistico sollevò un indice per dire qualcosa, ma i contorni della piana vennero rapidamente divorati dalle pareti marmoree e ricche di drappi violacei del palazzo degli Skeksis.
    skekDor assottigliò lo sguardo: "Credo sia ora che torni al tuo posto. Questo confine è mio. Anzi, già che ci siamo..."

    "Uuuh..." Mugugnò lo Skeksis, aprendo improvvisamente gli occhi al mondo reale.
    Il suo intero campo visivo era ora colmato dalla maestosità del baldacchino che aveva scelto per addobbare il suo giaciglio.
    Con estrema calma, il mezzo-Mistico sollevò le coperte, poggiò i piedi a terra e iniziò a prepararsi.
    Prima, si diede una bella rinfrescata con una tinozza piena d'acqua tiepida. Passò poi a lisciarsi le penne e a incipriarsi con cura il becco.
    Infine, riposta la vestaglia su di un pratico appendiabiti in legno, iniziò a coprirsi dei vari strati di tessuto che costituivano il suo verdugale.
    Il tutto, cinguettando e fischiettando di gusto.

    Quando arrivò a poppa della nave, si sorprese di veder tutti lì già riuniti. O forse neanche troppo: Jester di sicuro, come lui, poteva aver percepito qualcosa. Era pur sempre una strega.
    E infatti, lo Skeksis arrivò appena in tempo per sentirla parlare.
    Le rime del giullare erano permeate di sofferenza malcelata e ricolme di cordoglio per la sciagura. Eppure, più questa spiegava, e più un moto di riso incontenibile invadeva le membra marce di skekDor.

    "Pfff... Caw-cahw-harr-harrwk!" Rise sguagliatamente quest'ultimo, sollevando un palmo al cielo.
    "L'Ovest sarà anche distrutto, ma dalla sua cenere potrà forse sorgere qualcosa d'infinitamente migliore!" Esclamò a gran voce, perché tutti lo sentissero.

    L'energia del Cristallo fluì nel suo braccio alzato, condensandosi in una sfera di minuta fiamma violacea.
    "Talvolta è preferibile dare alle fiamme un campo che non produca più buoni frutti, piuttosto che accontentarsi d'un raccolto misero e insipido. La sorte, la sorte, la sorte è equa, e anche nel peggiore degli scenari c'è modo di vedere il lato positivo delle cose! Perciò, che si rida e si festeggi! Altri sono periti, altri ancora periranno a breve. Ma noi siamo qui. Noi siamo ancora qui!"
    Lasciando libera la sfera di deflagrare fra le nubi, lo Skeksis creò, nella volta celeste al di sopra del vascello, un cono di fumo scuro, sormontato da un violaceo cratere zampillante lava.
    Lapilli di piccole, medie e grandi dimensioni ricaddero giù al suolo, minacciando di vaporizzare l'acqua al loro contatto, e d'incenerire la stessa nave su cui la ciurma si trovava.
    Eppure, lo spettacolo sembrava essere intrattenimento e nulla più. Il fuoco divino era caldo, puzzava di zolfo ed etere, eppure non pareva intaccare la realtà con cui entrava in contatto.
    Persino la sfera che, ricadendo a piombino, avrebbe dovuto polverizzare l'intero equipaggio del Graogramàn, altro non fece se non esplodere in una coltre fiammeggiante sì realistica, ma totalmente illusoria.

    Abbassando la zampa al petto, e congiungendola con l'altra, skekDor si sfregò i palmi fra loro: "Non è questo, in fin dei conti, il succo del discorso, strega?"

    Salute: 100%
    Stato psicologico: 100%
    Energia: 100%
    Classe: PRIMARIE: Elementalista - Avatar - Trickster

    Armamentario:

    - Frammento del Grande Cristallo:
    Si tratta di una minuta porzione, della grandezza d’una mela, del Grande Cristallo originale. Il colore ricorda quello dell’ametista, anche se le tonalità variano considerevolmente a seconda dell’ora del giorno e dello stato mentale di skekDor. Normalmente si trova all’interno del corpo dello Skeksis, il quale lo vomita fuori solo nel caso in cui dovesse bagnarsi nei suoi raggi curativi. E’ un oggetto che può venire utilizzato solo dalle divinità: nelle mani di un qualunque mortale apparirebbe come una semplice pietra preziosa.
    La scheggia del Grande Cristallo erige inoltre naturalmente un velo invisibile tutto attorno al corpo dello Skeksis, la cui robustezza è equiparabile a quella di una corazza pesante. Ogni colpo portato a questa protezione evanescente produce sprazzi d’energia violacea. Qualora la barriera dovesse cedere, le zone di frattura diverranno visibili a occhio nudo e, fino a completa rigenerazione del potere, non sarà possibile innalzarne un’altra

    - Caesti eterei:
    Qualora la situazione lo richieda, skekDor attinge al potere del Grande Cristallo per ricoprire mani e avambracci di vispe zaffate di mana fluorescenti nel verde, che ricordano nella forma dei guanti da combattimento avvolti dalle fiamme. Queste insolite armi hanno la resistenza dell'acciaio e, a ogni colpo portato, lasciano dietro di loro una scia eterea che scompare dopo pochi secondi (La scia è scenica e non ha consistenza). La gittata dei colpi è di circa un metro da ciascun avambraccio di skekDor

    - Specchio della vicinanza:
    Questo piccolo e finemente decorato oggetto delle dimensioni di una palla da tennis sembrerebbe solo un comune specchietto da trucco rinascimentale a un occhio inesperto. In realtà, focalizzando l'attenzione su una creatura in particolare, sarà possibile vederne l'immagine riflessa e comunicare con essa in tempo reale, ovunque si trovi su Endlos. Lo specchio consente un dialogo basato sia sulle parole che sui pensieri, purché entrambe le parti acconsentano a creare il tramite che rende possibile l'incanto

    - Dono di Hans:
    Si tratta di un piccolo teschio di pollo, fra le cui orbite passa una cordicella a mo' di ciondolo. Per chiunque, potrebbe sembrare un semplice monile ornamentale, ma non per skekDor. Si tratta infatti di un regalo molto speciale. Oltre il levigato osso si celano i sogni e le speranze di un animo puro, che ha visto nello Skeksis ben più della grottesca entità che tutti percepiscono. Concentrandosi, skekDor può usare questo piccolo oggetto come una sorta di filo d'Arianna per materializzarsi istantaneamente a Valiinorê, senza dover attingere direttamente ai suoi poteri. Eventuali alleati potranno seguirlo nello spostamento entrando in contatto diretto col suo corpo. Il ciondolo manterrà le sue proprietà fino a che il bimbo Hans continuerà a vivere nel villaggio di Valiinorê (L'uso dell'oggetto è da concordarsi in Off coi player o, eventualmente, coi master coinvolti)

    - Pietra d’Ombra:
    Una piccola pietra nera cubica, simile ad uno scuro opale. Attivando quest’artefatto è possibile creare una fitta cortina di nebbia scura che si dirige contro un nemico o una specifica zona, limitando così la visuale dei presenti [Abilità Attiva – Supporto; Consumo: Variabile]

    - Orologio da taschino:
    Si tratta di un comune orologio a carica, legato a una catenella. Gran Mastro Gingillo ne fece dono a skekDor, durante il loro primo incontro. Fa da tramite per la tecnica temporale dello Skeksis

    Passive:

    - Semi-immortalità:
    L’organismo di skekDor non è dissimile da quello di un cadavere che cammina. Non ha realmente bisogno di nutrirsi, a eccezione dei raggi assorbiti dalla luce solare rifratta sul frammento di Cristallo nero. In alternativa, può assorbire le anime dei vivi come sostentamento. Può provare dolore, ma mai fatica. Nella sua nuova forma, skekDor può esser ferito gravemente, ma non ucciso. Sopravvivendo a uno scontro mortale, gli basterebbe quindi irradiare la luce riflessa del sole sul Cristallo per poter rimarginare nell’arco della giornata ogni tipo di danno e tornare come nuovo. Eventualmente, potrebbe attingere all'energia delle anime stipate nel suo ventre per rimarginare parte dei danni subiti a seguito di una battaglia (L'uso di quest'ultima abilità è da concordarsi in Off coi player o, eventualmente, coi master coinvolti) [Abilità Passiva – Immortalità + Rigenerazione + Resistenza all’esaurimento delle energie]

    - Signore del Cristallo:
    Il frammento del Grande Cristallo consente allo Skeksis di accedere a una fonte pressoché inesauribile di potere e di evocare i suoi incanti in maniera istantanea. Inoltre, skekDor ha la capacità di accorgersi di essere oggetto di eventuali intrusioni mentali o illusioni avversarie. Infine, la barriera naturalmente prodotta dalla gemma difende il suo padrone anche dalle emozioni indotte dagli avversari più meschini [Abilità Passiva - Aumento della riserva di mana del 10% + Instant Casting + Mindfuck-Alert + Trick Detector + Difesa dalle malie]

    - Percezione dell'anima:
    Ogni essere vivente, organico o artificiale che sia, dispone di un fluido vitale che attraversa ogni atomo del suo corpo e che gli permette di muoversi e pensare. skekDor, concentrandosi, è in grado di espandere le sue sensazioni fino a un'area circolare di 30 metri, individuando esattamente la posizione di ogni creatura presente al suo interno attraverso la percezione della risonanza dell'essenza, tramite quello che definisce "occhio interiore". Le varie essenze trovate figureranno nella sua mente sottoforma di animelle verdi, delle fattezze degli esseri originari, consentendogli così per altro di distinguere anche le singole creature le une dalle altre [Abilità Passiva – Auspex Spiritico]

    - Levitazione:
    Ogni essere vivente possiede un centro di gravità eterico che risponde alla normale gravità presente nel piano su cui esso vive. skekDor ha la facoltà di cambiare di volta in volta il proprio centro di gravità eterico, di modo che interagisca coi vari universi che compenetrano Endlos. Questa capacità gli consente all'effettivo di volare, anche se non nel senso vero e proprio del termine: poiché a subire la "gravità eterica" è il suo spirito anziché il suo corpo, lo Skeksis non produrrà alcun suono durante gli spostamenti, né le sue vesti s'agiteranno sospinte dall'aria. Per chiunque lo osserverà sarà esattamente come vederlo subire una traslazione uniforme da un punto all'altro dell'ambiente. Inoltre, non essendoci limiti imposti dalla forza o dall'attrito con l'aria, in volo skekDor risulterà essere estremamente agile nei movimenti [Abilità Passiva - Volo + Furtività + 50% Agilità]

    - Zona morta:
    L'ombra che skekDor proietta sul terreno a seguito dell'esposizione a un qualsiasi tipo di illuminazione è ben più di ciò che sembra. All'occorrenza, infatti, essa si tramuta in un passaggio per una dimensione creata dalla divinità. Quando viene aperta, la Zona morta crea sulla superficie del terreno occupata dall'ombra (Le cui dimensioni variano a seconda della volontà dello Skeksis) un mare di Dirac di profondità infinita. Qualunque cosa o oggetto designato si troverà su suddetto piano sprofonderà al suo interno per effetto della gravità. Dato che il portale assorbe solo l'obiettivo scelto dalla divinità, oltre la sua soglia non esiste alcuna atmosfera o spazio di sorta. Carne, vegetali o pietanze intrappolati all'interno resteranno esattamente nello stato in cui erano al momento del trasferimento (rimanendo eventualmente caldi e non subendo gli effetti della decomposizione), ad esempio. skekDor utilizza solitamente la Zona morta per stiparci dentro oggetti che, in altra maniera, gli sarebbe d'impiccio trasportare [Abilità Passiva Gdr-only – Tasca dimensionale]

    - Miraggio della quintessenza cangiante:
    skekDor è in grado di sfruttare le sue capacità di illusionista per far assumere al suo corpo la forma che più gli aggrada. Diversi veli di energia l'avvolgeranno, celando le sue reali forme ai sensi di chiunque non sia in grado di vedere al di là dell'illusione così scaturita. La metamorfosi gli permetterà dunque di assumere le sembianze di un personaggio di cui skekDor abbia chiara l'immagine nella mente, o di una generica razza (purché umanoide) per tutto il tempo che gli sarà necessario, o fino a che l'incanto non sarà annientato. Tuttavia, una simile metamorfosi sarà appunto illusoria: pur venendo percepito alla vista, al tatto, al gusto, all'odore e persino nella voce e nei suoni prodotti dal corpo come una creatura totalmente differente, lo Skeksis continuerà a vantare le proprie abilità e capacità fisiche. Eventuali capi di vestiario, oggetti o armi possedute dal personaggio impersonato saranno percepiti in tutto e per tutto simili all'originale, ma non potranno ovviamente essere utilizzati in Duelli e Quest, in quanto meramente irreali [Abilità Passiva - Metamorfosi Scenica + Abilità Attiva – Supporto; Consumo: Basso; Durata: fino alla fine del Duello\Quest, o fino a che non venga annullata]

    - Potere Passivo di Classe Elementalista:
    L'acqua non intacca il corpo di skekDor in alcun modo. Il mezzo-Mistico potrebbe ad esempio rimanere in un torrente per giorni interi senza risentire di alcuna conseguenza relativa al lungo periodo di tempo trascorso in ammollo. Inoltre, (non respirando affatto già di suo) può restare in apnea quanto desidera [Abilità Passiva – Immunità scenica all'acqua]

    Tecniche utilizzate:

    - Sfera infuocata illusoria:
    Come Sfera infuocata a Consumo Critico, ma si tratta di un'illusione. In quanto tale, skekDor sarà in grado eventualmente di colpire anche più avversari con più colpi senza per questo dover dimezzare il consumo di mana. Ogni sfera sembrerà avere un diametro di 8 metri (ovvero darà l'impressione di possedere un alto potere distruttivo) ma, al contrario dell'originale, non sarà in grado di infliggere alcun danno [Abilità Attiva – Attacco Mentale (Illusione); Consumo: Medio]

    Riassunto:




    Edited by Nightrun - 20/12/2018, 20:37
     
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    AS_01
    Non è semplice accettare un lutto. Non lo è mai.
    La sensazione di vuoto che rimane attanaglia nell'intimo, stingendo ogni sfumatura in un dolore ebbro. Frammenti di ricordi in bilico tra rimpianti e nostalgie popolano ciò che non può accogliere altro. Lo drenano. Ne fanno nulla più che un sospiro vacuo.
    Nel dramma della mancanza ci si fa osservatori spenti. Testimoni di eventi che non trovano comprensione nè tantomeno pietà.

    Così ci si riscopre Erranti. Senza fissa dimora, senza meta. Soli in un cosmo senza riferimenti.
    Nella solitudine ch'è tanto cara si scruta con timore ogni d'intorno. Il buio è di compagnia. Il silenzio un alleato infido. In essi bagliori iridescenti punteggiano un'oscurità pregna di materia alla quale non si sente più d'appartenere.
    Le palpebre calate sul volto innaturalmente disteso raccontano dello spettacolo antistante: corpi massicci che danzano secondo leggi impossibili, che sfidano l'intelletto in un gioco di forme e d'illusioni. Boati silenti solcano gli spazi siderali senza dimensioni per giungere là dove l'animo può vibrare con loro. Le emozioni si mescolano in un vorticare confuso, cangiante ed indescrivibile. L'essere umano ne esce travolto, sopraffatto, eppure non muta di una singola fibra del proprio io. Ciò che lo rappresenta si staglia immutato contro tutto quanto lo nega, gettando in quel mentre il seme della sua condizione, aprendo scenari che ne contemplino l'attuabilità effettiva.

    E di nuovo giunge la terribile consapevolezza d'essere perduti ed irrecuperabili, tristemente serafici per quanto privi di speranza. Rifuggire la realtà acquista ora un fascino irresistibile, negare l'evidenza sembra l'unica eventualità percorribile. Pur senza riuscire a muoversi, il corpo agogna d'afferrare lo spettro di un'alternativa e riscrivere quant'è avvenuto.
    Ma è tutto vano. La sola volontà non sa reggere il peso della perdita. Non ancora.
    In un frenetico ricercare di colpe e di miserie sorge infine un'accusa, chiara ed imperante: si è vagabondi per volere di un destino non condiviso e non compreso. Raminghi di un futuro che ci ha strappato dalla realtà del quotidiano per offrire prospettive senza valore. Nomadi, nostro malgrado.

    Nell'imperturbabilità del riposo forzato un ragazzo ha invece smesso ogni pensiero. Ha dimenticato chi è. Ha scordato le proprie ragioni. Forse non è più vivo, forse ha scelto di non vivere più. Ai margini della propria essenza egli ristagna di una distensione immotivata e totalizzante. E' solo. Per sempre. Ma più d'ogni altra cosa egli non lotta più: ha perduto se stesso. S'è svuotato di sè.

    Non c'è che quiete a turbarne la mente, null'altro se non il silenzio e l'attesa. Al limitare di quant'è noto la catastrofe si rende meno che uno sospiro lontano, insignificante. Un vulcano che esplode non ha valore nel tutto, uno tsunami che miete ingenti vittime risuona soltanto delle parole che lo descrivono. Nemmeno la malvagità imperante, la follia insensata ed il conflitto continuo possono alcunchè in quel non-luogo. Ai confini del semipiano i paradigmi si concretizzano secondo logiche e geometrie proprie, al di là di quanto la terraferma ha da spartire o da offrire. Ad un passo dal nulla ogni cosa cessa del proprio significato e ne acquista uno comune e diffuso. Sereno quanto silenzioso. Inerte.

    Lo sciabordio delle acque agitate raggiunge le sue membra e s'infrange riflettendo i colori del Maelstrom. Ne culla le carni smuovendole da un'immobilità conclamata. Poi s'arresta, nutrendosi di una calma sterile benchè rassicurante. Disegna increspature opalescenti. Solleva sbuffi minimi di una schiuma senza sostanza. Impressioni di tessuti dimensionali altri si dimenano nelle trasparenze della superficie. Satelliti impropri e rotazioni planari depositano testimonianza del proprio svolgersi prima d'avvizzire nell'atto.

    Non c'è Riscrittura a sporcare la tela, nessun evento del Caso a tracciare pennellate rabbiose. Il mondo si è rinnovato agendo con i mezzi che gli sono propri. Ha cambiato sembianze, ha smesso il vestito consunto. S'è guardato allo specchio scoprendo per sè un grado di novità maturato col tempo. Nulla di ciò che si lascia dietro gli ricorderà di chi era. Le briciole del proprio passato si sollevano alla prima brezza, destinate a cadere nell'oblio sottostante. Poco alla volta il panorama roccioso dell'Ovest si diluisce contemplando acque oramai quiete, già dimentiche del terrore ch'esse stesse hanno scatenato.

    Ed è quello stesso mare denso dal quale il giovane non riesce a levarsi a raccogliere il più nefasto dei mali: la vacuità alberga in ciò ch'è rimasto del suo io, alimentandone l'animo di un'assenza radicata e profonda. Oltre il velo di stasi e nei recessi della propria identità lo straniero senza più cognizione del tempo fallisce nel realizzare la propria infelice sorte. Persino le sue carni si rifiutano ogni trapasso, a memoria del legame indissolubile che le trattengono in vita.
    Non vi è alcun conforto per la metà incompleta di un'unione infrangibile: non una voce s'erge a riscuoterla da quell'apatia vincolante. Egli è solo, è perduto, è senza speranze. La cruda realtà glielo ricorda facendosi beffe del suo desiderio. Nemmeno morire gli è concesso senza il fratello. Nemmeno sparire. Egli non può lasciare Endlos in nessuna maniera se non a fianco del proprio gemello, nè per quanto ci provi la Morte può violare la prima delle verità.

    All'interfaccia gelida tra ogni concetto ed i propri contrari, sullo sfondo di un evento epocale che non sa riscuoterlo dal proprio dolore, si staglia Skarn, inane perchè privo di ciò che lo definiva. Un ragazzo, un amante, un fratello. Senza Miron, purtroppo, un relitto sperso nel proprio io in frantumi.
     
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    LAZAV
    LAZAV ¤ DIMIR MASTERMIND
    EVERSORI DI MEROVISHHOUSE DIMIR
    Il bello di essere Lazav è che Lazav può essere chiunque: lo strozzino a cui devi dei soldi, l'informatore che ti sta pedinando da mezza città, quel signorotto al quale vorresti sottrarre il borsello o ancora il mendicante che tutti ignorano. Forse -e dico forse- Lazav potresti essere anche tu che mi leggi o perchè no, io che scrivo queste stesse righe. Già, è proprio questo che significa essere Lazav: tutti e nessuno, sempre e ovunque.
    Dopotutto nessuno ha mai visto il vero aspetto del Genio Dimir, nè chi crede di averlo fatto potrebbe riconoscerlo anche avendocelo affianco: lo stesso Concilio delle Sabbie, protetto da inganni e sotterfugi grazie all'inviolabile magia che grava sul tavolo degli accordi, farebbe fatica a definire il più sfuggente dei Pasha. E di fatto, ad ogni apparizione pubblica, il Multiforme tiene fede alla propria nomea a veste panni adatti all'occasione: egli ha cura di cambiarli con la stesse rapidità e cadenza che si addicono ad un navigato teatrante, lasciando che ruoli ed identità gli scivolino di dosso non appena hanno fatto il loro corso. Talvolta, si vocifera, egli non è nemmeno chi spergiura d'essere, avendo cura di trattenersi a distanza, sotto diversi artifici, e celebrare se stesso sfruttando una marionetta od un impostore sapientemente istruito (se non addirittura costretto con modi e con tempi tipici di un manipolatore lungimirante).

    Perciò, mio buon amico che percorri questi sussurri d'inchiostro, non dimenticare che Lazav ti sta osservando: che tu sia nel giusto o che tu abbia qualcosa da nascondere egli ne è a conoscenza. Sa di quei piccoli segreti che condividi solo nell'intimità col tuo partner. Potrebbe addirittura ripeterti le esatte parole che hai masticato con sospetto quando hai concluso il tuo ultimo affare al distretto delle Luci. Egli ha vissuto la tua medesima giornata, pranzando non visto al tuo fianco, percorrendo i tuoi passi leggeri, condividendo persino i sogni evocati nel tuo riposo. L'aver a disposizione una rete capillare di spie ed informatori non fa che semplificargli il compito, assicurando al Pasha del Kanti di poter distillare ogni singolo evento della città che amministra dietro le quinte. Nemmeno lo Yuzrab, nella sua vastità torrida e sconfinata, può dirsi al sicuro dalle mire e dalle trame del mutaforma suddetto: tra le sabbie, lungo le tratte carovaniere e nondimeno celato tra i nembi egli possiede un occhio instancabile ed attento, al quale nulla sfugge nè passa inosservato.

    Per tale ragione, allora, l'amministrazione del Distretto che gli compete risulta assai più semplice e scorrevole di quanto non si creda: un certo collega rossiccio non manca d'infuriarsi giornalmente -e scaricare una lunga sequela d'insulti e di bestemmie- per i vincoli burocratici a cui egli stesso s'è legato nella propria spasmodica scalata al potere, ma Lazav... oh, ma Lazav non ha di che temere con scartoffie ed impegni, giacchè altri svolgono questi lavori al suo posto! Ignari di chi -e dove- possa essere il loro superiore, i sottoposti dediti ai fiscalismi cittadini vivono sotto costante minaccia e nella perpetua insicurezza d'essere valutati inefficienti e... beh, rimpiazzati alla maniera merovisha: quando hai il sospetto che il tuo capo ti controlli senza rendersi evidente, quando quel collega che si credeva più scaltro d'ogni altro sparisce dall'oggi al domani e quando solo chi non sgarra sopravvive ai mesi e non va ad ingrassare il conto delle carcasse gettate nella Fossa... due domande te le fai, certo, e la risposta, chiara e lampante, racconta di un sistema oltremodo efficiente. Forse -e dico forse- il tuo capo ha sufficienti contatti da non lasciarsi sfuggire la minima insubordinazione. Ed un potere del genere, alla Tana, può permettersi di dettare legge e mietere vite a volontà.

    Non stupisce allora che tra i primi a raccogliere novità ed informazioni vi sia proprio l'insospettabile Genio Dimir, non si fa mistero come egli possa anticipare ogni contromanovra ideandone di proprie con la giusta cautela, non può cogliere impreparati la certezza che ogni servizio d'intelligence del meridione sia in qualche modo invischiato nella sua impercettibile rete. Persino notizie e chiecchiericci esterni vanno ad impreziosire il carico di segreti che di fatto costituiscono l'impero (e la reale ricchezza) del Pasha in incognito, concedendo allo stesso di saggiare con mano prioritaria tutti quegli episodi ed avvicendamenti risonanti nei rimanenti Presidi -o addirittura provenienti da realtà altre che non appartengono al semipiano. In fin dei conti -e non è esagerare- volendo Lazav può facilmente risalire al preciso numero di spiccioli che il Capitano delle Guardie dell'Azzurra Dama ha ritenuto di lasciare per mancia ad un cocchiere della capitale d'Est nè, invero, gli è precluso di approfondire le politiche della novella reggenza d'Altatorre per come queste rimbalzano tra i salotti dell'alta società e gli inservienti che li popolano. Nemmeno l'elusiva Najaza saprebbe celarsi alla sua indagine applicando la giusta dose d'impegno, così tutti i sistemi di sicurezza dell'isola errante potrebbero fallire nel riconoscere un infiltrato sapientemente inserito sulla scia di pianificazioni accorte e maturate negli anni.

    Così, dunque, la cognizione della catastrofe d'Ovest finisce sulla scrivania del padrone del Kanti non prima che lo stesso ne sia venuto a conoscenza perchè ragguagliato da voci e Voci delle quali tira le fila. Quasi la cenere non s'è ancora chetata -quasi le acque stanno ancora ribollendo- che le informazioni si diramano leste e raggiungono il maestro dei sussurri avvertendolo delle opportunità che un simile cataclisma comporta: vite spezzate, territori affondati, governi vacanti e pedine in frenetico movimento sono i primi pezzi di un gioco che non manca di risvegliare l'interesse del faccendiere, pertanto -senza dimenticare gli obiettivi già in corso per il futuro del Sud- quel medesimo Lazav da poco rientrato dalla Punta di Ferro guarda ora con occhi cupidi e con mente pungente a delle terre su cui estendere invisibile un'influenza da non sottovalutare. In fin dei conti, per conquistare la scacchiera e potersi chiamare vincitori oltre ogni dubbio prima o poi bisogna pur invadere le retrovie degli altri schieramenti... e questa è un'occasione ghiotta. Fin troppo.
    PASSIVE SKILLS
    DIMIR DOPPELGANGERMETAMORFOSI SCENICA
    QUICKCHANGEMETAMORFOSI DELL'ANIMA
    UNDERWORLD CONNECTIONSRICCHEZZA
    TAVERN SWINDLERSPARABALLE (ANTI-AUSPEX)
    TRAIN OF THOUGHTMINDFUCK-ALERT (AUSPEX)
    WAY OF THE THIEFINIZIATIVA
    EQUIPMENT
    DIMIR CLUESTONEBUSSOLA DEI DESIDERI (ARTEFATTO)
    DIMIR KEYRUNEPASSEPARTOUT (ARTEFATTO)
    DIMIR SIGNETMARCHIO DEL VUOTO (ARTEFATTO)
    ENERGY100%CONDITIONSPERFECT
     
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