Endlos Realm GdR - Gioco di Ruolo Fantasy by Forum

Posts written by Sturm.und.Drang

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    "Io vidi l’angelo nel marmo e scolpii fino a liberarlo".

    (Michelangelo)


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    Holy City - Mirach.

    Il bastardino superò il primo ambiente senza ulteriori problemi, raggiungendo un corridoio in pietra molto simile agli spazi appena oltrepassati. Della lunga serie di statue raffiguranti angeli -racchiuse in eleganti nicchie, distribuite regolarmente lungo tutto il percorso- solo un paio erano rimaste quasi totalmente intatte, salvo un piede scheggiato ed una mano monca.

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    Nonostante gli onnipresenti riflettori e l'evidente strumentistica, tipica dei percorsi turistici, la magione dei Galanodel emanava un prepotente senso di desolazione. Era come un tempio sconsacrato, lo scheletro di una creatura estinta: nessun Figlio del Cielo avrebbe più illuminato quegli spazi con la propria presenza, nessun grande politico o soldato avrebbe calpestato le pietre antiche come un gradito ospite.

    In quella solitudine che l'abbracciava, un profondo senso di amarezza si sarebbe riversato nel suo cuore pulsante. Un sentimento strano, del tutto fuori luogo al contesto. Per quanto desolante, Gaspode non aveva nulla a che spartire con quella tragedia. Nulla.
    -...
    Eppure... eppure era lì. Era lì ad angosciarsi per qualcosa che non lo riguardava.
    Sollevando lo sguardo in un gesto automatico, Gaspode avrebbe disperatamente cercato conforto in una figura di fronte a lui. Una sagoma maschile, non esageratamente alta ed in livrea militare, dai lunghi capelli castani, mossi, e la presenza solida di una quercia. Una figura che non era lì, ma che Gaspode si aspettava di vedere senza ombra di dubbio.
    Una speranza tanto forte quanto il dolore che gli provocò comprendere di essere ancora solo.

    -Alceus...
    Si. Alceus: era esattamente quello il nome della Speranza.
    Una speranza che precedeva i suoi passi, spingendolo a guardare sempre in avanti, che gli dava spesso le spalle, concedendo riparo con la propria ombra e conforto davanti alla tempesta. Era quello il nome dell'unico fra loro che sarebbe dovuto diventare Re fra i Re, il solo a poter aprire le porte al futuro più brillante.
    Alceus era il nome della Speranza. Però non era lì. Non più.
    Quella magione non era più la stessa, senza di lui.

    Turno 5

    Il piccolo Gaspode procede con l'esplorazione, e degli strani sentimenti iniziano a renderlo più coinvolto sentimentalmente nei confronti della magione di quanto la logica o il buon senso possano suggerire. Sente che manca qualcosa. Poi si trova a ricercare istintivamente una presenza, ovviamente assente. Riesce anche a dargli un nome: Alceus.
    Peccato che nulla di tutto questo lo riguardi, compreso questo Alceus, che Gaspode sa per certo di non aver mai incontrato in vita sua.

    Per ulteriori chiarimenti, sai dove trovarmi.
    Buon divertimento!

  2. .

    Epilogo 1 - Confessioni di un padre.
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    Camera di Vladimir - Sede dei Cavalieri del Koldran.
    Presidio Settentrionale, Endlos.

    - Li troverò.
    Fu semplice e concisa la promessa di Echo, eppure carica di valore per quell'uomo che l'osservava con lo sguardo di un padre, disposto a tutto per i propri figli. Liberato da un peso, Vladimir diede come l'idea di ringiovanire: lo sguardo si fece meno stanco e la schiena meno arcuata. Anche le profonde rughe, scolpite ed esaltate sul suo volto dalla penombra, si stesero appena, in un'espressione evidentemente più serena.
    -Quando posso prendermi quel sacco di patate dell'Ovest e partire? Non voglio perdere tempo, se sta bene abbastanza da affrontare il viaggio.

    -Molto presto- rispose allora al suo ospite, sollevandosi in piedi, suggerendo che fosse ormai giunto il momento di riprendere le proprie mansioni al castello -Vi suggerisco di riposare finché sarà possibile. Il viaggio di ritorno potrebbe rivelarsi più faticoso del previsto: il freddo non è amico degli infermi, e le ossa appena guarite continuano a far male.
    Con quella semplice raccomandazione si congedò educatamente, accostando la porta, consegnando Echo ad un quieto e meritato riposo.

    Turno 6

    Scena conclusa!

  3. .
    Giocata: Storm Winds + Bloodshed Brothers + Dangerous Knowledge
    Conto Pg coinvolti: Echo (2pt) Augustus (1pt), Elay (2pt), Curtis (1pt). Il miei 2 punti a Dru.
    Eventuali gilde coinvolte: H
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    Storm Winds - Bloodshed Brothers
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    Sala Centrale - Sede dei Cavalieri del Koldran.
    Presidio Settentrionale, Endlos.

    “Non ha senso disturbarlo oltre.” intanto la discussione procedeva e -nonostante le ovvie diversità dei presenti- il sentimento comune del gruppo fu principalmente rivolto all'aiutare la vittima “Dobbiamo essere cauti. Dovremmo cercare Echo e Matsumoto, ed andarcene il prima possibile in compagnia. Forse non con il buio, dati i pericoli della regione, ma comunque alla svelta”
    Assolutamente si. Dobbiamo recuperare quei due e rimetterci in cammino il prima possibile.
    Abbiamo una missione, dobbiamo completare le mappe quanto prima.


    A quel punto, si delineò rapidamente il piano, uno che non li mettesse in cattiva luce agli occhi dei Cavalieri di Najaza e che -contemporaneamente- avrebbe forse permesso loro di darsela a gambe e superare il confine con un esule, probabilmente braccato, di Najaza. Lo avrebbero nascosto sotto ad un letto, poi reso invisibile. Non lo avrebbero tuttavia accompagnato direttamente, ma sarebbe stato lui a seguirli nell'ombra; forse abituato alle meschinità dei demoni a cui la Hush aveva giurato vendetta, Augustus aveva deciso di tutelarsi in caso di strane iniziative da parte della vittima o -peggio ancora- di qualche tranello non meglio precisato. Qualora fosse accaduto qualcosa di grave, il gruppo di alleati avrebbe potuto dirsi estraneo alla vicenda, non coinvolto in questioni politiche.
    Siamo dei viaggiatori, di buon cuore e per questo ti abbiamo aiutato. Puoi riposare in questo letto, ma non è affar nostro ciò che ti capiterà. Riposa e riprenditi dalle tue ferite, poi torna nella tua stanza.
    La conclusione del Numerologo fu secca quanto indiscutibile. Poi si rivolse ai compagni.
    Cerchiamo quei due e partiamo il prima possibile.

    La ricerca di Ego e Matsumoto si rivelò più complicata del previsto: giunti in biblioteca, l'avrebbero trovata chiusa*, segno che -probabilmente- non ci fosse ormai più nessuno. A quel punto furono in un certo senso costretti a girovagare fra le ale del castello, talvolta chiedendo informazioni ai pochi cavalieri svegli su quale fosse la camera dei loro compagni o se li avessero visti. Ogni ricerca si rivelò comunque disgraziatamente infruttuosa: il trio fu quindi costretto a tornarsene nel proprio enorme giaciglio e convenire di chiedere spiegazioni all'alba, al risveglio del buon Grigiomanto.

    Con l'arrivo dell'alba, come per incanto, tutto divenne più chiaro: le tenebre fuori dalla finestra si sciolsero come neve e perfino l'infruttuosa ricerca dei compagni ebbe risvolti insperati. Fu infatti comunicato loro di aver finalmente trovato i due dispersi, ma in condizioni pessime.
    Secondo il racconto di Grigiomanto, il cartografo doveva aver messo mano su qualche tomo proibito della Biblioteca e scatenato un putiferio che -per fortuna- il bibliotecario ed Echo erano riusciti ad arginare. Per quanto la spiegazione suonasse sospetta, gli stranieri ebbero comunque modo di incontrare un Matsumoto gravemente ferito, ma sveglio e fuori pericolo di vita, la mattina stessa. Fu lui a confessare i propri errori: era ubriaco ed aveva finito per interessarsi ad un libro di magia nera. Ricordava poco del resto, ma si sentiva fortunato ad essere ancora vivo.

    Quanto ad Echo... non si era ancora risvegliato.
    Lo videro sdraiato su un letto, con il bibliotecario che vegliava su di lui. Disse che non era in condizioni gravi quanto quelle di Matsumoto, ma che gli aveva somministrato delle pozioni che l'avrebbero portato ad un lungo sonno di diversi giorni, così da riprendersi completamente. A quel punto, Augustus, Elay e Curtis avrebbero potuto attendere, ma un'altra vita era in pericolo e difficilmente avrebbe superato diversi giorni d'attesa.

    Consapevoli dell'addestramento di Echo e probabilmente disinteressati alla fine di un idiota come Matsumoto, Augustus, Elay e Curtis decisero quindi di anticiparli a malincuore, dirigendosi al confine. Qualcuno, forse per gentilezza, avrebbe aspettato a Selowen il ritorno del compagno e di Matsumoto, magari intrattenendosi con il fuggitivo, preso subito in custodia dalla Hush.
    Owainn Ruadh -dopotutto- si sarebbe rivelato una persona gentile e a modo, dalla parlantina decisamente sciolta, per un cittadino di Najaza.
    Aveva molte cose da raccontare e tutta l'intenzione di farlo.

    Turno 8
    Come anticipato privatamente, chiudo con un piccolo anticipo la quest per mancanza di tempo (e testa) da parte mia. Ovviamente, chi vorrà continuare ad approfondire la trama, potrà farlo con me in giocate singole, che mi escono molto più semplici e gestibili. Mi prendo una pausa come QM fino a settembre, nella speranza di recuperare (dubito il tempo) almeno la testa.
    Potete fare un post di chiusura, se desiderate aggiungere qualcosa riguardo il vostro pg, o semplicemente fare introspezione.
    Spero comunque di avervi fatto giocare una storia interessante.

    *Nella parte di storia di Dust, prima di raggiungere Matsumoto posseduto, i pg hanno chiuso l'uscita dalla biblioteca, pur rimanendone all'interno. Augustus, Elay e Curtis non trovano quindi i compagni perché sono a combattere nella zona proibita della biblioteca, in quel momento non accessibile.
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    "Io vidi l’angelo nel marmo e scolpii fino a liberarlo".

    (Michelangelo)


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    Holy City - Mirach.

    « BELLAMY, SEI UN FEDIFRAGO! TI HO VISTO IERI, CON QUELLA SGUALDRINA DI LETTA LEDIOTTA! MALEDETTO, E AVEVI AVUTO PURE IL CORAGGIO DI DIRMI CHE MI AMAVI! LA VEDI QUESTA PISTOLA ORA, EH? LA VEDI?! IO TI AMMAZZO, TI AMMAZZO! »
    Il suono di quelle parole, amplificato dal tempismo con cui furono dette, ebbe sulle due guardie l'effetto di una doccia gelida. Con gli occhi sgranati e le labbra semiaperte, incredule, si fissarono per qualche secondo, forse prese dal panico. La verità era che si trovavano in una situazione decisamente inaspettata: non sapevano della presenza di Bellamy nella struttura, ma nulla escludeva che si fosse spostato in borghese e senza alcun annuncio, per questioni di privacy.
    Cosa avrebbero dovuto fare, dunque?
    Per qualche attimo, non ebbero l'aria di essere abbastanza intelligenti per capirlo da soli.

    L'addestramento ricevuto ebbe tuttavia la meglio sull'istinto, e -per la gioia di un Gaspode ben nascosto- si ricordarono del loro lavoro (nonché dovere) e di come si sarebbero dovuti comportare in situazioni di quel tipo. Il più coraggioso fra i due -caricata una pistola ben lucida, quasi quanto la sua testa- si lanciò quindi in direzione della voce appena ascoltata, più che deciso a salvare il Signor Bellamy da chicchessia. L'altro rimase di fronte all'ingresso della Magione ma, coinvolto com'era, non fece particolare caso alla porta alle proprie spalle, piuttosto seguì con lo sguardo il proprio amico, in ardente attesa di saperne di più al suo ritorno. Quello fu l'attimo perfetto per Gaspode: un breve scatto e si sarebbe ritrovato dentro senza destare alcun sospetto.

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    Del tutto privo di fonti di luce artificiale, ciò che di fatto costituiva l'ingresso della magione aveva l'insolita caratteristica di emanare in qualche modo luce propria. Quella sarebbe stata per lo meno la prima impressione per chiunque: l'intero spazio -in verità, decisamente esteso, considerando le dimensioni e l'altezza delle volte- emanava una pallida luminescenza, un chiarore lieve, ma netto, in grado di rendere ben visibile ogni singolo elemento lì presente -quasi fosse giorno e non vi fosse un soffitto a separarlo dal sole- senza tuttavia generare ombre di alcun tipo.

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    Espressione della geometria e della misura come fondamento dell'ordine universale, quell'opera d'arte -perché di questo si trattava- mescolava arti e scienza con magistrale precisione: la scelta delle forme, dei materiali e dei colori, unita a precisi calcoli e manodopera di veri professionisti, era riuscita a generare luce inesistente grazie ad un complesso gioco di riflessi. Perfino l'acustica era a dir poco perfetta: la melodia del suo passo leggero era ben udibile da chiunque, anche all'estremità opposta dell'enorme ingresso; come una musica lieve, le suole dei suoi stivali sul marmo lucido risuonavano come una lenta ed inesorabile marcia.

    -...
    L'improvvisa -invero, strana- consapevolezza di non marciare, tantomeno di non portare gli stivali per ovvie ragioni, riscosse il bastardino dal curioso stato di trance che lo aveva travolto nel percepire tutta quella luce.
    Tornato in sé, con le zampe ben piantate per terra, Gaspode avrebbe potuto anche sperimentare il forte disagio che solitamente seguiva le allucinazioni. Non c'era infatti nessuna luce soffusa in quell'ingresso: le uniche fonti visibili consistevano in riflettori puntati alla meno peggio lungo il percorso prestabilito che lo avrebbe condotto alla camera successiva, uniti fra loro da numerosi fili e cavi elettrici, gli stessi che avrebbe potuto osservare durante qualche visita guidata a tema spleleologico.

    Il marmo sul pavimento era scheggiato in più zone, addirittura frammentato nell'area immediatamente antecedente la successiva camera, quasi in quel punto ci fosse stata una spaventosa esplosione. Due colonne ornamentali erano collassate su se' stesse ed i blocchi scomposti erano ancora ben visibili sui lati del percorso, vicino alle pareti.

    Doveva aspettarselo, dopotutto. In quella reggia era avvenuto un terribile massacro: nonostante fosse stata ripulita dei corpi e del sangue, erano rimasti dei segni indelebili, attualmente oggetto di studio di più esperti.
    E... a proposito di esperti: Gaspode avrebbe dovuto non abbassare mai l'attenzione, procedendo con cautela. Per quanto "vuota", infatti, esisteva la remota possibilità di incontrare qualcuno.

    Turno 4

    Accade roba strana, ma è un turno squisitamente interpretativo.
    Descrivi inoltre come (in che modo) Gaspode intende proseguire la sua ricerca degli artefatti.

    Per ulteriori chiarimenti, sai dove trovarmi.
    Buon divertimento!

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    "Io vidi l’angelo nel marmo e scolpii fino a liberarlo".

    (Michelangelo)


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    Holy City - Mirach.

    Ci volle ancora altro tempo per raggiungere finalmente l'isola, già ben visibile in lontananza, e sarebbe bastato seguire il flusso di visitatori per intuire i punti nevralgici presenti sul territorio. Gaspode riconobbe facilmente alcune strutture accennate dal Magister Simion, quali un enorme mausoleo, delle terme, ed una marea di templi dedicati ai figli di Ecatl. Curiosamente, l'enorme fiumana di pellegrini non oltrepassava mai la linea del ponte che collegava la magione vera e propria dal resto della città, limitando le proprie azioni a qualche preghiera, talvolta inginocchiandosi di fronte alla statua di un uomo dai lunghi capelli lisci, una corona sul capo e sei ali sulla propria schiena situata nella piazza antistante.

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    Non che non si potesse davvero procedere oltre il confine segnato dal bellissimo ponte. Semplicemente, non rientrava fra le pratiche tradizionali dei religiosi, evidentemente canonicizzate quando la famiglia di celestiali era ancora in vita ed abitava il maniero.
    Gli unici a percorrerlo erano infatti pochi turisti, solitamente laici, o qualche addetto ai lavori: Dan aveva infatti spiegato che quello era diventato in parte un sito archeologico, in parte patrimonio artistico dal valore inestimabile. Per questo, a qualche anno dal massacro, terminate le indagini sulla scena del delitto, avrebbe trovato comunque qualcuno a controllarne il perimetro.

    A conferma delle informazioni ricevute, al termine della lunga traversata, proprio di fronte ad una porta d'ingresso completamente spalancata (se si escludeva un cordone in velluto rosso) due guardie in divisa ed armate sostavano eroicamente sotto al sole già alto in cielo. I raggi dell'astro celeste diventavano infatti sempre più ardenti in quell'area, forse a causa delle pareti lucide e candide della struttura, che rifletteva la luce quasi come un prisma, generando involontariamente molto calore.
    Ironicamente, anche la testa pelata ed imperlata di sudore di una delle guardie fungeva in qualche modo da specchio, ma il proprietario non avrebbe probabilmente gradito quel tipo di osservazione.

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    -Ti assicuro che l'ho visto... e le riviste mi danno anche ragione!
    A parlare fu l'unica guardia dotata di folta capigliatura. Aveva un viso giovane e gentile, degli occhiali di buona marca, e sembrava intenzionato a combattere la noia con un po' di sterile chiacchiera.
    -Bellamy ieri era al RedCroix con Letta Lediotta!

    -Chi?- domandò l'altro, in verità meno interessato alla faccenda -Mai sentita.
    -Ma dai, impossibile! Parlo della signorina che all'ultimo Festival ha recitato quel bellissimo monologo sulla bellezza... la mia fidanzata si è sentita molto ispirata. Poi ha ragione: la bellezza capita, non è mica un vanto! -Ma parli della bionda con le bocce enormi e il naso rifatto? -Come sei scurrile... -Beh, non mi meraviglia. Bellamy è uno che ne capisce di sventole. Una botta a quella lì gliela darei anche anche ora, a digiuno e sotto al sole, con te che non ti stai zitto. -Ma ti pare il modo di parlare? Poi ti domandi perché una donna non ti dura più di due giorni... -Perché lo voglio. Ed anche Bellamy l'ha capito che è meglio cambiare. Vedrai che pure questa la farà schioppare tra un mese o due.
    Il quattrocchi sbuffò, visibilmente indignato, incrociando le braccia al petto e tornando a fissare davanti a sé con aria offesa. L'altro sorrise appena, forse soddisfatto di aver zittito il collega per almeno un'ora.

    Turno 3

    L'entrata principale agli interni della magione è fisicamente spalancata. Un cordone rosso, posto orizzontalmente all'altezza del bacino di un umano adulto, è l'unico elemento ad indicare che quell'ingresso è riservato a pochi. Un paio di guardie armate lo controllano.
    Scegli cosa fare: puoi usare le tue abilità per entrare, o provare ad esplorare il perimetro della magione.

    Per ulteriori chiarimenti, sai dove trovarmi.
    Buon divertimento!

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    Storm Winds - Bloodshed Brothers
    YAYoePY

    Sala Centrale - Sede dei Cavalieri del Koldran.
    Presidio Settentrionale, Endlos.

    Meglio del previsto. Ti aiuteremo. Come ti chiami? E come sei finito qui?
    Per essere un perfetto sconosciuto, ferito e forse anche sotto shock, quel tale si mostrò in un certo senso mansueto. Il solo pensare che quelli fossero stranieri lo aveva rasserenato, anche se era ben lungi dal riuscire a sostenere una lunga conversazione senza deconcentrarsi. Gli occhi si muovevano continuamente, quasi temesse che le ombre di mobili e persone fossero sul punto d'inghiottirlo. Nonostante le rassicurazioni di Elay e Curtis, le mani tremavano visibilmente e sobbalzava ogni volta che qualcuno lo toccava o si muoveva bruscamente senza troppo preavviso.

    -Owainn...- rispose con un fil di voce -...Owainn Ruadh.
    Quanto alla seconda domanda posta dal Numerologo, l'interrogato parve sinceramente intenzionato a rispondere, ma -quando fu il momento di aprir bocca- diede come l'impressione di aver cambiato idea.
    -Vi prego...- disse invece, in un tono che ricordava una supplica -In questo posto i muri hanno occhi e orecchie. Ho paura.

    Ad un esame più attento, il gruppo avrebbe potuto osservare maggiori dettagli. Indossava abiti simili agli altri abitanti della fortezza incrociati fino a quel momento, ma l'attitudine e le reazioni a ciò che rientrava nella sfera di "pericolo" erano ben diverse da quelle di un uomo addestrato. Ad esser precisi, sembrava decisamente fuori posto; ricordava un ragazzino spaventato, uno che non aveva mai realmente guardato in faccia la morte, almeno fino a quel momento.

    -Mi hanno mandato qui in esilio... ma credo che in realtà mi vogliano morto.
    Tirò su col naso, poi tossì. Le labbra tremarono per qualche attimo e si stropicciò gli occhi.
    -Vi prego, non sopravvivrò a lungo. Se mi portate fuori dal confine, giuro sul mio onore che farò tutto ciò che vorrete.

    Turno 7
    Il ragazzo è mansueto. Si lascia curare senza alcun problema e dà l'idea di voler collaborare. A frenarlo c'è però qualcosa che gli fa paura. Continua a ripetere che devono subito portarlo fuori dal Nord, che il posto è pericoloso e che "i muri" hanno occhi e orecchie (?).

    Mi son limitata a rispondere alle domande di Augustus, così che i vostri pg possano parlare fra loro di ciò che dovranno fare (come accennato nel post di Curtis ed Elay). Si avvicina nei prossimi turni quella che dovrebbe essere l'ultima scelta importante dell'avventura (nonché la fine della quest): ascolterete il ragazzo?
    Potete non decidere ora, ma vi anticipo che ci sarà un bivio. Per questo chiaritevi e/o raccogliete tutte le informazioni che preferite.

    Postare entro il: 18 Maggio, ore 23:59.
    In caso di ritardi o domande, sapete dove trovarmi.

  8. .

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    "Quando l'animo di un uomo appare indecifrabile, guarda i suoi amici".

    (Proverbio Giapponese)


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    Shiju, Capitale del Nishikaigan.
    Presidio Occidentale, Endlos.

    - Comprendo le sue preoccupazioni, perciò le prometto di fare maggiormente attenzione e di non immischiarmi in brutte situazioni. Però le vorrei chiedere lo stesso il permesso di per esplorare la zona. Non poter godere di tali bellezze architettoniche, sarebbe per me una tortura - rispose il laputense, che -per quanto indelicato- non sembrava di animo cattivo -Inoltre, se Michael e Benimaru volessero allenarsi insieme, mi piacerebbe assistere. Con le dovute distanze di sicurezza ovviamente hehe.

    Il vecchio ronin osservò il ragazzino in silenzio. Poi abbassò lievemente il capo, in un pacato cenno d'assenso.
    -Potrai farlo, ma in alcuni periodi del mese dovrai portarti una scorta: questa città, un tempo sicura, oggi ospita ugualmente onorevoli uomini quanto furfanti ed arrivisti. Potrebbero riservarci qualche brutta sorpresa, soprattutto perché non hai evidentemente l'aspetto di un Occidentale.
    Nobunaga non diceva il falso: in una città ricolma quasi totalmente di individui dagli occhi a mandorla ed i capelli scuri e lisci, Thory spiccava più che mai con la sua zazzera albina e gli occhi grandi. Allo sguardo di un malintenzionato sarebbe risultato a tutti gli effetti un enorme bersaglio mobile.

    -Non sono un assassino. Se faccio qualcosa, è perchè era la giusta risposta. La gente del posto non ha di che temere, a meno che non provino a mettere mano ad armi, o peggio.
    Mi chiamo Michael. Avete la mia parola d'onore, nessun innocente verrà mai colpito dalla mia spada... O dalle mie fiamme. A patto che non siano nel torto.

    Se la dichiarazione del Meridionale voleva essere in qualche modo rassicurante, non ebbe -ahimé- l'effetto sperato. Nobunaga lo guardò, indecifrabile ed impassibile, riflettendo che purtroppo aveva già sentito quelle parole nella bocca di molti briganti. Si limitò comunque ad ascoltare, senza mai interromperlo: pur avendo modi da straniero -e in quel caso, Nobunaga stesso intuì che giungesse dal Sud- aveva seguito Benimaru senza attaccar eccessivamente briga, e sembrava gentile con il loro ospite.
    -Se avete bisogno di qualcuno che sappia insegnare loro come difendersi e guadagnarsi da vivere, non mi faccio problemi. Sono nato per quello, d'altra parte. Al duello posso pensare dopo, però.

    Si offrì addirittura di dar loro una mano, probabilmente per semplice simpatia.
    A quella vista, Nobunaga si lasciò sfuggire un mezzo sorriso; quell'uomo aveva la stessa indole di Benimaru, nei giorni in cui lo aveva accolto in casa come proprio figlio. Scapestrato, a tratti rabbioso, davanti ad un uomo che lo trattava da essere umano quello scricciolo strappato ai laboratori di Sequerus diventava mansueto ed addirittura gentile. Forse per un effetto di associazione, forse per un qualche intuito, in quel momento il ronin non vide più Michael come un probabile brigante, un potenziale nemico, ma come un uomo buono che era cresciuto nel posto sbagliato.
    Fu allora che ebbe simpatia di lui.

    -Visto che ha bisogno di protezione, e io al momento non ho di meglio da fare, vi disturbo se rimango con lui? Non vorrei che si facesse male, ci tengo al piccoletto.

    -Le porte della mia dimora saranno sempre aperte, per voi- rispose il vecchio, dando concretezza al desiderio di dare a quell'uomo -come era accaduto anche per Benimaru- un posto che ritenesse sicuro ed amico -Quando fui giovane, addestrai molti samurai, ma ormai le ossa sono diventate fragili ed i riflessi lenti: un aiuto non potrebbe che farmi bene. Allo stesso modo, l'idea che il ragazzo abbia una scorta capace, mi rasserena.

    Turno 3

    Altro turno di dialogo. A questo giro potete lanciarvi nelle domande: dovendo rimanere in città, ha senso domandare qualcosa a riguardo, dato che siete stranieri. Può trattarsi di informazioni legate alla struttura della città, alla politica, alla storia: tutto ciò che servirebbe ai vostri pg per ambientarsi.

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    Epilogo 1 - Confessioni di un padre.
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    Camera di Vladimir - Sede dei Cavalieri del Koldran.
    Presidio Settentrionale, Endlos.

    -Ok, nessun problema- disse Echo, mostrandosi disponibile -A proposito, perchè sono scappati? Ha a che fare con tutta questa corruzione di cui mi parli? Ora che ci penso, come mai tutti quei non-morti in giro? Ci sono sempre stati?

    Vladimir ristette in silenzio, abbassando il capo.
    -Non riusciamo a spiegarcelo bene nemmeno noi. Forse è collegato... forse no, ma nessuno ha davvero avuto la possibilità di accertarsene- spiegò il vecchio -E' semplicemente la Piaga: chi sussurra sia una punizione divina per i nostri peccati, chi crede sia l'effetto di qualche maleficio, chi -ancora- pensa che siamo prossimi ad un'invasione. La verità è che son tutte teorie: ci limitiamo a uccidere quelli che sconfinano o che possono risultare pericolosi.
    Quindi -in sostanza- dei non-morti ne sapevano circa quanto loro.
    -In passato non c'erano... e se esistevano, probabilmente erano abbastanza pochi da non esser notati. Da alcuni anni hanno iniziato ad aumentare, ed ora è molto facile incrociarli. Qualcuno ha provato a cercare risposte, contravvenendo al nostro giuramento di proteggere i confini e partendo per le lande ghiacciate. Non ha fatto più ritorno.

    Con quelle parole si concludeva tutto ciò che il vecchio -e, probabilmente, anche il resto dei Cavalieri- sapeva riguardo la Piaga dei non-morti. Quanto ai due fuggiaschi... la cosa iniziò a diventar pesante per Vladimir. Abbassò il capo con aria colpevole ed un certo imbarazzo.
    -Riguardo la loro storia... la storia di Ivan e Viktor, saprai tutto nel momento in cui li incontrerai e darai loro la lettera.
    Attese qualche attimo, poi tornò a fissarlo.
    -Li cercherai? Me lo prometti?

    Turno 5

    Ci avviamo alla chiusura: ormai Vladimir non ha più nulla da dire. Decidi tu se chiudere la giocata nel tuo post o farla andare avanti di un altro giro, chiedendo qualcosa.

    Postare entro il: 30 Aprile, ore 23:59.
    In caso di ritardi o domande, sai dove trovarmi.

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    Storm Winds - Bloodshed Brothers
    YAYoePY

    Sala Centrale - Sede dei Cavalieri del Koldran.
    Presidio Settentrionale, Endlos.

    POV: Elay.

    Oltre la porta che separava Elay dal Cavaliere, non si sentirono rumori che andassero oltre alla suola degli stivali. Dall'incedere rapido e scostante, toccavano terra ad ogni passo, riecheggiando in un ambiente probabilmente semispoglio, o con pareti che favorivano l'acustica. Prestando attenzione, l'Ombra avrebbe potuto percepirne la cadenza, come anche il lungo silenzio che seguì l'attimo in cui bussò.
    Di nuovo altri rumori di suole, un cigolio, la porta che si apre.
    -Che vuole?- domandò il giovanotto, con sguardo torvo e solo metà del volto visibile, oltre la porta socchiusa -E' venuto per insultarmi?

    Una leggera sorpresa coloró il volto di Elay a quella risposta. Rimase un po' interdetto sulla soglia, rendendosi conto che una preoccupazione come la sua potesse risultare un'offesa per un soldato forgiato dagli eventi.
    "Non era mia intenzione offendervi." Lo sguardo di Elay si fece serio. "Volevo solo offrire il mio aiuto, se mai lo voleste. Poco fa sono stato soccorso io per primo, ricambiare il favore verso chi ci ospita mi sembrava doveroso".
    Il giovane soldato ristette qualche attimo, forse preso in contropiede dalla gentilezza di Elay. Le labbra si tesero, divenendo ancora più sottili, e lo sguardo si abbassò, forse mortificato dalla precedente uscita.
    -Mi spiace... è un periodo molto duro- cercò di giustificarsi in modo un po' impacciato -Capisco cosa intendete... ma fareste bene a non offrire tanta disponibilità a chiunque. Potreste rimanere scottati.
    Elay andó col pensiero a suo fratello prima, ed a Demira poi. Rispose al sorriso con un sorriso amaro, consapevole più che mai che le parole del giovane fossero veritiere.
    "Avete ragione, non sempre la fiducia é ben riposta, soprattutto al Nord. Tuttavia.." - proseguí, sistemandosi meglio il mantello sulle spalle - "se foste un Ordine poco degno di fiducia vi sarebbe bastato lasciarci affrontare da soli i pericoli nella tormenta. Non siete 'chiunque'. Ho grande rispetto per chi mette la sua vita a servizio della difesa di quelle altrui".

    A quelle parole che -invero- sarebbero dovute suonare come un complimento, il soldato si lasciò andare in una smorfia indolente. Sporgendosi con la sola testa verso l'esterno, guardò a destra e a sinistra, facendo cenno ad Elay di entrare.
    -Senti, io non ti conosco, ma sono serio quando dico che è meglio stare attenti- disse con voce secca e tono informale -Questo posto è pieno di doppiogiochisti e serpi.
    Chiuse bene la porta, quasi pensasse che un pezzo di legno riuscisse a separarli dal resto del mondo.
    -Ho già fatto un'idiozia a dar di matto. Dimentica tutto... e soprattutto, non dirlo agli altri. Non voglio lasciar loro la soddisfazione di controllare il mio umore.
    Al cenno del giovane, Elay entró nella camera con un movimento rapido e fluido.
    "Non dirò nulla a nessuno, tanto più ora che mi dite che non sia saggio fidarsi dell'integrità di tutti coloro ospitati in questo forte. Potete stare tranquillo."

    Elay studiò brevemente la stanza con lo sguardo, cercando di recuperare indizi sul suo interlocutore in modo pacato, senza sembrare fin troppo invadente. Il tentativo -però- non diede i suoi frutti. Si mosse poi, discostandosi dalla porta, per offrire al giovane la possibilità di parlare un po' più lontano dall'uscio.
    "Ed avete ragione, non mi conoscete ancora. Sono Elay Vos." Disse poi, allungando la mano in un gesto di amichevole cortesia. "E sono al vostro servizio, se avete bisogno di sfogarvi con qualcuno di estraneo. In fondo cosí evitereste di esporvi con chi vi vive intorno", aggiunse con un sorriso sincero.
    "Ad ogni modo, non sono qui per curiosare nei vostri affari, quindi se non vorrete dire nulla, sentitevi libero di tenere per voi le vostre preoccupazioni." Continuó in un tentativo di essere rassicurante. "Credo che resteremo qui al forte almeno per un paio di giorni. Da chi dovremmo guardarci le spalle, se come dite non tutte le persone qui sono cosí limpide? Sono stato scottato di recente - e vorrei evitare di rischiare nuovamente la vita per aver creduto alla benevolenza altrui." Concluse poi.

    Nell'udire quel nome, il Cavaliere parve irrigidirsi.
    -Vos?- ripeté ad alta voce -Ho già sentito quel nome...
    Attese qualche attimo, volgendo lo sguardo nella direzione del soffitto, quasi si fosse appuntato lì qualcosa di essenziale.
    -Ho già sentito... a Najaza?
    Abbassò lo sguardo, rivolgendolo questa volta ad Elay. Sembrava sorpreso... e spaventato.
    -Sei stato mandato da Najaza?
    "Non si sceglie la famiglia in cui nascere, purtroppo." Rispose in un sospiro, con un'espressione cupa. Nutriva ancora un po' di affetto per sua madre, ma certo non gli mancava realmente nessuno di loro. "In realtà vengo da Laputa. Ho lasciato Najaza felice di andarmene già da un po' "
    L'interlocutore l'osservò a lungo. Era evidente che si fidasse meno di prima, eppure qualcosa sembrava frenare anche il suo desiderio di cacciarlo dalla propria camera. Un principio di empatia, forse.
    -Hai lasciato degli ostaggi, su Najaza?- domandò, forse per accertarsi della situazione -intendo... Sei un esiliato?
    Elay lo guardò un po' corrucciato.
    "Ostaggi? Esilio?" Chiese, guardandolo con gli occhi stringersi. "Niente di tutto questo. Ho lasciato solo un fratello traditore. Meglio andarmene che ripagarlo per le sue azioni..." Rispose, non riuscendo a mascherare del tutto la rabbia. Guardó poi fisso negli occhi il ragazzo.
    "Che razza di persone hai conosciuto che vengono da Najaza per chiedermi queste cose?"

    A quel punto, Elay era giunto in possesso di diverse informazioni riguardo il giovanotto che aveva di fronte. Innanzitutto, non riusciva a mascherare bene le emozioni. Diretto, a volte brusco, altre perfino impacciato; mostrava l'indole di un ragazzino e l'espressione di un ribelle. Però non sembrava cattivo.
    Solo ferito.
    -Puoi ritenerti fortunato, se non le hai conosciute- rispose, quasi digrignando i denti -Senti, non mi sembri una serpe, e dato che sei pure un mio concittadino, ti darò un prezioso consiglio.
    Ricambiò lo sguardo di Elay, senza battere ciglio.
    -Resta su Laputa. Najaza ormai è tutto, tranne che un posto sicuro. Chi finisce lì diventa una vittima o un complice- strinse i pugni per la rabbia -Hanno... Hanno preso mia sorella.
    Elay riconobbe nel ragazzo lo stesso dolore di chi sa di aver perso qualcuno di importante. Stava per rispondere che non avrebbe messo più piede a Najaza almeno per un bel pezzo, quando la disperazione del ragazzo lo travolse come un fiume in piena.
    "Qualcuno ha rapito tua sorella e la tiene... In ostaggio? A Najaza?" Chiese cautamente, cercando di collegare le informazioni in suo possesso. Serró la mascella, in segno di disappunto. "Quanti anni ha, e come si chiama?"

    Il respiro dell'interlocutore si fece prima più affannato, per poi rallentare il ritmo. Lo sguardo divenne basso, al punto da fissarsi le punte degli stivali.
    -Brienne. Ha diciotto anni- disse a voce bassa, trovandosi a sorridere appena, lasciando intuire quanto affetto provasse per lei -Solo che... beh. È complicato. sospirò -Probabilmente non sa nemmeno di essere un ostaggio. Non lo saprà mai, se non darò problemi alla capitale ed obbedirò ai miei superiori.
    Nelle sue parole c'era paura, rassegnazione e tanta amarezza.
    -Non ero visto di buon occhio e son finito qui, ai confini del Presidio, assieme ad altri reietti e qualche spia. Sono stato un'idiota a pensare che questa cosa non avrebbe coinvolto la mia famiglia- tornò a fissare Elay -Forse vogliono qualcosa da me. Forse non dovresti darmi fiducia, in futuro.
    "Lo capisco. Faresti qualunque cosa per lei", realizzó Elay.
    Erano tutti ricattati, lí dentro? Chi in un modo, chi per un altro? Tutte personalità scomode a Najaza spedite lontano con un coltello alla gola affinché smettessero di essere d'impiccio?
    "Ma nessuna ragazza dovrebbe vivere per essere merce di scambio. Forse non ne é consapevole, ma non lo merita lei..." Disse, guardandolo seriamente. "...e non lo meriti tu."
    Elay lasció cadere un momento di silenzio.
    "Chi la controlla? Chi ti ha spedito qui? Tu forse non potrai lasciare questo posto, ma qualcuno che non ha i polsi legati come i tuoi, magari potrebbe aiutarvi"

    Nel guardare Elay così coinvolto, il Cavaliere si sentì quasi sollevato. Si lasciò andare in un sorriso amaro, per poi posargli una mano sulla spalla.
    -Capire chi muove i fili a Najaza conduce ad innumerevoli vicoli ciechi. Te lo dice uno che ha cercato risposte, ottenendo solo sventura- confessò -Prega che gli dei abbiano pietà di tutti noi, Fratello.
    A quelle parole, si accasciò sul proprio letto, distrutto nel fisico come nell'anima.
    -Vai via, vivi la tua esistenza. Non permettere che ti controllino.
    Elay si sentì stringere il cuore davanti a un uomo così giovane e già distrutto. Si rendeva conto che cose più grandi di tutti loro si aggiravano al Nord, in quella che era stata la sua casa. Probabilmente non avrebbe potuto fare molto per migliorare la condizione di quel giovane che aveva soltanto cercato la verità, né per aiutare sua sorella. Eppure, le ingiustizie gli erano sempre state e gli sarebbero sempre state strette. Non sarebbe stato capace di girarsi dall'altra parte e far finta di nulla.
    "Ti lascio in pace, Fratello. Comprendo la tua sofferenza. Ma non vivere nella disperazione. C'è chi é disposto a trovare le risposte che cercavi, qualunque cosa stia accadendo lí. Non perdere la speranza."
    Con quelle parole prese commiato, prendendo la porta per raggiungere Winbringer ed Asensi.


    POV: Augustus, Curtis.

    «Il tempo di vivere liberi è finito per tutti, non solo per le persone del nord fintanto che delle forze a Najaza agiscono con poco riguardo per Endlos, pensate a quante famiglie del nord sono costrette a vivere di stenti. Mentre quelli distruggono tutto ciò che i saggi uomini del nord di un tempo hanno creato.»
    Le parole di Curtis urtarono in un certo senso l'interlocutore: in condizioni normali, fra la povera gente, avrebbero certamente attirato numerose simpatie sugli stranieri, ma per il cuore orgoglioso di un uomo di nobili origini fu più che altro un fastidioso schiaffo. Fu comunque abbastanza garbato da non reagire, consapevole che quella appena accennata da Curtis fosse una verità, ma non sembrò particolarmente felice di quell'appunto.
    «Siamo qui per capire di chi possiamo fidarci»
    -Se ve lo dicessi... vi fidereste di me?

    -E' vero i soldati dovrebbero sempre seguire le regole- intervenne poi Augustus -Ma le regole, per la maggior parte andrebbero condivise, non crede? Se le regole, nello specifico, venissero redatte da un gruppo di potenti e facoltosi, faccio un esempio, come si dovrebbe comportare un soldato? Difendere i diritti di quei pochi nobili o porsi a difesa del povero popolo?
    Il soldato non rispose, e non fu chiara la motivazione. Si limitò ad osservare il Numerologo, in silenzio.
    -E come vi ho detto, io sono originario di queste terre. Conosco, o meglio mi hanno lungamente parlato della corruzione della capitale e di star molto attento e diffidare di coloro che giungono dalla Capitale. Capitale della corruzione.
    Anche allora, il soldato rimase zitto.
    -Non vogliamo rompere gli equilibri di questo forte. Vogliamo comprenderli.
    Grigiomanto viene dalla Capitale? Anche McDuff?


    Il soldato si lasciò andare in un profondo sospiro. Aveva l'aria stanca.
    -Grigiomanto è un Barbaro. Un Drago. Non credo abbia nemmeno idea di come sia fatta Najaza.
    La risposta uscì dalle labbra screpolate con una nota di stizza.
    -McDuff... non è di quelle parti. So che ha natali nobili, ma la famiglia deve avere poco o nulla da spartire con la capitale. Non sarebbe qui a comandare, altrimenti.
    La risposta dell'uomo almeno permise ad Augustus di tirare un sospiro di sollievo. Chi era posto a capo dei cavalieri era alieno dalla capitale e dalle sue influenze. Se era così, però, allora come avrebbero potuto spiegare la sua visione e gli stralci di conversazione che era capitato loro di sentire?
    -Allora se qui siete tutti cavalieri dediti alla difesa del Nord, lontani dalle influenze della Capitale, perché mi sembra di percepire tra voi così forti attriti?
    Curtis intanto ascoltava le parole della guardia, che rivelò informazioni basilari, ma importanti per i loro scopi. Non fece in tempo a rispondere che il Numerologo aveva già preso la parola; nell'ascoltarlo, fece un cenno di assenso con la testa, scegliendo di aspettare la risposta della guardia, così da non tempestarlo di domande.
    Il soldato lanciò un'occhiata abbastanza infastidita. Non sembrava parlarne volentieri. In realtà, non sembrava andare matto per le chiacchiere in generale.
    -Alcuni di noi hanno lasciato parecchi problemi alle spalle, su quell'isola. Altri se li son portati qui. Io vorrei solo vivere in pace i miei ultimi anni.
    Agli occhi di Curtis, risposta della guardia sembrò più rassegnata che scocciata. Così prese parola: «Vorremo tutti vivere in pace gli ultimi anni delle nostre vite, però è proprio in punto di morte che tutti ci chiederemo cos'abbiamo lasciato ai nostri figli, il futuro sarà più radioso del mio passato?» cercò di gesticolare in modo tranquillo, sfruttando le mani, per trasmettere l'emozione, «è per questo che siamo qui, devo fare ciò che posso per lasciare un posto migliore agli Endlossiani del futuro, anche lei in fin dei conti sta cercando di migliorare questo posto per quanto possibile, ci aiuti. Ci dica quello che sa su questo posto»
    -Ed immagino che lei li avesse sia alle spalle che qui dentro, o sbaglio?
    -Tsk... qualcosa del genere.

    Senza rendersene conto, il gruppo aveva raggiunto la propria camera. Il soldato non si era affatto sbottonato, e non fu chiaro se fosse semplicemente desideroso di star bene alla larga dai casini, o se nascondesse qualcosa.
    Sta di fatto che li liquidò con poche parole.
    -Dormirete qui. Avrete bisogno di sonno per viaggiare, non degli affari altrui.
    Così Curtis ed Augustus dovettero ritirarsi, logorati dalla sensazione di non aver cavato un ragno dal buco. Aprirono la porta e trovarono una camera abbastanza grossa, ma spartana, e con un solo, enorme, letto di legno massiccio a più piazze. Curiosamente, avrebbero dovuto dormire lì. In tre. In molti avrebbero pensato ad un brutto scherzo, ma -probabilmente- era un'accortezza per aiutare degli stranieri a gestire il freddo notturno del Koldran. Forse destabilizzati da quella nuova scoperta, da molti stranieri considerabile alquanto bizzarra, avrebbero notato solo dopo qualche secondo qualcosa che si muoveva sotto il letto.
    Si trattava solo di un'ombra, ma... di norma, le camere per gli ospiti son vuote, no?

    Giunto in camera, il primo a parlare fu Curtis, rivolgendosi al Numerologo: «La guardia non ha voluto rischiare, probabilmente non si fidava di noi. In fin dei conti potremo essere spie agli ordini di Najaza per quanto ne sappia.»
    Augustus, nel mentre, si era mentalmente riproposto un secondo tentativo di dialogo con il soldato. Ormai si erano esposti e riteneva un bene correre ai ripari.
    -Ovvio, dovremo cercare di utilizzare metodi più persuasivi la prossima volta.
    Rispose a Curtis, che intanto osservava il nuovo ambiente, dirigendosi alla scrivania. Fece per levarsi i guanti, ma notò la stranezza sotto al letto.
    «Chi è li sotto?» fece qualche passo indietro per allontanarsi, mentre guardava attento l'ombra.
    Anche Augustus si piegò sulle ginocchia, per meglio osservare l'ombra.

    Rannicchiata nell'oscurità, una figura umana se ne stava lì in posizione fetale. Tremava di freddo, segno che era nascosta in quel punto da un bel po'. Aveva i capelli corti, di un biondo cenere, e la schiena era abbastanza sottile da ricordare quella di una donna o un ragazzo molto giovane.
    Altro segno inequivocabile della sua lunga sosta sotto quel letto erano le tracce di sangue secco, sparse un po' ovunque per terra.
    All'invito ad uscire (o presentarsi) di Curtis non si era mosso, ma dava segni di vita con i lievi tremolii del corpo.
    Curtis si avvicinò quindi con cautela, sfilandosi la pelliccia.
    «Hey, non siamo qui per farti del male, se hai freddo te la cedo volentieri»
    Allungò la mano, lasciando la pelliccia a terra, proprio di fronte a letto. Si allontanò di un paio di passi e fece cenno ad Augustus di fare lo stesso.
    Il Numerologo mantenne le distanze ed attese che l'essere desse una risposta di qualche tipo. Non volveva creare un caso diplomatico.
    -Hai bisogno di cure? Ti posso aiutare?
    La creatura si mosse appena, si voltò. Aveva il viso imberbe di un ragazzino, ma era pallido quanto un cadavere. Mosse le labbra, pronunciando poche parole, appena udibili.
    -N-non siete loro...- biascicò -... aiutatemi.



    POV: tutti.

    Considerata la situazione, ormai consapevoli del clima teso che aleggiava in quella fortezza, Augustus e Curtis decisero di aiutare personalmente il malcapitato, senza chiamare nessuno. Notando la debolezza del ragazzino, gli diedero una mano nel sollevarlo da quella posa scomoda, adagiandolo sull'enorme letto, in realtà riservato a loro.

    A quel punto, avrebbero potuto osservarlo meglio: era sicuramente un nordico molto giovane, abbastanza alto e con lineamenti tanto delicati da risultare decisamente femminili. Indossava abiti semplici, ma di stoffe pesanti ed elaborate: logori in più punti, davano chiaramente l'idea di un qualche nobile decaduto.
    All'altezza della scapola destra un'enorme macchia rubiconda indicava chiaramente il punto da cui perdeva sangue: qualora avessero tentato di spogliarlo e ripulirla, così da non provocare infezioni, si sarebbero resi conto che non fosse tanto profonda da risultare mortale. Nonostante ciò, il giovanotto era in pessimo stato: il volto era scavato ed alla vista risultava pallido come un cencio. Come un cucciolo sporco e ferito, il terzo incomodo si lasciava girare e voltare senza opporre resistenza, in parte per l'evidente debolezza, in parte per lo stato emotivo.

    A dirla tutta, era troppo pallido per quella semplice ferita: più che debolezza fisica, avrebbe avuto più senso ragionare su un eventuale trauma appena subito. O un esaurimento nervoso. O qualcosa del genere. L'unico scatto che ebbe il suo corpo fu nel momento in cui la porta si aprì... lasciando entrare Elay.
    -Aiutatemi...- ripetè ancora, dopo aver capito che il nuovo arrivato non fosse parte della fortezza -Aiutatemi... portatemi via... vi supplico.
    Tossì appena, per poi cercare di mantenere un'espressione dignitosa. La verità era che gli tremavano le labbra, e sembrava sul punto di scoppiare in lacrime.
    -Vi prego, portatemi via dal Nord.

    Turno 6
    Alors, ho provato a fare un po' di collage con la sessione che abbiamo fatto by-chat nei pov rispettivamente di Elay e della coppia Augustus e Curtis. L'aggiunta che ho fatto è invece nel pov indirizzato a tutti.

    Come ho già fatto presente nel narrato, il ragazzo che "salvate" è molto giovane, ferito alle spalle (ma non mortalmente) e in stato di shock. Non fa che chiedervi aiuto da quando vi ha riconosciuti come estranei al castello, ed è in uno stato così pessimo da rendere difficile pensare ad una qualche recita. In aggiunta, deve essersi nascosto sotto il vostro letto prima ancora del vostro arrivo al castello, forse scegliendo una delle camere meno visitate per non esser scoperto.
    Unica nota positiva è che, nonostante il suo stato psicofisico, è estremamente mansueto. Reazione curiosa, considerando che siete perfetti estranei, e pure stranieri.

    Postare entro il: 30 Aprile, ore 23:59.
    In caso di ritardi o domande, sapete dove trovarmi.

  11. .

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    "Io vidi l’angelo nel marmo e scolpii fino a liberarlo".

    (Michelangelo)


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    Holy City - Mirach.

    L'aspetto monumentale di strade, giardini e palazzi sarebbe apparso quanto di più alieno un Endlossiano potesse concepire. Era una città palesemente antica, probabilmente la capitale di un impero molto potente, cosa che -effettivamente- era stata, almeno da quanto gli era stato rivelato da Dan. Come i più saggi sanno -però- ogni cosa è destinata ad un declino: dopo il suo apice di splendore, storicamente collocato ad almeno trecento anni prima, il mondo era andato avanti, così come la tecnologia, che aveva trovato il suo posto esattamente come i pochi semafori lungo il cammino o i binari dei tram, ben visibili fra le antiche pietre vulcaniche, disposte ordinatamente lungo la strada.

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    Dell'antica famiglia imperiale -che tale non si definiva propriamente, nonostante fosse un'autorità politica e religiosa in tutti i continenti- non era rimasto altro che il concreto ricordo dell'amore che avevano provato nei confronti dell'arte. Rimaneva anche il culto su di loro, ancora celebrato nei numerosissimi templi incrociati lungo il cammino, sempre aperti ai fedeli, e numerosi bastardi sparsi fra la nobiltà delle nazioni alleate; figli che -differentemente dai Galanodel di "sangue puro"- perdevano l'immortalità, rimanendo tuttavia assai longevi. Prodotto di accordi fra regnanti e poco altro, questi umani con sangue angelico avevano finito per trascorrere la propria infanzia nei numerosi collegi privati di Holy City, così da essere attentamente indottrinati ad un modus pensandi ben collaudato sul lungo termine ed in grado di tramutare vacillanti alleanze politiche in amicizie a dir poco "granitiche".

    Dalle parole e dalle espressioni di Dan, Gaspode aveva compreso facilmente quanto il Magister trovasse subdola tale pratica, ma ancora più astio era stato inavvertitamente mostrato nel momento in cui il giovanotto si era trovato a spiegargli che quella pratica era andata avanti anche dopo la distruzione del casato. Distruggere tradizioni antiche sarebbe stato troppo complicato, per non parlare del "sangue divino" di cui molte famiglie reali si facevano vanto; ciò che era nato come una prigionia, una gabbia mentale, era si era tramutato addirittura in un vanto, un'ulteriore cappio da utilizzare sui più deboli, per rafforzare il proprio comando.

    Quasi a conferma della tossicità di quell'ambiente, proprio in quel momento alcuni adolescenti di bell'aspetto ed in divisa scolastica tagliarono la strada di Gaspode, squadrando il cane sporco e puzzolente con lo stesso disgusto di un nobile viziato nei confronti dell'ultimo fra i plebei: se già i "cuccioli" riuscivano ad emanare una tale spocchia alla loro età, forse aver a che fare con i genitori sarebbe stato perfino peggio.
    In confronto a loro, Drusilia e Quarion sembravano dei santi.

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    Superato senza troppe difficoltà il primo quartiere, Gaspode riuscì finalmente a trovare una terrazza panoramica nei pressi di alcune aiuole ben tenute. Da lì riuscì finalmente ad intravedere per intero la vera e propria magione dei Galanodel.

    Era... gigantesca.
    Al termine di un meraviglioso ponte in pietra, unico accesso ad un'isoletta interna alla metropoli, un'enorme entrata dall'aspetto di due angeli in pietra accoglieva i visitatori -forse- col solo intento di ispirare devozione ed un fastidioso senso di inadeguatezza. La magione dei Galanodel consisteva in un complesso architettonico particolarmente compatto, ma elegante, che si slanciava in tutta la sua imponenza verso il cielo. Inutile soffermarsi troppo sulla scelta del tipo di architettura: era evidente quanto il potere di quella famiglia si fondasse innanzitutto sull'immagine e sul concetto di superiorità di una specie rispetto agli esseri umani. Un principio che -curiosamente- non aveva visto mai applicare a Drusilia o a Quarion.
    Quale fosse il motivo, sarebbe rimasto un mistero.

    Turno 2

    In realtà, anche questo è un turno introduttivo: ho preferito separarlo dal primo per non lanciare blocchi di testo infiniti tutti assieme.

    Come ti dissi prima, Dan ti ha fornito informazioni sulla "lore" del posto. Delle informazioni comprensibili, ma un sacco strane per chi si è trovato ad aver rapporti con Drusilia e Quarion, che con i Galanodel di quel mondo sembrano condividere davvero poco. Vero che ogni persona è un mondo a sé, ma di solito questo tipo di ambienti forgia individui almeno disturbati, o comunque con scale di valori decisamente fuori fase.

    La città, come accennato, è un mix fra antico e moderno: i palazzi e le opere d'arte in generale son rimaste intatte e ben curate. Si è però aggiunta della tecnologia, soprattutto per ciò che riguarda l'illuminazione pubblica, i trasporti, e forse qualche sistema di riciclaggio dell'acqua delle grosse fontane.
    Prosegui pure il tuo percorso fino a dove ti pare. Nel caso tu raggiunga il ponte (dopo almeno una ventina di minuti di cammino per la metropoli), fermati lì: il resto lo scriverò al prossimo turno. Se vuoi descrivere qualche scenetta con umani a caso che incontri, basta contattarmi, e posso descriverti azioni e reazioni dei vari cittadini/turisti.

    Per ulteriori chiarimenti, sai dove trovarmi.
    Buon divertimento!

  12. .
    Giocata: La Casa Stregata (quest)
    Conto Pg coinvolti: Ren, Tabi, i miei punti a Lowarn
    Eventuali gilde coinvolte: //
  13. .

    LA CASA STREGATA

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    "Gran parte del carattere di ogni uomo può essere letto nella sua casa".

    (John Ruskin).


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    Dimora di An Lushan, Città Alta.
    Presidio Errante, Endlos.

    Quando il piccolo Ren si fece avanti, il demonietto lo scrutò attentamente, rimanendo immobile anche quando gli fu offerto un cioccolatino. Non durò molto, comunque: esattamente come un cucciolo umano, allungò la manina, raccogliendo il piccolo tesoro che gli era stato offerto. Lo scartò con aria curiosa... poi lo mangiò in un sol boccone.

    «Questa non è cosa per noi» disse intanto il vecchio, cupo «dovremmo solo andarcene e avvisare chi può gestire un diavolo»
    Un silenzio imbarazzante ed imbarazzato calò su tutti i presenti. Il soldato lanciò un'occhiata di sbieco verso Virginia che, improvvisamente arrossita, iniziò a fissarsi la punta delle scarpe con un'insistenza sospetta. Visibilmente agitata, spostò il proprio peso su un piede e poi sull'altro, chiuse gli occhi e cercò di respirare lentamente, così da riprendere una lucidità che sentiva probabilmente vacillare. Alcuni di loro non erano infatti a conoscenza delle sue abilità di esorcista... e forse era meglio così. Non riusciva proprio a far del male a qualunque cosa le ricordasse un bambino.
    Però... forse c'era un modo migliore di risolvere la faccenda.

    -Questo tipo di creature non finiscono su piani come il nostro per propria volontà- osservò, dopo un profondo sospiro -Probabilmente è stato evocato da qualcuno a cui apparteneva la casa... e che si è dimenticato di annullare l'incantesimo, quando ha venduto la struttura al mercante.
    A guardarla in volto, sembrava quasi provare pietà per il demonietto, rimasto intrappolato chissà quanto in un mondo diverso dal suo.
    -Dissolviamo tutto e riportiamolo indietro. Probabilmente è quello che vorrebbe anche lui... vero, piccolino?

    Alle parole della suora, il demonietto era appena uscito fuori dal suo nascondiglio. Somigliava spaventosamente ad un bambino piccolo ed ispirava davvero molta tenerezza, se non si prestava troppa attenzione all'aura negativa da lui emanata. Probabilmente Virginia avrebbe dovuto neutralizzarlo, qualora in futuro fosse tornato più adulto e più spaventoso... ma se a stento riusciva a portar rancore per qualcosa, ancora più difficile le apparivano delle morti "preventive". Quel piccolo demone non aveva ancora fatto niente. Non avrebbe ucciso un innocente.
    -Cancelliamo il disegno, rompiamo le candele. Tornerà serenamente al suo luogo naturale.

    Fu così che, con calma e molta attenzione, diede istruzioni agli altri riguardo il rituale svolto e su come cancellarlo. Fortunatamente erano presenti in casa degli oggetti d'argento: con quelli riuscirono a rompere le candele e cancellare la traccia magica di alcuni segni impressi a terra.
    Quando tutto fu completato, il corpicino del demonietto iniziò a diventare traslucido, segno che -effettivamente- l'idea di Virginia stava funzionando. Per la prima volta lo videro sorridere; prima di andar via, però, allungò un braccio paffuto all'interno del suo nascondiglio, estraendo una pallina di carta. La consegnò a Ren, per poi salutarlo con la manina, quasi fossero diventati amici.
    All'interno era nascosto il suo piccolo tesoro, che aveva deciso di dare in eredità al Principino Re di Laputa: tre caramelle alla fragola, una al caramello, due fiorini laputensi ed un curioso ramoscello in legno, tutto decorato.


    Turno 11


    Quest conclusa, metto tutto in valutazione.
    Nel caso vogliate inviare un post di chiusura, potete farlo senza problemi!

  14. .

    Epilogo 1 - Confessioni di un padre.
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    Camera di Vladimir - Sede dei Cavalieri del Koldran.
    Presidio Settentrionale, Endlos.

    -Tu stesso, però, hai fatto qualcosa del genere.
    Come ogni potere, o arma, è uno strumento. Se tu puoi farlo e non essere uno schifo, non posso far altro che giudicare caso per caso.

    Echo centrò così il primo grosso punto di quella faccenda, mettendo in risalto ciò che risultava di fatto un controsenso. La reazione del vecchio -ben lungi dalla stizza o dalla sorpresa- fu tuttavia un pacato e malinconico sorriso, ed una semplice confessione.
    -Non è detto che io sia una brava persona, o che mi salvi da questo empio morbo.
    C'era un dolore impalpabile in quello sguardo, una sofferenza profonda, ben celata dal tempo e dall'esperienza.

    -Non posso accontentarti- continuò Echo, rispondendo alla richiesta di andarsene a casa e lasciar perdere il Nord ed i suoi problemi - Forse non ho combattuto col soprannaturale, Vladimir, ma ho combattuto con i miei simili. Avevo diciassette anni quando sono entrato nell'esercito. Troppo piccolo per capire che era un mostro più grande di quanto credessi. Mi ha divorato in pochissimo tempo. Io sono sopravvissuto, altri no. Ma io non c'ero andato perchè era divertente. Io volevo togliere di mezzo le stesse armi che ci uccidevano. Quindi ho imparato a costruirle. Adesso imparerò come funziona questo mondo, e poi...

    Nonostante Echo parlasse di mondi lontani, ben distanti da quella che era la realtà Endlossiana, Vladimir parve genuinamente interessato. C'erano molti modi per capire a fondo qualcuno e cogliere le aspirazioni di un uomo era certamente un'ottima via; parola dopo parola, Echo mostrava a Vladimir il proprio valore come uomo, più che come soldato. Forse non sarebbe stato in grado di rendersene conto, ma agli occhi del vecchio splendeva quanto l'aurora nelle gelide lande innevate.
    - Se vuoi aiutarmi, spiegami quali sono i veri pericoli. Non mi dissuaderai, in ogni caso. A meno che tu non voglia controllarmi la mente. Non è male, l'Est. Anche se certe persone sono... particolari.

    In realtà -fosse stato più giovane o più ingenuo- Vladimir avrebbe certamente tentato di dissuaderlo, puntando allo sfinimento. La vecchiaia -però- oltre a renderlo stanco, lo aveva reso in qualche modo saggio. Capiva bene che l'insistenza, in quel caso, sarebbe servita a poco.
    -Controllare la mente non è fra le mie abilità- ammise -Ma è nelle mie facoltà parlare o meno, mettendo a rischio me stesso e le persone che mi sono alleate.
    Il tono era neutrale e difficile da interpretare.
    -Se non accetti il mio consiglio, non posso che seguire la via dello scambio di favori- continuò -Vieni dall'Est, ed in quel Presidio vivono due giovani fratelli, fuggiti dal Nord molti anni fa: Ivan e Viktor Braginski. Dovrebbero essere abbastanza alti, con i capelli e la pelle chiara. Esiste una buona probabilità che si siano stabiliti nella regione di Chediya.
    Non aggiunse altro, ma le informazioni concesse risultarono molte di più rispetto a quelle esplicite.
    -Trovali e consegna loro un messaggio che ti darò alla tua partenza verso casa.
    Quando lo avrai fatto, saprò se di te mi potrò realmente fidare.


    Turno 4

    Hai finalmente un accordo vero e proprio, ed altri agganci.
    Scegli come gestire la situazione.

    Postare entro il: 23 Aprile, ore 23:59.
    In caso di ritardi o domande, sai dove trovarmi.

  15. .

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    "Quando l'animo di un uomo appare indecifrabile, guarda i suoi amici".

    (Proverbio Giapponese)


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    Shiju, Capitale del Nishikaigan.
    Presidio Occidentale, Endlos.

    -Esatto! Io sono Thory Mush e il cagnolino qui presente è il mio fedele aiutante Mr. Doge. E' un piacere fare la vostra conoscenza hehe.
    -SalveWoof.
    Nonostante i due ospiti facessero del loro meglio per risultare in qualche modo simpatici all'uomo da cui sarebbe dipeso il loro soggiorno più o meno confortevole ad Ovest, Nobunaga rimase in silenzio ad osservarli senza pronunciarsi più del necessario. In verità, aveva loro fatto una gentilezza, forse in virtù dell'alleanza con Laputa: ad Ovest non era educato salire sopra i tavoli, ed ancor più se lo si lasciava fare ad animali -in teoria- addestrati. Ovviamente quella gentilezza si sarebbe fermata lì, a quel primo giorno: lo avrebbe infatti al più presto informato delle usanze da applicare per non risultare sgradevoli o disadattati agli occhi degli estranei appartenenti al Presidio Occidentale. Dopotutto, quella faccenda non riguardava solo lui, ma tutti coloro che collaboravano al delicato equilibrio dell'alleanza.

    -Perchè non ho appiccato un incendio per piacere. Ho aiutato la persona sbagliata, mi sono ritrovato in quel posto, qualcuno ha deciso di provocarmi e minacciarmi, e l'ho fatto urlare pietà così che imparasse le buone maniere- Nobunaga rimase in placido ascolto anche durante le dichiarazioni di Michael, e non fu ben chiaro in quegli istanti cosa ne pensasse a riguardo -Credo semplicemente che suo figlio volesse proteggere Thory, ma visto che non ce n'è bisogno... E visto che sembra saper usare un'arma, e non solo, mi sono detto che potevo sfidarlo. E visto che voleva comunque prendermi e portarmi dentro, tanto valeva seguirlo. In fondo, non ho fatto niente di male.

    -L'impulsività può essere una pessima alleata, per un guerriero- rispose il vecchio, dopo un lieve sospiro -Distinguere quando è necessaria per sé stessi o per gli altri è altrettanto arduo, ma molto utile per evitare conseguenze distruttive. Fortunatamente ho addestrato Benimaru all'autocontrollo...
    Nel dirlo, si sollevò, avendo percepito dei rumori oltre la porta scorrevole che li separava dal giardino. Qualcuno aveva lasciato un vassoio in ferro e ceramica, con delle tazzine ricolme di un liquido caldo del colore del miele. Lo raccolse, portandolo al tavolino, offrendo una bevanda per ciascuno.
    -Non fosse stato così ben addestrato nel contenersi, avrebbe rischiato di mettere in pericolo degli innocenti. Non tutti sono guerrieri, qui. La maggior parte degli occidentali è fatta da povera gente, stanca di soffrire. Sopravvissuti con poche forze, sia fisiche che mentali, e molta meno pazienza di un tempo.
    Sollevò lo sguardo su Michael, senza risultare aggressivo o supponente.
    -Vi prego di riflettere su questo, nel caso vi ricapiti qualche brutto episodio con i locali.

    Terminato quello che non sembrava un rimprovero, piuttosto il consiglio di un vecchio, Nobunaga si concesse qualche attimo per sorseggiare con calma il proprio tè.
    -Per questa volta, non sarà necessario arrestarvi. Sentitevi libero di rimanere qui quanto volete: nel caso vogliate allenarvi con mio figlio, vi do il mio permesso. L'unica condizione è che non coinvolgiate altre persone in situazioni pericolose, compreso questo ragazzino- ovviamente si riferiva a Thory e -implicitamente- anche al suo cane -Non è pratico delle usanze di questa terra, ma ha un ruolo di ambasciatore e sarebbe bene che rimanga al sicuro, almeno fino all'assegnazione di compiti più specifici da parte dei suoi capi. Si tratta di una faccenda complicata.

    Turno 2

    Turno abbastanza semplice di dialogo. A voi decidere su cosa soffermarsi maggiormente in questa discussione.

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